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Notizie Varie

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Giotto-non Giotto ad Assisi: intervento di Bruno Zanardi a Palazzo Galli

Crosta Zanardi

 «E’ complicato attribuire ad un’unica “mano” le Storie di san Francesco affrescate verso la fine del Duecento nella Basilica Superiore di Assisi». Questa la conclusione a cui è giunto il prof. Bruno Zanardi sul dibattuto tema “Giotto-non Giotto ad Assisi”, nel corso della conferenza tenuta a Palazzo Galli (Sala Panini) nell’ambito della Primavera culturale organizzata dalla Banca di Piacenza. Il relatore è stato presentato dal direttore generale dell’Istituto di credito di via Mazzini Mario Crosta, che ha ricordato il legame con Piacenza del docente dell’Università di Urbino (34 anni fa curò il restauro degli affreschi della Cupola di Santa Maria di Campagna realizzati da Antonio de’ Sacchis, tornati all’attenzione del grande pubblico grazie alla Salita al Pordenone; restauro per il quale al Comune di Piacenza è stato assegnato il Premio Gazzola 2018).

Se le Storie di san Francesco siano state affrescate dal fiorentino Giotto oppure da un pittore romano di cui non si conosce il nome, è una questione a tutt’oggi irrisolta, anche se aperta da secoli (il primo a mettere in dubbio l’attribuzione fu, nel 1450, Lorenzo Ghiberti, smentito nel 1578 dal Vasari; a fine Settecento padre Della Valle sostenne che il ciclo francescano non era stato eseguito dal grande pittore fiorentino, contrastato dall’abate Lanzi, il quale dichiarò che gli affreschi erano di Giotto. «La querelle è di essenziale importanza per la storia dell’arte - ha spiegato il prof. Zanardi - visto che in quegli affreschi si compie il superamento in senso naturalistico della “maniera greca”, cioè bizantina, da cui nasce la nuova lingua figurativa, appunto naturalistica, dell’Occidente».

Sul “Giotto-non Giotto” la critica si è nel tempo schierata su due sponde opposte. Chi - soprattutto nell’area internazionale - colloca le Storie di san Francesco in un ambito di cultura romana (da Richard Offner a Federico Zeri); chi invece (soprattutto l’area critica italiana) ritiene gli affreschi del grande fiorentino (da Adolfo Venturi a Roberto Longhi).

Non ci sono dubbi - ha evidenziato il relatore - sul fatto che Giotto si sia occupato della parte inferiore della Basilica di Assisi (dove ha dipinto Vele, Transetto destro, Cappella di San Nicola, e Cappella della Maddalena), mentre è sicuramente più complicato attribuirgli anche le decorazioni della Basilica superiore. Bruno Zanardi è entrato nella questione con un nuovo sistema di indagine, derivato dalla profonda conoscenza dei dipinti da lui stesso restaurati, che prende in considerazione i modi di costruzione materiale di un’opera d’arte. Lo studio (contenuto in due volumi scritti da Zanardi) ha preso in esame l’organizzazione del lavoro nell’intero cantiere. «Le scene del ciclo francescano sono 28 - ha illustrato l’oratore proiettando una serie di immagini -, 13 nella parete di destra, 13 in quelle di sinistra e 2 in controfacciata. Per realizzare un ciclo così vasto il lavoro veniva organizzato in giornate e i pittori coinvolti erano tanti. Si curava l’uniformità dei colori e si usavano sagome, dette patroni, per garantire ugual proporzione alle figure. Se però si osserva la parte destra e la parte sinistra del ciclo, si vede chiaramente che la mano non è la stessa».

Risulta quindi difficile attribuire ad un solo artista questo capolavoro. «E’ evidente - ha concluso il prof. Zanardi - che se Giotto non avesse dipinto il ciclo francescano, questo nulla toglierebbe alla grandezza del pittore».

