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Bobbio, in mostra al museo della Concattedrale oggetti donati da mons. Marini

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E’ stato un incontro speciale quello dell’11 agosto organizzato nel salone dei vescovi dal Museo diocesano di Bobbio. Il folto pubblico è stato subito conquistato dall’atmosfera del luogo, valorizzata dalla presenza di mons. Piero Marini, già Maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie e Presidente emerito del Pontificio comitato per i congressi eucaristici, in veste sia di relatore che di munifico donatore al Museo di suoi anelli e croci pettorali ricevuti da comunità cattoliche di varie parti del mondo visitate con diversi Papi. Oggetti simbolici, di valore, che hanno consentito l’inaugurazione di una nuova sezione del Museo: “Segni del servizio episcopale”.
La rievocazione “Perché la memoria non venga meno …” della vita e delle opere di due sacerdoti diversamente intersecatesi con la  storica diocesi di Bobbio e la puntualizzazione sull’essenza della liturgia, hanno completato il convegno.
Benché piccola e di montagna, la diocesi di Bobbio ha saputo forgiare grandi personalità.

Il ricordo di mons. Elia Volpi

Le parole di mons. Marini sulla figura di mons. Elia Volpi, con lui seminarista a Bobbio (allora della sua storia non si parlava affatto), hanno fatto sì che fosse il “senso dell’Amicizia” il vero protagonista della celebrazione. Toccando il cuore dei presenti.
Come non appassionarsi immediatamente a un tal personaggio anche se così poco conosciuto in loco? Innata signorilità nel comportamento,  perenne orientamento alle cose spirituali così da suscitare scherzi dai compagni, capacità di saper scorgere con semplicità la presenza di Dio negli avvenimenti della vita tanto da appendere alla porta del suo studio in Brasile (dal 1978), ove fu padre spirituale del seminario.  Grazie a don Elia, che trasformò in un centro di spiritualità la piccola parrocchia di Casalporino (Bedonia), di cui fu parroco per 10 anni, il giovane Marini conobbe Annibale Bugnini, padre lazzarista da Roma, animatore della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II e da Paolo VI e incaricato di formare un nuovo Organismo. Il suo entusiasmo impressionò grandemente Marini. Inevitabile fu il contagio. Che lo portò a 23 anni ad essere assunto in Vaticano dove ha continuato per i successivi 56 a prestarvi servizio effettivo. Oltre all’amore per la Liturgia il futuro arcivescovo condivise con don Elia quello per il canto gregoriano, che li vide allievi, per specializzarvisi, per tre anni all’isola di San Giorgio nella laguna di Venezia.
Anche i libri di don Primo Mazzolari, suggeriti da don Elia, suo parente, furono parte della formazione di Marini. Mons. Elia è stato chiamato al cielo lo scorso anno, portato via da Covid a 86 anni, in Brasile. A mons. Marini ha lasciato il ricordo della sentita amicizia, durata tutta la vita anche con un Oceano di mezzo, raccontata dall’arcivescovo con la seguente parabola: “Amore chiese a Amicizia: ma tu che ci stai a fare, se già ci sono io? Per portare un sorriso dove tu hai lasciato una lacrima”. E don Elia ha veramente fatto dono a mons. Marini del sorriso della sua amicizia.

