Giubileo degli influencer. Suor Cecilia: Dio anche su Instagram
Suor Maria Cecilia di Gesù Amore del monastero carmelitano di San Lazzaro a Piacenza.
Il 28 luglio si apre a Roma il Giubileo dei missionari digitali e degli influencer. Suor Maria Cecilia di Gesù Amore, 40 anni, entrata nel 2005 nel Carmelo di Piacenza, se potesse viaggiare sarebbe certamente tra i protagonisti nella capitale. I suoi video “Time to travel”, tempo di viaggiare, dedicati al Vangelo della domenica e pubblicati su Instagram arrivano a totalizzare anche fino duemila visualizzazioni.
Laureata in musicologia a Cremona, suor Cecilia è quasi alla conclusione degli studi di teologia dopo i corsi del Collegio Alberoni seguiti on line. Da alcuni mesi è sbarcata su Instagram d’intesa con la comunità monastica di cui fa parte.
Suor Cecilia come hai come cominciato la tua avventura sui social?
Nel 2019 un gruppo di scout mi aveva regalato il kindle per leggere gli eBook. Sulla copertina c’era la scritta “Time to travel”, tempo di viaggiare. Ho iniziato allora con i primi video con proposte di riflessioni su diversi temi che inviavo a un gruppo di amici. Il titolo era quello: “Time to travel”.
Poi è scoppiata la pandemia?
In quell’anno come comunità ci siamo interrogate se valeva la pena di iniziare ad essere presenti sui social.
Risultato?
Ci ha subito colpito il fatto che nel ’500 Santa Teresa d’Avila, la riformatrice del Carmelo, era una grande comunicatrice. Ha scritto migliaia di lettere indirizzate a re, frati carmelitani, religiose di altri monasteri, al fratello che era partito per l’America. Lei scriveva di notte, quando aveva un po’ di tempo a disposizione. A quel tempo scrivere una lettera implicava investire energia e fatica, spendere soldi per spedirla, quindi per lei era importante.
Una donna di comunicazione, dunque?
Certo. La sua riforma ha inciso in modo profondo sulla vita religiosa carmelitana che era nata in forma maschile in Terra Santa sul monte Carmelo. Un gruppo di Crociati aveva deciso nel 1200 di consacrarsi a Dio come eremiti, adottando la regola per loro predisposta dal vescovo di Gerusalemme Alberto, che in precedenza aveva guidato la diocesi di Bobbio. Con l’avvento dell’islam nell’area, quella forma di vita religiosa è giunta in Occidente, dove sono iniziati anche i monasteri femminili.
Siete partite da lontano…
Volevamo capire che cosa significasse essere presenti sui social alla luce della storia del Carmelo. Lo si capisce rileggendo l’opera di Santa Teresa d’Avila che è giunta fino a noi.
Quali sono le sue intuizioni?
Nel ’500, all’arrivo di Teresa d’Avila, non c’era nelle comunità carmelitane una propria vita comunitaria. Il monastero dell’Incarnazione, di cui lei faceva parte ad Avila, contava più di cento suore. Le suore che provenivano da famiglie nobili avevano a disposizione nel monastero un proprio appartamento. Teresa era tra quelle chiamate a fare compagnia alle dame dell’alta società. E mentre il re di Spagna avvia la riforma degli ordini religiosi, lei capisce che per il Carmelo è giunto il momento di cambiare. Si riparte con comunità più piccole, collocate dentro le città, non più al di fuori dei centri abitati, comunità nelle quali è possibile vivere relazioni familiari di amicizia tra consacrate e con Gesù.
Teresa introduce - e la cosa vale ancora oggi - due ore di ricreazione quotidiana dopo il pranzo e la cena, in cui le suore stanno insieme, dialogano, si raccontano la loro giornata e il loro vissuto. E insieme a questa regola fissa in due ore il tempo quotidiano di preghiera.
Per lei la comunicazione era davvero molto importante. Quando rientrava dall’America un missionario, subito lo chiamava a intervenire in monastero per raccontare la propria opera. Il mondo, con il suo bisogno di salvezza, entrava nel monastero.
Teresa come coinvolge in questo passaggio le sue comunità?
“Voi siete qui perché il mondo è in fiamme”, ripeteva alle sue suore. Le sofferenze nella vita sono tante, le fatiche non si contano. Quello era per la Chiesa il tempo della riforma dopo lo strappo con il mondo protestante; iniziava anche la colonizzazione del nuovo mondo non senza contraddizioni e ferite.