Pubblicato il 20 marzo 2019

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Piacenza e le sue vallate, itinerario enogastronomico da scoprire tra le pagine della rivista “Melaverde”

Mela Verde

 Si intitola “Il Piacentino, terra del gusto”, l’ampio servizio dedicato a città e provincia nel numero di marzo della rivista “Melaverde”, periodico legato all’omonima trasmissione televisiva in onda su Canale 5.
Segnalato come itinerario enogastromico, il percorso parte dai monumenti del centro storico di Piacenza, definita “ghiotta e accogliente”, per poi fare tappa tra i paesaggi rivieraschi della Bassa – mettendo in luce prodotti della terra come la cipolla gialla di Caorso e l’aglio bianco di Monticelli, ma anche le ciliegie di Villanova – sino a raggiungere i borghi inerpicati in collina: da Bobbio a Castell’Arquato e Vigoleno, quest’ultimo segnalato come “da non perdere”. Focus su salumi Dop, formaggi e anolini (di cui si può consultare la ricetta, accanto a quella della spongata), ma non mancano le citazioni per il pesce di fiume, i formaggi, gli asparagi e i vini, dal Gutturnio al Monterosso.
Un vero e proprio invito ad assaporare il territorio, che il sindaco e presidente della Provincia Patrizia Barbieri definisce “una preziosa vetrina sulle eccellenze culinarie della nostra tradizione, nonché sulle suggestioni tra storia, cultura e natura che Piacenza e le sue vallate possono offrire ai visitatori. Il nostro territorio si deve sempre più caratterizzare come una destinazione turistica, puntando sulle sue straordinarie eccellenze. Gli ultimi dati sui flussi turistici sono alquanto lusinghieri, con un deciso aumento delle presenze rispetto agli anni precedenti, anche grazie alla collaborazione instaurata all’interno di Destinazione Turistica Emilia. Abbiamo nei prossimi mesi in programma diversi importanti appuntamenti che, partendo dalla leva  dell’enogastronomia – come il Gola Gola Festival di giugno o la presentazione della Guida Michelin – possono fungere da traino per un ulteriore passo in avanti in ottica di promozione territoriale”.

Pubblicato il 20 marzo 2019

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Appuntamento con la storia a Rivergaro: la battaglia del Trebbia

elefante

Appuntamento con la storia venerdì 29 marzo alle 20:30 quando al PalaRebecchi di Rivergaro andrà in scena l’evento «Il Mistero dei Luoghi» organizzato dalla Volley Academy Piacenza, River Volley 2001 e Consorzio MioVolley con il patrocinio del Comune di Rivergaro, il supporto di Pro Loco Rivergaro, Rotary Club Valli Nure e Trebbia ed il contributo di Natura Amica.
Un’occasione per ripercorrere le fila della grande battaglia della seconda guerra punica che vide contrapposte le forze romane e cartaginesi sulle rive del fiume Trebbia insieme a due ospiti d’eccezione.
I relatori dell’evento saranno infatti i professori Luigi Dall’Aglio (professore associato di Topografia antica presso l’Università di Bologna, membro della Commissione per il paesaggio istituita dalla Regione Emilia-Romagna) e Giuseppe Marchetti (laureato in scienze Geologiche, per oltre 35 anni è stato docente di Geomorfologia e di Geologia Ambientale presso la Facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Pavia. É autore o coautore di oltre 135 pubblicazioni di ricerca pura e di ricerca applicata).
«Eventi come questi sono alla base del nostro progetto – spiega Corrado Marchetti, vice presidente River Volley 2001 e cuore pulsante del progetto Volley Academy Piacenza – Il nostro claim è chiaro: “vinci, cresci, divertiti”. Per divertirsi e vincere c’è il nostro staff tecnico, crescere è necessario anche dal punto di vista culturale, artistico e storico: l’incontro di venerdì 29 marzo va in questa direzione anche perché la Battaglia della Trebbia si è svolta in luoghi molto vicini a dove le nostre squadre si allenano quotidianamente. Credo poi – conclude Corrado Marchetti – che avremo modo di analizzare anche la cultura della sconfitta: Scipione perse la battaglia ma vinse in seguito la guerra con Cartagine proprio analizzando e ragionando sui motivi di questa sconfitta».
L’evento è ad ingresso libero.

