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Parenti di Mondo Aperto: «la lingua è relazione con l'altro, ma per l'integrazione serve di più»

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“La lingua è relazione con l'altro, racchiude storia e identità dei popoli. Proprio per questo amo insegnare italiano agli stranieri, e se avessi tempo mi dedicherei allo studio delle diverse lingue del mondo: cinese, punjabi, wolof”. Così Rita Parenti, insegnante di italiano per stranieri e presidente di “Mondo Aperto”,  associazione piacentina dedicata a questa attività. La Giornata Mondiale del Rifugiato, che si celebra il 20 giugno, ci è sembrata l'occasione adatta per intervistarla. Il suo “Mondo aperto” è il tentativo concreto di realizzare una profonda convinzione: “più solidarietà e più servizi significano più benessere per tutti”.
A Rita Parenti abbiamo rivolto alcune domande.

— Da dove nasce il suo interesse per la “cura dell'altro” e in che modo è giunta ai vertici di “Mondo Aperto”?

L'interesse per l'incontro con l'altro nasce da lontano. Coabitavamo in quattro fratelli, due nonni, i miei genitori, insegnanti: si collaborava nel seguire alcuni ragazzi nello studio; mia madre era abbonata ad una rivista missionaria dei Padri Salesiani che mi incuriosiva moltissimo. I missionari di ritorno da Brasile e Africa passavano sempre a casa nostra e raccontavano le loro esperienze. L'attenzione al dialogo e alle culture diverse è quindi per me un'inclinazione naturale. Ho iniziato a insegnare italiano per stranieri negli anni '90, al tempo dei primi arrivi in Italia durante la guerra in Bosnia. La Casa delle Associazioni in via Capra si occupava allora delle pratiche di prima accoglienza dei profughi bosniaci, tra cui l'insegnamento della lingua. Mi sono innamorata subito di questa materia, dietro la lingua ci sono una visione, un'interpretazione del mondo da scoprire e comunicare. Prima ancora lavoravo con i nomadi nei campi di sosta abusivi, le ferite che quei ragazzini si portavano dietro erano innumerevoli, tanta la voglia di riscatto. Capirli non è stato facile all'inizio, ma l'esperienza umana con loro è stata preziosa.
Mondo Aperto è nata nel 2000, come distaccamento specifico della Casa delle Associazioni. Il mio ruolo di presidente è di servizio, più che di merito: esercito funzioni burocratiche e di coordinamento progettuale,che se potessi delegherei volentieri. Ritengo l'associazione una realtà preziosa per la pluralità che racchiude e promuove: un approccio di apertura all'altro che mi piacerebbe vedere più spesso nella nostra società.

Un'attenzione particolare alle donne

— La visione plurale di “Mondo Aperto” si articola in diversi ambiti: apprendimento linguistico, accoglienza, mediazione culturale. Più specificamente quali sono le attività principali dell'associazione e chi se ne occupa?

“Mondo Aperto” si dedica all'insegnamento della lingua italiana agli stranieri, a diversi livelli. Insieme ad altre associazioni ci interessiamo di conseguenza anche a mediazione culturale, accoglienza, comunicazione non violenta e a tutti quei progetti che promuovuono buone pratiche di cittadinanza e inserimento sociale; ma il fulcro dell'attività è la lingua. Per bambini e ragazzi c'è un progetto in convenzione con il Comune di Piacenza: con insegnanti specializzati andiamo nelle scuole primarie e secondarie di primo grado che ospitano alunni neo arrivati. Qui facciamo percorsi di alfabetizzazione o insegnamento di italiano e di inclusione, con incontri, piccoli laboratori, materiali e libri specifici. Ci dedichiamo anche alla formazione gratuita dei docenti. Dal 2022 soprattutto ci rivolgiamo alle scuole perché ogni insegnante possa lavorare con l'italiano come lingua seconda, riuscendo a farsi comprendere senza che lo studente abbia padronanza della nostra lingua.
Dal 2021 abbiamo aperto un doposcuola nella “Casa delle parole” di via Tibini 1A, in collaborazione con l'associazione piacentina “Fabbrica e nuvole”.
Lo spazio accoglie tutti i pomeriggi gratuitamente alunni delle medie in difficoltà nel metodo di studio, seguiti da una ventina di volontari selezionati dalla Regione. Giovani in alternanza scuola lavoro, oppure adulti, educatori, tutti supervisionati da una coordinatrice.
Corsi di italiano gratuiti per stranieri sono disponibili anche per gli adulti, con particolare attenzione a donne e mamme. Sono iniziative promosse ciclicamente a cui collabora anche il Centro per le Famiglie. È infatti il Centro a mettere a disposizione baby-sitter per tenere i bambini mentre le mamme impararono la lingua. Quello femminile è un focus primario. Le donne che non lavorano spesso non portano i figli alla scuola dell'infanzia: grossi limiti per socializzare, integrarsi, imparare la lingua e le buone pratiche. Queste mamme devono quindi essere intercettate e coinvolte il più possibile.
Il Centro Nazionale Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri (PIDA) riconosce anche un gruppo di nostri esperti per il rilascio di certificazione linguistica previo esame specifico: prova da superare per ottenere il permesso di soggiorno o la cittadinanza italiana.

