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L'imperativo di Ammesty in mostra al Farnese: «sensibilizzare alla violazione dei diritti umani»

mostraamnesty

Donne e uomini che hanno fatto la storia dei diritti umani, che lottando a favore della libertà e della democrazia sono stati incarcerati, torturati, processati, ma poi rilasciati. Sono loro i protagonisti dei ritratti illustrati dal fumettista ravenante Gianluca Costantini: cuore pulsante della mostra inaugurata a Palazzo Farnese domenica 26 novembre per festeggiare i primi sei decenni (62 anni per la precisione) di attività di Ammnesy International.
“Scopo della mostra, visitabile fino al 10 dicembre al venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18, o al martedì, mercoledì e giovedì solo su prenotazione per le scuole - ha detto Lidia Gardella, presidente di Amnesty Piacenza – è sensibilizzare il pubblico e sopratutto gli studenti al tema della violazione dei diritti umani. Ammnesy lo fa da sempre e con questa iniziativa vuole raccontare persone, storie e anni oggi troppo spesso sconosciuti”.
Presenti all'incontro inaugurale anche l'assessora Nicoletta Corvi, la consigliera Costanza De Poli, volontari e simpatizzanti dell'associazione.

In mostra 60 ritratti

È dedicato al fondatore Peter Benenson il primo dei disegni di Costantini: avvocato e attivista londinese che il 28 maggio 1961 ha pubblicato il libro “I prigionieri dimenticati” e ha denunciato gli arresti dei detenuti di coscienza, lanciando un appello alla mobilitazione che ha portato alla nascita di Amnesty International. Il viaggio tra i paladini dei diritti civili rappresentati dall'artista prosegue poi anno dopo anno, dal 1961 al 2020, e a spiccare in questa galleria di volti sono soprattutto le donne.
È il 1965 e Franca Viola ha solo 17 anni quando rifiuta di sposare il suo stupratore. Un atto di grande coraggio che 16 anni dopo, nel 1981, ha portato all'abolizione del matrimonio riparatore nel nostro Paese e dal 1996 a considerare lo stupro un reato contro la persona e non più contro la morale.
Leila Perez è invece una studentessa cilena arrestata nei giorni che hanno seguito il colpo di stato del 1973 e per due anni torturata in carcere. Rilasciata, trascorre un anno in un campo di lavoro e nel 1976 è costretta all'esilio. Vera Chirwa è avvocata e attivista per i diritti umani e civili del Malawi quando viene accusata di tradimento e condannata a morte. Trascorre 12 anni nel braccio della morte prima di essere rilasciata nel 1993 grazie alle pressioni internazionali: per lei si mobilita anche Amnesty International.
E poi c'è Rigoberta Menchù, insignita del premio Nobel per la pace nel 1992. Già attivista ambientale e leader delle comunità native del Guatemala, è stata perseguitata insieme alla famiglia per la sua lotta per il possesso delle terre ancestrali e per il riconoscimento dei diritti dei nativi, fino a quando negli anni 80 si è rifugiata in Messico.


Queste e altre donne, insieme a molti uomini, formano l'appassionante mosaico degli “Human Rights Portraits” di Costantini, 60 ritratti dedicati a chi in tutto il mondo ha speso la propria esistenza a difesa dei più deboli. Dal 1963 nasce anche Amnesty Piacenza, fondato in quell'anno grazie all'instancabile determinazione della professoressa Livia Cagnani. Storia e attivismo del gruppo piacentino, uno dei primi in Italia, sono raccontati fin dall'ingresso della mostra: gli otto manifesti collocati all'inizio dell'esposizione costituiscono infatti una sintesi della precedente mostra allestita alla biblioteca Passerini Landi, specificamente dedicata ai sessant'anni di Amnesty Piacenza. Ma anche i ritratti d'artista sono arricchiti alle pareti da manifesti, sia di eventi organizzati in città sia di campagne lanciate da Amnesty International. Diverse pagine di un'unica grande storia: quella della tutela dei diritti umani.
Su questo aspetto si sono concentrate le parole dell'assessora Corvi, che ha ringraziato Amnesty per il suo lavoro. L'attivismo, lo sforzo dell'associazione per la sensibilizzazione sono preziose - ha detto - , proprio perché ci dicono nome e cognome delle persone e ci ricordano che i morti in mare, in guerra, in difesa del proprio Paese non sono numeri, ma hanno un'identità che deve essere riconosciuta: perché loro potremmo benissimo essere noi, se solo fossimo nati in un contesto socio - culturale diverso.

Micaela Ghisoni

Nella foto, la mostra di Amnesty a Palazzo Farnese.

Pubblicato il 29 novembre 2023

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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