Pubblicato il 20 marzo 2019

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Ludopatia, stop della Regione all’uso di macchinette “ticket redemption” per gli under 18

 Si trovano perlopiù all’interno di sale giochi, centri commerciali e nei parchi divertimento. Sono le “ticket redemption”, macchinette da gioco che, alla fine di ogni partita, restituiscono ticket (tagliandi) da convertire in premi: braccialettini, portachiavi, cuffiette, gadget di vario tipo. Fino a orologi da polso, Mp3, Ipad. In Emilia-Romagna c’è una legge regionale (“Norme per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico”) che ne vieta l’utilizzo ai minori: la Commissione assembleare ha dato il via libera alla delibera di Giunta in cui sono contenute le modalità attuative del divieto, e che prevede una serie di obblighi ben precisi per i gestori dei locali.

 Divieto di utilizzo: le novità introdotte

Il testo licenziato dalla Commissione assembleare (che dovrà ora tornare in Giunta per l’approvazione definitiva) introduce, per i gestori, l’obbligo di affiggere nei locali l’apposita locandina regionale in cui viene menzionato il divieto di utilizzo delle “ticket redemption” da parte dei minorenni. Non solo: c’è anche l’obbligo di affiggere in modo visibile su ogni apparecchio oggetto del divieto un avviso in cui deve essere chiaramente indicato che l’utilizzo è vietato ai minori di 18 anni. I gestori, inoltre, devono accertare l’età del cliente, tranne nei casi in cui la sua maggiore età sia evidente. Se minorenne, non devono vendergli i gettoni, né consegnargli il premio derivante da una vincita. Nel caso di violazione degli obblighi da parte dei gestori, è prevista l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie.

“Ticket redemption”, come funzionano

ludopatia

I giocatori - nella stragrande maggioranza bambini e ragazzi - inseriscono il denaro nella macchinetta, giocano e, a prescindere dal risultato, ottengono comunque un ticket con un punteggio. I ticket possono essere accumulati e usati per “acquistare” premi presenti all’interno della sala giochi. Naturalmente, per ottenere un “premio” come un Mp3 è necessario accumulare molti punti, e dunque giocare (inserendo soldi nella macchinetta) molto, anche per ore intere. Con il rischio di sviluppare una vera e propria dipendenza: quella da gioco, appunto. A differenza delle slot machine, che sono vietate per legge nazionale ai minori di 18 anni, le ticket redemption sono invece accessibili perché la vincita non è in denaro ma in ticket.

Giovanissimi e gioco d’azzardo: la situazione in Emilia-Romagna

Tra le dipendenze patologiche che interessano gli adolescenti emiliano-romagnoli, c’è anche il gioco d’azzardo: il 20% delle ragazze e il 46% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni giocano d’azzardo in modo occasionale, ma quasi il 5% dei maschi (contro lo 0,9% delle femmine) è a rischio di ludopatia, come emerge dall’ultima “mappatura” degli adolescenti svolta dalla Regione a fine 2016.

Dipendenza da gioco, le persone in cura

Le persone che nel 2017 si sono rivolte ai servizi delle Aziende Usl dell’Emilia-Romagna per dipendenza da gioco d’azzardo e prese in carico sono state 1.521. L’utenza è in prevalenza di sesso maschile e la fascia di età più rappresentata è quella tra i 41 e i 50 anni.