— Quello dell'integrazione è un tema ampiamente dibattuto. Che opinione ha a riguardo? Quali elementi di forza e ostacoli si incontrano quotidianamente sul campo?

Il problema essenziale per l'integrazione è la mentalità. La tendenza diffusa a categorizzare e generalizzare ostacola l'ascolto, il dialogo con la persona nella sua unicità. Basterebbe pensare alla composizione eterogenea di ogni realtà familiare per capire la fluidità identitaria che ci accomuna tutti, evitando insensate chiusure. I tanti volontari dell'associazione, spesso studenti e molti migranti di seconda generazione nati qui, testimoniano però con forza che la solidarietà c'è. Occorre senz'altro attrezzarsi meglio verso un presente in continuo cambiamento: incentivare il dialogo con l'aumento di spazi sociali, educativi, ricreativi (sport, gioco, musica), particolarmente importanti per promuovere integrazione. Le parrocchie, a mio parere,  dovrebbero organizzare più momenti di preghiera, o attività ludiche in varie lingue e culture. Si fatica a comprendere che più solidarietà, più servizi, meno discriminazioni significano più benessere per tutti: non privilegi per alcuni a scapito di altri.

Dai ragazzi agli adulti. Ci sono anche analfabeti nella loro lingua madre

— Quali sono i più validi mezzi mezzi tecnici, ma soprattutto umani per avvicinare i migranti alla lingua italiana?

Molte persone arrivano da noi per passaparola e si sentono accolte. I bambini possono restare, gli orari sono pensati per andare incontro a mamme e lavoratori. Prima di tutto lingua è relazione. Un tempo si imparava la grammatica e poi la lingua, oggi si usa il metodo comunicativo facendo il contrario: si parte dal parlato e dall'ascolto, poi si passa alla lettura di brevi espressioni. La fase successiva è la produzione orale e l'ultima la grammatica. C'è sempre un grande desiderio di partecipazione, con alcune differenze: i ragazzi sono più disinvolti, gli adulti temono di sbagliare, sono radicati alle abitudini, ma questo vale anche per noi. Occorre semplificare i testi con fotografie, video, attività pratiche. Difficoltà maggiori si presentano con persone analfabete, che non possono ricorrere a lingue intermedie e non hanno nemmeno una rubrica nel telefono. Il processo d'apprendimento diventa allora più lento, faticoso, ma i giochi didattici di gruppo sono strumenti d'aiuto importatissimi per imparare insieme senza sentirsi giudicati. Uno scoglio enorme da superare: l'abilitazione per insegnamento di italiano agli stranieri è riconosciuta dal Ministero, ma non ci sono cattedre. Un paradosso che costringe i docenti a ricorrere ad aiuti esterni specializzati al di fuori del proprio monte ore. Urge cambiare il quadro normativo. C'è ancora tanto da fare. Chi lavora con i migranti capisce il contributo prezioso che possono portare alla nostra società. Spero le amministrazioni se ne rendano conto.

Micaela Ghisoni

Nella foto, Rita Parenti , la terza da destra,  in un' iniziativa di "Mondo Aperto”.

Pubblicato il 20 giugno 2023

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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