Giubileo della Speranza: la diocesi in cammino con il mondo della fragilità
Una iniziativa dal forte valore simbolico e spirituale, è quella svoltasi, il 7 giugno, nel cuore del centro storico, nell’ambito del Giubileo della Speranza. Strutturato come un vero e proprio cammino di riflessione e condivisione, la diocesi di Piacenza-Bobbio ha vissuto un pellegrinaggio cittadino guidato dal vescovo mons. Adriano Cevolotto, che ha coinvolto il mondo del volontariato, della salute, della fragilità e della disabilità.
Cura, rispetto, accoglienza e reciprocità
Quattro le tappe del pellegrinaggio, ognuna arricchita da testimonianze significative che hanno rappresentato le diverse realtà impegnate quotidianamente nell’accompagnamento delle fragilità umane.
Il ritrovo è avvenuto alle ore 16.30 sul sagrato della chiesa di San Giovanni in Canale (viale Beverora - via Croce), dove si è aperto il cammino con la parola chiave “cura”. In questo primo momento sono state ascoltate le voci di chi opera accanto ad anziani e malati, mettendo al centro la delicatezza e la profondità del prendersi cura, con uno sguardo evangelico e umano verso le fragilità più silenziose.
La seconda tappa ha condotto i pellegrini in via Tempio, presso la sede della Protezione della Giovane, per un ascolto attorno alla parola “rispetto”. Donne vulnerabili e percorsi di emigrazione hanno dato voce ad esperienze complesse e spesso invisibili, restituendo la dignità delle storie individuali e collettive.
Il cammino è poi proseguito verso via Scalabrini, agli Ospizi Civili, dove il tema centrale è stato quello dell’“accoglienza”. Le testimonianze di persone con disabilità e di minori stranieri non accompagnati hanno messo in luce quanto l’apertura dell’altro sia una via concreta di umanizzazione, richiamando tutti alla responsabilità dell’incontro e dell’inclusione.
Nell’ultima sosta, in piazza Duomo, animata dall’associazione Assofa, si è riflettuto sulla parola “reciprocità”. Un concetto che ha chiuso il cerchio del pellegrinaggio, ricordando che ogni fragilità, ogni gesto di aiuto, è anche una possibilità di scambio umano, un arricchimento reciproco.
Il pellegrinaggio si è concluso in cattedrale con la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Cevolotto. Una liturgia vissuta come culmine e sintesi del cammino condiviso, in cui si sono intrecciati preghiera, memoria, impegno e speranza.
Il miracolo dello Spirito
Durante l’omelia, il vescovo Adriano ha richiamato l’immagine biblica della valle piena di ossa secche, tratta dalla prima lettura della Pentecoste. Quelle ossa rappresentano l’umanità priva di speranza, smarrita, stanca, disgregata. Ma lo Spirito di Dio scende proprio su quelle ossa per ridare vita, dignità e unità. Il primo miracolo dello Spirito - sintetizziamo le parole del Vescovo - è quello di farci sentire legati gli uni agli altri: ci riconnette, ci fa scoprire complementari. Attraverso la cura, il rispetto, l’accoglienza e la reciprocità - le quattro parole chiave del pellegrinaggio - si costruisce un’umanità nuova, che si rialza. Anche chi è nella fragilità più profonda ha la dignità e il diritto di seminare speranza. Il Vescovo ha invitato a riconoscere che lo Spirito Santo è all’opera in ciascuno e in tutti, e che ogni persona, anche la più fragile, non è mai solo destinataria, ma anche soggetto attivo di accoglienza e di dono. La speranza nasce proprio da questo cammino condiviso, da relazioni vere e da un cuore che si prende cura. Così - ha concluso mons. Cevolotto - possiamo vivere la nostra vocazione: essere seminatori di speranza, anche nelle terre più aride.
Questo evento ha rappresentato un forte segno di Chiesa in uscita, capace di camminare accanto a chi vive il limite, riconoscendone il valore e aprendosi a una nuova umanità, fondata su relazioni autentiche e solidali.
Riccardo Tonna
Nelle foto, il Giubileo della fragilità e disabilità a Piacenza.
Pubblicato l'8 giugno 2025
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