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Europe for Peace di Piacenza: educare alla Nonviolenza

magnana


 
L’antico assioma romano “Si vis pacem, para bellum” (se vuoi la pace, prepara la guerra), è una locuzione ancora cara a pessimisti e a bellicisti che è stata completamente smontata nell’incontro seminariale del 23 giugno, organizzato da Europe for Peace di Piacenza presso La Magnana, in via Pietro Bubba a Piacenza, dal titolo “Educare alla Nonviolenza per ottenere Pace e Giustizia: quali strumenti?”.

Decostruire tutta la filiera della guerra
L’evento, coordinato da Roberto Lovattini, è stato aperto da Pasquale Pugliese del Movimento Nonviolento che, con grande capacità comunicativa, è riuscito a coinvolgere i presenti. Pugliese, nato a Tropea, vive e lavora a Reggio Emilia. Di formazione filosofica, si occupa di educazione, formazione e politiche giovanili. Impegnato per il disarmo, militare e culturale, è stato segretario nazionale del Movimento Nonviolento fino al 2019. Cura diversi blog ed è autore di diverse pubblicazioni.
“Bisogna decostruire tutta la filiera della violenza e della guerra” - sono le parole di Pugliese - che ha evidenziato come esista una violenza molto profonda che è radicata in una cultura da cui non si riesce a distaccarsi.
“Oggi siamo di fronte, - ha aggiunto Pugliese - nel mondo, a 170 conflitti armati di bassa, media e alta densità. Solo Papa Francesco parla di terza guerra mondiale a pezzetti. L’Italia nell’articolo 11 della costituzione ripudia la guerra anche come mezzo di risoluzione dei conflitti, ma ce ne siamo dimenticati.

La spesa militare mondiale
Non avevo mai visto - ha sottolineato il filosofo - un bellicismo così forte come in questo conflitto in Ucraina dove qualsiasi altra opzione è scartata a priori.
Solo la Santa Sede, la Cina, il Brasile e i paesi sudafricani stanno tendando una mediazione. L’Europa ha abdicato a qualsiasi alternativa, siamo davanti ad un arretramento culturale che ricorda l’interventismo della prima guerra mondiale.
La spesa militare mondiale ha raggiunto nel 2022 la somma record di 2.240 miliardi di dollari complessivi, che corrisponde ad una crescita del 3.7% in termini reali rispetto all’anno precedente. Lo evidenziano le stime diffuse dal SIPRI di Stoccolma. In cifre si tratta di un aumento di ben 127 miliardi in un anno, 500 miliardi di dollari in più rispetto agli ultimi 10 anni: si spende più di 6 miliardi al giorno per la guerra! In questo modo si investono risorse ingenti sui conflitti armati che si sottraggono alle spese sociali come sanità e scuola.
Inoltre - ha messo in evidenza Pugliese - è stato approvato recentemente dall’ONU il trattato per la messa al bando delle armi nucleari, invece vediamo come ne viene minacciato l’uso, anziché l’abolizione.
Questo trattato internazionale - ha puntualizzato il filosofo - però non è stato firmato da tutti i paesi detentori di armi nucleari tra cui l’Italia. Noi non siamo detentori in senso proprio, ma sul nostro territorio, come a Ghedi e ad Aviano, ci sono decine di testate nucleari di cui non sappiamo esattamente il numero perché l’accesso è vietato, è un perimetro statunitense dotato di extraterritorialità…

Cessare il fuoco
Quali sono gli strumenti di pace? - si è interrogato Pugliese. Prima di tutto quello di non mandare armi. Le armi alimentano la potenzialità distruttiva, prolungano inesorabilmente i tempi della guerra, provocano escalation.
Poi bisogna supportare gli obiettori di coscienza all’interno dei paesi coinvolti nelle guerre. Per esempio in Ucraina tutti gli uomini dai 18 ai 60 anni non possono lasciare il paese e sono obbligati a prendere le armi. Allora è importante aiutare chi dice no alla guerra nel proprio paese.
Un altro aspetto - per il filosofo - è quello di favorire i mediatori di pace; uno di questi è il cardinal Zuppi che ha fatto parte per anni della Comunità di Sant’Egidio dove ha svolto opere di mediazione in alcuni paesi africani.
Il primo passaggio fondamentale è pero quello di cessare il fuoco, da cui nasce la mediazione per poi arrivare a tavoli di pace.

