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Amare è servire, non possedere

Il Miguel Mañara e l’eterna battaglia del cuore alla ricerca di un senso per cui valga la pena vivere anche quando ci si scopre persi “in una selva oscura”

FDF17 nembrini


È ancora possibile, in un mondo frenetico, dominato dagli schermi e dai mondi virtuali, amare veramente?
Franco Nembrini è convinto di sì.
A conclusione della Grande Festa della Famiglia domenica, in una piazza Cavalli gremita, ha parlato di cosa vuol dire amare, partendo dal suo libro che commenta il “Miguel Mañara”, opera teatrale del lituano Oscar Vadislas de Lubicz Milosz, edito da Centocanti.

“L’idea di questo incontro è nata circa tre anni fa - ha spiegato don Pietro Cesena, parroco di Borgotrebbia, introducendo il relatore -, quando con alcuni ragazzi siamo rimasti molto colpiti dalla lettura del «Miguel Mañara»”. I tanti impegni di Nembrini, volto noto di trasmissioni su Tv 2000 e protagonista di convegni in tutta Italia, non hanno reso possibile realizzare subito il desiderio.
L’invito del Forum delle Associazioni familiari per l’edizione 2017 della festa - organizzata con la diocesi, il Nuovo Giornale e l’associazione “Le querce di Mamre” e il patrocinio del Comune - ha ampliato l’orizzonte a un pubblico più vasto.

Il pensiero del suicidio

“Il mio unico scopo quando scrivo libri, è di condividere quello che mi succede e quello che ho visto - ha chiarito il professor Nembrini -: il segreto della vita è saper guardare; siamo chiamati a guardare in alto, ma nessuno solleva lo sguardo”.
La vicenda di Dante, raccontata nella Divina Commedia e particolarmente cara a Nembrini, parte da questa situazione di smarrimento dovuta alla chiusura dello sguardo. “La vicenda di Dante parte dalla lealtà di uomo che ammette di voler vedere, ma di non riuscirci a causa di un’oscurità. Tirando su la testa, Dante vede un punto di luce e capisce che lo scopo della vita è vedere ciò che c’è per quello che è veramente. Il problema non è cambiare le circostanze in cui Dio ci ha messo, ma vederle, conoscerle per quelle che sono e scoprire che quelle circostanze sono le migliori per noi”.

Anche Nembrini si è trovato in circostanze avverse: una profonda crisi di fede, la malattia del padre, la ricerca di un significato. L’incontro con don Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, l’ha salvato.
“Quando avevo 17 anni - ha raccontato - pensavo davvero di suicidarmi. Quando in una situazione così trovi qualcuno che ti salva, quello per te è Dio; il sentiero che ti salva è l’unico che esiste per te, vorresti che tutti lo seguissero. Con il tempo però si diventa grandi e proseguendo sul sentiero, quando si esce dalla selva oscura, ci si accorge dell’esistenza di altri carismi che stanno portando altre persone alla stessa meta. Rimango fedelissimo alla mia strada, ma sono grato per le altre”.

Si può amare?

Franco Nembrini si affeziona all’opera “Miguel Mañara” che lo accompagna sempre perché porta una domanda fondamentale: si può amare?
“L’autore mette a tema la vita dell’uomo come vocazione: qual è il destino a cui siamo chiamati? Il punto di partenza è ancora una selva oscura e un grido di bisogno; quest’uomo incontra una donna che gli appare come salvezza, ma questa donna muore. Ciò lo costringe ad un percorso che lo porta alle sorgenti della vita”.

La questione affettiva è indicativa di tutta la vita dell’uomo, per questo è al centro dell’opera. “Ognuno di noi ha tre dimensioni fondamentali da realizzare: abbiamo necessità di conoscere la verità, praticare il bene e costruire la bellezza. Queste necessità ci appartengono perché siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, sono infatti le tre virtù teologali: fede, speranza, carità. Da come si ama si capisce perché si vive; l’amore è il punto da cui scaturisce più clamorosamente il destino dell’uomo”.

L’autore del “Miguel Mañara” prende spunto dalla tradizione della letteratura amorosa e racconta la storia di una figura realmente esistita, interpretandola a modo suo. Miguel Mañara è vissuto a Siviglia nella seconda metà del ‘600, di buona famiglia; fino a una certa età si è goduto la vita, si è sposato, ha vissuto una crisi profondissima, si è fatto frate morendo in odore di santità.
“Nel primo quadro dell’opera - ha spiegato Nembrini - si trova il segreto di tutta la vicenda. Il protagonista si trova a una festa in compagnia di alcuni ragazzi che lo invogliano a raccontare i delitti che ha compiuto. Mañara ha la lealtà di ammettere che cosa sta cercando e perché si comporta così; fa la sua grande confessione dichiarando di essere alla ricerca della vera felicità”. Il protagonista sente che la noia lo uccide, che i crimini commessi non lo hanno avvicinato alla felicità tanto attesa.
Come si può colmare questo abisso?

“Dopo questa impressionante confessione - ha proseguito il relatore - appare un vecchio amico di famiglia, che è figura del modo in cui Dio ci salva. Questo personaggio accusa pesantemente Mañara, ma subito gli propone di conoscere una fanciulla, Girolama,: attraverso di lei potrà trovare la strada per la felicità. Mañara la incontra e avviene un dialogo clamoroso: i ruoli si rovesciano, la ragazza dimostra una grande personalità. La forza della verità si impone in modo clamoroso”.

Miguel e Girolama

Nel dialogo con Mañara, Girolama afferma di amare i fiori, ma che non le piace coglierli per ornarsene.
“Amare veramente – ha proseguito il professore – significa avere una stima dell’altro per cui non lo possiedi, ma lo servi. Quando trovi un fiore meraviglioso hai due possibilità: lo puoi strappare e portartelo a casa, ma quello sarà già un cadavere; oppure puoi lasciarlo con le radici nella terra e la pianta esposta al vento, amarlo senza pretendere di possederlo”.

Inoltre Girolama afferma di avere una vita piena grazie alla casa, alle lezioni quotidiane, al giardino e ai poveri. “Avere una casa - evidenzia Nembrini - significa sapere da dove si viene, a chi si appartiene; la lezione quotidiana è simbolo della verità, della conoscenza delle cose; i poveri rappresentano la carità, il bene esercitato; il giardino è simbolo della bellezza. Appaiono di nuovo fede, speranza e carità; non si può avere tempo per annoiarsi se ci si dedica a queste virtù. Nell’incontro con questa donna, la vita di Mañara cambia radicalmente”.

La potenza del perdono

Il grande tema del “Miguel Mañara” è la possibilità di essere perdonati: il protagonista ha paura di far sapere a Girolama tutto quello che ha compiuto.
“Nelle parole di Girolama - ha concluso il professor Nembrini - si trova il rilancio della concezione cristiana del matrimonio. Tutto, nella nostra storia, è grazia, le circostanze non sono contro di te, devi imparare a guardarle. Bisogna assumere una posizione che permetta di guardare la luce in fondo alla selva oscura; questa posizione si guadagna spendendo bene il proprio tempo. Si può stare dentro la vita sapendo che tutte le cose stanno dove devono stare e vanno dove devono andare per una Sapienza che non è la nostra. Allora è possibile amare e amare per tutta la vita sentendo l’amore come un continuo perdono”.

Matteo Pavesi

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