I commenti degli assessori Venturi e Corsini

“La prevenzione – hanno spiegato gli assessori Sergio Venturi e Andrea Corsini - inizia dai più giovani: con queste disposizioni rafforziamo ulteriormente il nostro impegno per contrastare e ridurre il rischio della dipendenza da gioco d’azzardo a partire dalle fasce più esposte, più fragili. E, poiché si tratta di minori, il nostro forte auspicio è che anche i genitori facciano la loro parte e siano nostri alleati. Siamo di fronte a un fenomeno che interessa in modo trasversale tutte le età, e che continuiamo a combattere: sia dal punto di vista sanitario, con investimenti di oltre 7, 4 milioni di euro per la cura e la prevenzione delle dipendenze assegnati dal Fondo per il gioco d’azzardo patologico 2018-2019, sia con incentivi agli esercizi commerciali che aderiscono al marchio ‘Slot free ER’. E proprio su questo fronte nel 2018 abbiamo raddoppiato i contributi, che sono passati a 300mila euro, consentendo di approvare 30 progetti da Piacenza a Rimini”.

Pubblicato il  20 marzo 2019

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Banche e tecnologie: a Palazzo Galli l'evoluzione del CSE

 Coppelli Lombardi

«Quello con il Cse - ha sottolineato il condirettore generale dell’Istituto di credito di via Mazzini Pietro Coppelli presentando il relatore - è un rapporto che dura da oltre vent’anni. Siamo tra i soci del Consorzio che fanno parte del Consiglio di amministrazione e crediamo in questa struttura, tanto che lo scorso anno abbiamo aumentato la nostra quota di partecipazione. Il Cse ci dà la possibilità di migliorare dal punto di vista dello sviluppo tecnologico e organizzativo, contenendo i costi».
Il Cse - di cui la Banca di Piacenza è socia - è il Consorzio di servizi bancari nato nel 1970 come centro meccanografico, prima struttura di servizi informatici per banche. Oggi il Cse offre anche servizi di consulenza organizzativa, funzionale e normativa, aiutando le banche a stare al passo con i tempi - velocissimi - della rivoluzione tecnologica, consentendo agli istituti di credito di concentrarsi sul loro core business. L’attività del Consorzio servizi bancari è stata illustrata dal suo amministratore delegato Vittorio Lombardi nel corso dell’incontro - tema, “La rivoluzione tecnologica e le banche” - che si è tenuto a Palazzo Galli (Sala Panini, con Sala Verdi videocollegata) per iniziativa della Banca di Piacenza.
Il dott. Lombardi ha raccontato che cosa fa il Cse partendo dalle origini. Nato nel 1970 come centro servizi elettrocontabili delle banche popolari, fino al 1990 ha lavorato al servizio degli istituti fondatori. Nel ’90 la società si rilancia e dal 2000 scorpora alcune funzioni con lo spin off di Cse consulting e di Cse servizi (nel 2005); nel 2009 l’acquisto di Caricese (che oggi gestisce il servizio post vendita della banche) e nel 2018 l’acquisto di OneWelf, il secondo gestore in Italia di Fondi Pensione. «Investiamo molto - ha sottolineato l’amministratore delegato di Cse - allo scopo di allargare sempre di più la base dei nostri clienti, per ridurre i costi e migliorare l’efficienza dei servizi». Il Consorzio ha oltre 160 clienti, sedi a Bologna, Roma e Milano, 555 dipendenti e volumi operativi di tutto rispetto: il Cse gestisce oltre 8 milioni e mezzo di anagrafiche attive, quasi 5 milioni di conti correnti, 900mila dossier titoli, più di 3 milioni di profili di e-banking. Durante l’incontro è stato proiettato un filmato della nuova sede Cse di San Lazzaro di Savena inaugurata nel settembre scorso, che ospita gli uffici di Caricese, allestiti con una nuova filosofia: non ci sono scrivanie dedicate, i dipendenti si siedono dove trovano posto.
«La tecnologia - ha osservato il dott. Lombardi - acquista sempre più un ruolo centrale nel mondo bancario. Le filiali avranno format diversi, saranno più leggere e automatizzate, più focalizzate su consulenza e servizi e meno sulle transazioni. Il futuro - ha concluso - è nei dati, utilizzati per studiare le esigenze dei clienti e definire offerte e servizi su misura».

Pubblicato il 20 marzo 2019

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