Il ricordo di mons. Piero Coletto

L’altro personaggio ricordato, invece molto conosciuto e amato a Bobbio, è Mons. Piero Coletto, deceduto lo scorso aprile, a 91 anni. Ne ha tratteggiato la figura mons. Aldo Maggi.
Don Coletto arrivò a Bobbio nel ’53, appena ordinato sacerdote, per diventare segretario dello zio Vescovo Pietro Zuccarino.
Con lo zio visitò tutte le comunità della Diocesi, anche le più piccole e disagiate, a dorso di mulo o a piedi. Con lo zio partecipò al Concilio Vaticano II, facendo segnare per Bobbio e l’Europa una svolta fondamentale. Era il 16 maggio 1969 quando, con enorme soddisfazione, Coletto registrò l’arrivo in diocesi dalla Santa Sede del Nuovo Calendario Romano post Concilio. Vi compariva, per la prima volta, San Colombano. Risultato straordinario, frutto di un intelligente e tenace lavoro controcorrente rispetto alla volontà conciliare di concentrarsi sulla figura di Cristo sfoltendo quindi molti santi privi di solide credenziali storiche più che aggiungerne di nuovi. Ne conseguì anche che brani di scritti di Colombano entrassero nella liturgia delle ore come seconda lettura del tempo ordinario. Il 23 novembre, giorno della sua dipartita, sue parole possono dunque essere lette ovunque e in ogni lingua del mondo cattolico. Al risultato raggiunto fu preziosissimo l’apporto di alcuni sacerdoti, annotò Coletto, tra cui anche don Piero Marini, già collaboratore nel nuovo organismo per il rinnovamento liturgico, e don Elia Volpi.
Don Coletto iniziò a visitare con lo zio tutte le comunità europee sul cammino di Colombano e stringere con loro amicizia. La divulgazione della memoria del Santo è sempre stata al centro dei suoi pensieri e della sua opera. L’innata inclinazione alla comunicazione l’ha portato a impegnarsi col settimanale La Trebbia per cui si è speso fino ai suoi ultimi giorni. Ha prodotto libri densi di storia, spiritualità e cultura, relativi alla Città di Bobbio, alla Cattedrale, alla Basilica di San Colombano, l’opera a fascicoli “Columba”, che raccoglie tutti i luoghi della memoria di Colombano nel mondo.
L’impegno pastorale di Mons. Coletto è stato esemplare. Nel momento dell’accorpamento con la diocesi di Piacenza (1989) Coletto diede la disponibilità a servire le lontane e disagiate parrocchie di Cattaragna e Castagnola e Salsominore. Servizio continuato fino alla fine della sua vita. La generosità è stata altra sua fondamentale caratteristica. Coletto si fece interamente carico del restauro della cappella di San Giovanni, gioiello della cattedrale, di quello delle tombe dei Vescovi in cripta e della cappella centrale del cimitero che ora insieme a altri sacerdoti ospita pure lui. Dispose che un suo prezioso quadro del ‘700 raffigurante il Transito di S.Giuseppe fosse per il Museo diocesano della Concattedrale.

La mostra “Segni del Servizio Episcopale”

Nel salone dei Vescovi dell’antica diocesi di Bobbio, sulle cui pareti si susseguono le effigi di tutti i suoi vescovi, sono stati messi in mostra, in apposite teche, le croci pettorali e gli anelli - un cospicuo tesoro - donati dall’arcivescovo Piero Marini al Museo diocesano. Mostra provvisoria perché gli oggetti andranno caratterizzati con la loro provenienza, espressione della mondialità della chiesa cattolica e dell’apertura a culture diverse. Sono tre i segni che il Vescovo riceve all’ordinazione: il pastorale, simbolo di dignità, autorità e guida che si rifà all’immagine di Gesù Buon Pastore; la mitria, ovvero il caratteristico copricapo che simboleggia la tensione alla santità; l’anello, che sancisce la chiamata a essere custode e fedele sposo della propria diocesi. Segni accompagnati dalla croce pettorale a richiamare l’annuncio fondamentale del Vangelo.
Uno spiacevole evento occorso nel 1990 aveva azzerato la dotazione dell’antico vescovado di anelli e croci pettorali. Nell’appartamento vescovile ormai vuoto in seguito all’unione delle diocesi di Piacenza e di Bobbio, una cassaforte era stata smurata e il suo contenuto, tra cui appunto quei sacri oggetti, rubato. Mancavano dunque del tutto questi segni episcopali quando il Museo venne allestito. La donazione dell’Arcivescovo Marini ha posto rimedio alla lacuna. La collezione dei preziosi oggetti, lavorati con finissima arte orafa anche con l’incastonamento di svariate pietre preziose, è stata molto ammirata dal pubblico.

La visione della liturgia di papa Francesco

La recente lettera apostolica di papa Francesco “Desiderio desideravi” è stata commentata da mons. Giuseppe Busani. Il rito eucaristico - ha commentato mons. Busani - garantisce l’incontro col trascendente. Se la dottrina regala i concetti, la liturgia dona il contatto. E’ un segno che lascia il segno, che con la sua forza, con lo stupore e la bellezza cambia la vita. La lettera di papa Francesco - prosegue il sacerdote - descrive in tre passi l’evoluzione della liturgia nella pastorale della nostra Chiesa che ha portato dal preconciliare “ritus servandus” alla “liturgia reformanda” del Concilio vaticano II. Il compito, eseguito, ha aperto alla nuova visione della liturgia come “ars celebrandi”, da condividere tra tutti i partecipanti, non solo dal clero. Liturgia, dunque, non più oggetto di studio, ma soggetto attivo che, prendendo forma dalla vita di Cristo, dà forma alla nostra vita.

Luisa Follini

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Nelle foto, in alto il pubblico nel salone dei Vescovi  a Bobbio; sopra, da sinistra, i relatori intervenuti e una delle bacheche con gli oggetti donati da mons. Marini per il museo diocesano della Concattedrale.

Pubblicato il 19 agosto 2022

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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