Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

«Il campo di prigionia nel castello di Rezzanello: per gli ufficiali inglesi quasi un resort»

vetrucci

“Quando guarderemo indietro ai giorni di Rezzanello, ricorderò sempre le nostre partite notturne a Bridge che abbiamo fatto per più di 5 mesi. Ci siamo accusati di non fidarci l’uno dell’altro! Sandy, aprile 1942”. Questo uno dei messaggi contenuti nel manoscritto appartenuto al generale Vaughan, primo Senior British Officer del Campo di prigionia di Rezzanello, riprodotto come allegato al volume di David Vannucci (“Memorie di prigionia dal Campo p.g. 17 di Rezzanello”, Edizioni Tip.Le.Co) realizzato con il contributo della Banca di Piacenza e presentato al PalabancaEventi di via Mazzini, Sala Panini, dall’Autore, introdotto dal condirettore generale dell’Istituto di credito Pietro Coppelli. Un appuntamento (il terzo) dell’Autunno culturale organizzato come da tradizione dalla Banca.

Il 25 aprile del 1941 all’interno del castello di Rezzanello venne costituito il Campo di prigionia n. 17 riservato a quasi 150 uomini provenienti dall’impero britannico, con 60 militari italiani incaricati della custodia dei prigionieri. «Quell’esperienza - ha spiegato il ten. col. Vannucci - si concluse nel settembre del ’43 quando, con l’arrivo delle truppe tedesche di occupazione a seguito dell’armistizio con gli alleati, al castello si trovarono poche suore (l’edificio apparteneva alle Orsoline) e una sessantina di prigionieri greci ammalati e disorientati dal caos di quei giorni». Fino ad allora ben tre contingenti di ufficiali britannici e sudafricani avevano conosciuto la prigionia del Campo di Rezzanello, in un clima di sostanziale rispetto da parte dei militari italiani e di stretti rapporti di amicizia e cameratismo nati fra le quattro mura del castello. Un Campo ideale, veniva definito nelle ispezioni della Croce Rossa svizzera e vissuto dagli ufficiali più come un resort che una prigionione, dove oltre che a Bridge si giocava a pallavolo, si ascoltava musica, si organizzavano rappresentazioni teatrali e dove si realizzava anche la rivista illustrata “Rezzanello Revue”.

«Due anni e mezzo intensi - ha specificato l’Autore mostrando anche un video - che modificarono profondamente la vita presente e futura di tutti i prigionieri, ma che costituirono un importante cambiamento anche per la monotona vita della comunità rurale di Rezzanello, una delle più povere della zona. L’intera vallata, infatti, venne quasi per magia fragorosamente animata dal campo di prigionia, che fece percepire la propria presenza con i rumori provocati dalle operazioni che si svolgevano nel castello-prigione; la domenica, poi, i prigionieri cattolici partecipavano alla messa nella chiesa del paese e durante la settimana a piccoli gruppi, scortati dai soldati, facevano passeggiate lungo le strade limitrofe al castello».

Alla ricerca di quante più testimonianze possibile di quell’esperienza, il ten. col, Vannucci si è imbattuto nel già citato manoscritto, oggi di proprietà di Andrea Naturani di Carpaneto (presente in sala). «E’ grazie alla sua disponibilità - ha sottolineato il relatore - e alla sua sensibilità verso la condivisione culturale, valore assai prezioso e altrettanto raro, che è stato possibile riprodurre il prezioso documento, tradotto da Antonella Torre. Il ten. col. Vannucci ha poi ringraziato anche la moglie Alina Ferrari, autrice della copertina, Silvia Giuppi di Tip.Le.Co, che ha curato la grafica del volume e la Banca di Piacenza: «Grazie al suo prezioso contributo - ha detto l’Autore - è stata resa possibile sia la pubblicazione del libretto del gen. Vaughan, sia la mia ricerca. Un ringraziamento particolare va al presidente esecutivo Corrado Sforza Fogliani, grande cultore di storia piacentina (autore, come presidente dell’Istituto per la storia del Risorgimento-Comitato di Piacenza, dell’Introduzione a quello che ha definito “un prezioso libro/documento su un luogo che giunse a contare e a contenere più di 200 militari e che costituisce una pietra miliare della storia piacentina dell’ultimo conflitto”, ndr)».

In ricordo della serata, il dott. Coppelli ha consegnato al ten. Col. Vannucci la Medaglia della Banca. Agli intervenuti è stata fatta consegna di una copia del volume.

Nella foto, un momento della presentazione del libro di Vannucci.

Pubblicato l'11 ottobre 2022

Ascolta l'audio

Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

    Ascolta l'audio

    Conteggio articoli:
    5

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente