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Idoli e valori, come distinguerli: successo per l’incontro organizzato dal Fol in Fest in Fondazione

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Il progresso rischia di cancellare le tradizioni? Progresso e tradizione possono convivere? Oppure i valori tramandati dalla tradizione sono destinati a diventare idoli ingannevoli? Domande importanti e complesse quelle poste durante il convegno “L’anima e gli idoli di oggi, tra tradizione e progresso”, organizzato nell’ambito del Fol in Fest nella Sala d’Onore della Fondazione di Piacenza e Vigevano, tra gli enti sostenitore della rassegna. Una sorta di antipasto in vista del vero e proprio festival che si terrà dal 23 al 27 luglio. 
Per rispondere a domande importanti servono voci e menti di spessore, motivo per cui al banco dei relatori si sono alternati il vescovo di Piacenza-Bobbio, monsignor Adriano Cevolotto, e Davide Rondoni, scrittore e drammaturgo, nonché presidente del comitato nazionale per l’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi. Alla serata è intervenuto con un videomessaggio anche Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e giornalista, presidente della Fondazione Biennale di Venezia. A moderare l’incontro Massimo Polledri, direttore artistico del Fol in Fest. 

"Voi evocate il focolare, lo stare insieme, quei tempi, bellissimi tempi, quando i più vecchi, gli anziani, radunavano intorno a sé tutti: quelli che avevano capacità di ascolto, certo, d'orecchio sicuramente, ma soprattutto quelli che avevano capacità di cuore”, ha commentato Pietrangelo Buttafuoco. “E quindi quel braciere riusciva ad avere una sintonia perfetta con quel fuoco che abbiamo dentro e che dà il senso dello stare insieme, della conversazione. Mi spiace, mi spiace tantissimo non poter essere con voi, a maggior ragione perché so quanto è potente e forte la parola che accompagna proprio questa brace viva dello stare insieme. Chiedo scusa, perdonatemi, ma intanto il mio saluto, l'abbraccio, è il senso stesso del racconto che posso darvi attraverso un'idea. Un'idea che poi è un'immagine, anzi no, è un vero e proprio seme: fosse pure il giorno del giudizio chi ha un seme lo pianti. Nasce dunque l'albero, ritorna la vita e con la vita il senso stesso della brace che è luce e che chiama a sé tutti coloro i quali hanno cuore per ascoltare”. 

Rondoni e monsignor Cevolotto hanno dato vita a un dialogo intriso di spunti originali e spiazzanti, portando la platea a considerare aspetti inediti della nostra esistenza. 
Monsignor Adriano Cevolotto ha voluto sottolineare l’importanza dell’anima, come principale difesa dai vani e ingannevoli idoli. “Il tema dell'anima è un buon deterrente agli idoli: quando si impoverisce l'anima, nel suo significato sicuramente biblico, il rischio è quello di alimentare gli idoli. È interessante pensare a questo: mentre Dio è al singolare gli idoli sono al plurale e quindi sono destinati per conto loro, per natura, a moltiplicarsi. Quindi possiamo dire che gli idoli camminano con la storia degli uomini, si modificano, si trasformano, ma rimangono: perché, quando l'uomo cerca di rompere quella distanza tra sé e Dio, allora a quel punto l'idolo diventa il modo per illudersi di controllare e di avere in mano la trascendenza. Ma in realtà questo non succede e quindi diventa una forma di schiavitù. Le schiavitù sono molteplici. Io vorrei sottolineare, in particolare, la schiavitù del presente, perché credo raccolga tutta una serie di altre forme idolatriche, oggi molto diffuse: il successo, l'emozione da consumare e da vivere continuamente, ma potremmo dire anche denaro, il possesso. E via dicendo”.

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Davide Rondoni ha dimostrato come gli idoli si possano nascondere all’ombra di termini apparentemente innocui o addirittura positivi. Come la salute e la natura, solo per citarne un paio. “Oggi la salute è un idolo che ci spinge a ricercare una durata sempre maggiore delle nostre vite, sacrificandone però la qualità. Prendiamo, per esempio, Falcone e Borsellino: se avessero seguito l’idolo della salute non avrebbero mai condotto le battaglie che hanno condotto, non avrebbero perso la vita. Ma hanno perso la vita per valori fondamentali. Oggi pensiamo che i numeri siano lo specchio del valore, pensiamo a come rendere le nostre esistenze sempre più durature ma non pensiamo a come renderle più ricche di significato”.
“Abbiamo a che fare con volti nuovi di problemi antichi: la parola “idoli” sta a indicare delle questioni che l'uomo si pone sempre come problema o come piste da seguire che però lo portano verso il nulla. Possono cambiare i nomi, le immagini, le retoriche: però questi sono i problemi che l'uomo ha sempre avuto, che oggi hanno delle edizioni nuove che vanno lette, comprese”. 
Il progresso in questo senso non acquisisce una valenza per forza negativa o positiva. “Non bisogna mai aver paura del progresso, mai: perché il progresso è normale. Bisogna vedere se il progresso coincide con lo sviluppo: il progresso che non coincide con lo sviluppo, infatti, diventa una violenza”. 
“Spunti illuminati e su cui il festival di luglio proporrà ulteriori approfondimenti – sottolinea Massimo Polledri, direttore artistico del Fol in Fest – Quando c’è un cambio d’epoca gli uomini si sono ritirati negli eremi di montagna a pensare o sono saliti per vedere meglio l’orizzonte. Per questo, in un momento in cui cambia il modello antropologico Fol in Fest che rappresenta i quattro Comuni più alti di Piacenza si pone anche temi apparentemente difficili."

Il Fol in Fest, che dal 23 al 27 luglio celebrerà la sua quarta edizione, è promosso dai comuni di Alta Val Tidone, Morfasso, Ferriere e Ottone.

Nelle foto: dall'alto, da sinistra Massimo Polledri, il vescovo Adriano Cevolotto e Davide Rondoni; il pubblico presente.

Pubblicato il 30 giugno 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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