Il diritto del bambino
ad avere una mamma e un papà
Massimo Gandolfini: il bene del figlio viene prima del desiderio degli adulti di essere genitori
Uno tsunami antropologico è in corso. Non ha dubbi il professor Massimo Gandolfini, neurochirurgo e neuropsichiatra all’ospedale di Brescia, che sarà ospite alla “Grande Festa della Famiglia” domenica 14 settembre al Salone dei Cinquecento di Palazzo Gotico alle ore 10, insieme allo studioso e storico Francesco Agnoli.
“Lo tsunami antropologico: tracce di speranza” sarà il tema dell’intervento di Gandolfini, perché - ci spiega - “questo è un periodo di grave emergenza antropologica per la confusione del pensiero e delle basi costitutive. Stiamo assistendo ad una invasione di campo su temi che davamo per scontati e indiscutibili, quali la famiglia costituita da maschio e femmina”.
Uomini e donne: differenti, non diversi
— Maschi e femmine: che differenza c’è?
Dal punto di vista biologico si deve parlare di identità sessuata maschile e femminile con caratteristiche biologiche precise e sicure, oggettivamente descrivibili e rappresentabili. La pienezza si ha dalla composizione di queste due complementarietà e si realizza nella procreazione e nell’affettività. I due sessi si caratterizzano, si differenziano e si completano anche nel cervello, nello psichismo, nella costruzione psicologica e nelle caratteristiche della personalità. Preferisco il termine “differenza” piuttosto che “diversità”.
Il termine “diverso” indica cose con caratteristiche opposte per le quali non è possibile una confusione. Il termine “differenza” invece deriva da differire, che ha nella radice il verbo latino “fero”, ossia “portare a”. Significa che il maschio porta caratteristiche proprie alla femmina e la femmina porta caratteristiche proprie al maschio, per raggiungere in questa fusione una pienezza totale che è rappresentata dall’umanità.
— Il cervello è maschio o femmina?
Negli ultimi vent’anni abbiamo acquisito il principio che la sessuazione dimorfica (maschio-femmina) riguarda il nostro organismo nella sua totalità, cervello compreso.
Il cervello maschile è caratterizzato da una rigida “lateralizzazione”: le aree del linguaggio sono, ad esempio, rigidamente localizzate nell’emisfero sinistro; al contrario, nella femmina vi sono rappresentazioni anche nell’emisfero destro. Le connessioni interemisferiche - cioè i collegamenti fra i due emisferi- sono più sviluppate e numerose nel cervello femminile.
Grazie a complesse indagini che studiano il funzionamento del cervello (soprattutto le tecniche del neuroimaging, quale la risonanza magnetica funzionale e la PET), abbiamo compreso quali sono le basi anatomofunzionali per spiegare il dato che la psicologia comportamentista fin dagli anni ’50 ci proponeva, e cioè che l’elaborazione del “pensiero” maschile (detto “pensiero lineare”) ha caratteristiche diverse rispetto al pensiero femminile (“pensiero circolare”). È proprio la maggiore ricchezza di connessioni fra i due emisferi che rende il pensiero femminile “multitasking, capace, cioè, di aprire e gestire contemporaneamente più file, rispetto al maschile, in grado invece di gestire un solo file alla volta.
La sessuazione cerebrale è iscritta tanto profondamente nel nostro corpo che non è modificabile con la terapia ormonale che viene utilizzata in ambito di terapia per riassegnazione sessuale (ad esempio, nei casi di “disforia di genere”): tutto il corpo è rimodellabile, ma non il cervello.
— E dal punto di vista della psicologia?
La psicologia dell’età evolutiva (da 0-3 anni) da sempre insegna che due sono i meccanismi attraverso cui si struttura l’identità di sé: identificazione e differenziazione.
Il bambino, maschio, avendo un rapporto corporeo-intersoggettivo con il suo papà identifica, riconosce il proprio sé corporeo, quindi anche il proprio sé sessuale, attraverso quello del padre. Contemporaneamente struttura la sua identità attraverso il meccanismo di differenziazione con la mamma. Riconoscendosi e imparandosi uguale al padre e diverso rispetto alla madre, il bambino struttura la propria identità che è la prima pietra nella costruzione della personalità. È inaccettabile dal punto di vista scientifico affermare che sia uguale avere genitori maschio e femmina, e avere due genitori maschi o due genitori femmine.
La mia esperienza di papà adottivo
— E nella sua esperienza personale di padre?
Ho adottato dei figli, che non sono frutto della carne mia e di mia moglie, a maggior ragione ho anche una esperienza personale per dire che l’adozione omogenitoriale è un assurdo antropologico. Questi bambini portano già dentro di sé una ferita molto importante che è quella di essere stati deprivati dei momenti fondamentali della loro crescita. Partono già con una ferita, con uno svantaggio dal punto di vista esistenziale e quindi dobbiamo creare loro, come dice la legislazione nazionale e internazionale, tutti i vantaggi possibili e immaginabili per garantire il massimo possibile di recupero. Da sempre, da quando esistono psicologia e psicoanalisi, il massimo possibile è rappresentato da una famiglia con padre e madre, con rapporto solido e capace di sostegno. La nostra legge dice che non si deve tenere presente il desiderio dei genitori di avere un figlio, ma il diritto del figlio ad una famiglia. Tutto deve essere fatto nella prospettiva del maggior bene possibile del bambino. L’interesse unico da tutelare è quello del figlio e non quello dei genitori. Questo dal punto di vista giuridico e antropologico va detto con molta chiarezza.
Nella mia esperienza ho visto proprio quanto sia fondamentale il ruolo paterno e materno perché il bambino possa metabolizzare lo svantaggio e la ferita dell’abbandono. Ho vissuto con quattro figli di nazionalità italiana e tre di nazionalità latino-americana che ha costituito un problema grosso nella costruzione della loro personalità. Questi problemi non si vedono a 3-4 anni, ma a 14,15, 16 anni. Per cui mettere le pietre buone all’inizio è fondamentale per affrontare poi momenti di crisi che hanno già i figli naturali e che nei figli adottati si moltiplicano anche per 3, 4, 10 volte!
Dove nasce la speranza
— In questo tsunami, ci sono tracce di speranza?
Innanzitutto questo panorama non è tutto tenebra, ma ci sono delle bellissime tracce di luce. Una grande speranza che nutro e che la storia ci insegna è che l’uomo anche quando cade negli abissi non riesce mai fino in fondo a cancellare l’umanità che c’è in lui.
Siamo caduti nei baratri più orrendi del nazismo, del razzismo più spietato, ma ne siamo venuti fuori, perché questa immagine buona dell’uomo, l’uomo stesso non è in grado di cancellarla. L’intima identità più profonda dell’uomo, il sé profondo, non è modificabile dall’uomo stesso; l’uomo può tacitarlo ma ritorna fuori.
Mi è sempre piaciuta moltissimo quella frase della beata Madre Teresa di Calcutta: “ognuno di noi è soltanto una piccola goccia d’acqua, ma l’oceano è formato da più gocce d’acqua”.
Quindi ognuno di noi deve giocarsi il suo ruolo per la costruzione di una società che sia saggia e sapiente, poi speriamo anche giusta e libera.
Elisabetta Pittino
Articolo pubblicato sull'edizione di mercoledì 10 settembre 2014