Le varie educazioni
Gli strumenti di pace, di nonviolenza - ha precisato Pugliese - si sostengono se alla base c’è una decostruzione della violenza culturale, se si riparte dall’ educazione a tutti i livelli.
Ecco le educazioni - secondo il filosofo - necessarie oggi per costruire la pace:
educare alla complessità, cioè cogliere la molteplicità delle visioni senza schierarsi da una parte o dall’altra;
educare al pensiero critico, comprendere che la guerra non è un destino ineluttabile, ma si sceglie deliberatamente;
educare alla responsabilità, cioè usare personalmente la testa che è prioritaria rispetto alla legalità;
educare a trattare l’altro sempre come un fine, mai come un mezzo, che significa il rispetto incondizionato per ogni vita;
educare all’umanizzazione dell’avversario;
educare alla trasformazione non violenta dei conflitti”.
Con queste indicazioni chiare ed efficaci, Pugliese ha sottolineato come l’apporto di tutti alla pace deve generare una potente forza di trasformazione sociale, dimostrando che l'educazione alla nonviolenza è un valido strumento di cambiamento.

Operazione Colomba
È seguito l’intervento di Guido Diemmi del Servizio Missione e Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha presentato l’Operazione Colomba e il Ministero della Pace.
“Operazione Colomba - ha affermato Diemmi - nasce nel 1992 dal desiderio di alcuni volontari e obiettori di coscienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, di vivere concretamente la nonviolenza in zone di guerra.
Inizialmente ha operato in ex-Jugoslavia dove ha contribuito a riunire famiglie divise dai diversi fronti, a proteggere, in maniera disarmata, minoranze, e a creare spazi di incontro, dialogo e convivenza pacifica.
L'esperienza maturata sul campo, ha portato Operazione Colomba negli anni ad aprire presenze stabili in numerosi conflitti nel mondo, dai Balcani all'America Latina, dal Caucaso all'Africa, dal Medio all'estremo Oriente, coinvolgendo, tra volontari e obiettori di coscienza, oltre 2.000 persone.
Operazione Colomba - ha rimarcato Diemmi - è un progetto aperto a tutte quelle persone, credenti e non credenti, che vogliono sperimentare con la propria vita che la nonviolenza è l'unica via per ottenere una pace vera, fondata sulla verità, la giustizia, il perdono e la riconciliazione.
I componenti sono volontari divisi essenzialmente in due gruppi: volontari di lungo periodo, cioè persone che danno uno o più anni di disponibilità a tempo pieno; volontari di breve periodo, cioè persone che danno uno o più mesi di disponibilità. L’operazione Colomba attualmente è in Colombia, Libano, Palestina, Ucraina, Cile e lungo le rotte dei migranti che attraversano la Grecia.

Ministero della Pace
Nel nostro Paese - ha spiegato Diemmi - vi sono diversi organi (consulte, comitati, osservatori) che in modi differenti si occupano di attività connesse alla promozione della pace e alla prevenzione della violenza. Manca una cabina di regia istituzionale per dar vita a un nuovo sistema nazionale per la promozione della pace.
Il Ministero per la Pace è una proposta, nata da una intuizione di don Oreste Benzi, attraverso la quale si potrebbe, in collaborazione con altri ministeri e gli altri organi istituiti presso amministrazioni statali, individuare azioni coordinate nazionali e finalmente dare il nome ad una politica strutturale per la pace”.  

Riccardo Tonna

Nella foto, da sinistra, Guido Diemmi, Roberto Lovattini e Pasquale Pugliese.

Pubblicato il 24 giugno 2023

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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