Per lei non c’era tempo da perdere, la vita di un monastero è collegata alla storia, non è fuori dal mondo, come molti ancora oggi pensano. Ogni monaca, sia che provenisse da famiglie nobili o che fosse di umili origini, aveva per lei la stessa dignità. Tutte erano chiamati a lavorare per la comunità; la priora, ad esempio, doveva essere la prima a fare le pulizie.
Come incide ancora oggi la sua regola sulla vostra vita?
La sua è una spiritualità molto legata all’umano che ha al centro l’immagine del castello interiore: Dio è dentro di noi. Non puoi pensare di entrare in cielo se non conosci te stessa. Il cambiamento parte da sé, solo così si potrà pensare di incidere sulla storia. La domanda chiave diventa: come il legame con Gesù risorto ti sta cambiando nel rapporto con te stessa e con gli altri? Noi viviamo in monastero per disingannarci a vicenda, per aiutarci a vedere la verità l’una dell’altra e fare insieme un cammino di verità. “Mas santas, mas conversadoras”, più sante, più capaci di costruire amicizia, amava dire Teresa d’Avila.
A quali conclusioni siete arrivate?
Avevamo un po’ di paura nell’andare sui social, ma sul piano carismatico, rileggendo la nostra storia, non c’erano dubbi. Si doveva andare avanti.
Va detto anche che fino a non molti anni fa le persone ci conoscevano, sapevano della nostra esistenza, venivano a dialogare con noi; oggi invece la maggioranza della gente non sa chi siamo e qual è la nostra missione.
Come siete partite?
Nel 2020 abbiamo aperto la pagina su Facebook dove la domenica mattina pubblichiamo tuttora la “collatio” settimanale che viviamo insieme al sabato sera, cioè la sintesi della nostra preghiera e delle nostre riflessioni sulle letture della messa domenicale.
Su Facebook facciamo conoscere anche le iniziative che organizziamo e i nostri sempre gettonati lavori di artigianato, da quelli realizzati con il pirografo agli amigrumi, i pupazzetti a forma di animali fatti all’uncinetto e usati come portachiavi.
In questo modo molte persone, che non sarebbero mai venute fisicamente in monastero, hanno avuto in occasione di conoscerci. E anche da parte nostra siamo grate per tutti gli incontri vissuti che ci hanno enormemente arricchito. Alcune partecipano alle nostre celebrazioni, dalle lodi alle 6.55 del mattino alla messa feriale delle 7.30 (alle 8 nei giorni festivi), dai vespri alle 17.30 all’adorazione dopo i vespri del primo giovedì del mese.
Su Instagram come siete arrivate?
Per noi l’obiettivo è raggiungere i giovani. Grazie a Instagram la gente, giovani compresi, ci scrivono, ci rivolgono domande sul rapporto tra le fede e la vita quotidiana. Fra i messaggi ricevuti ce n’è uno anche di una ragazza musulmana che è rimasta affascinata dalla figura di Gesù.
In concreto come vi muovete?
Insieme decidiamo cosa pubblicare, dalle immagini di suor Prisca a commento del Vangelo del giorno ad alcune nostre foto, ai video di spiegazione del Vangelo che in questa estate stiamo facendo per diocesipiacenzatv e la trasmissione “Le strade della vita”. Oltre a me sono coinvolte suor Renata, suor Maurizia, suor Antonella e la priora madre Maria Francesca.
“Time to travel” con i suoi video di 5 minuti propone con un linguaggio esistenziale un viaggio dentro di sé per scoprire il senso delle cose. Il titolo è laico, si parla della fede alla luce del Vangelo della domenica, Ci sono interlocutori che conoscono già Chiesa e l’esperienza della fede, altri sono persone in ricerca.
Che caratteristiche tecniche segui nella realizzazione dei video?
Al lunedì inizio a leggermi il Vangelo della domenica successiva per capire ciò che più mi colpisce. Il taglio è esistenziale, punto a mettere in luce la verità dell’umano, le nostre dinamiche interiori per scoprire la libertà che il Vangelo ci offre pur tra tanti nostri limiti, fatiche e l’esperienza del male. All’inizio registravo i video nella mia cella, oggi invece all’esterno della nostra casa, nel giardino dove sorge una riproduzione della grotta di Lourdes.
Le visualizzazioni vanno da un minimo di 200 a un massimo, in genere, di 2000. Il video sul Vangelo viene pubblicato su Instagram, su Facebook e sul canale YouTube dei carmelitani della provincia lombarda della congregazione. I miei concetti chiave? Cito spesso Etty Hillesum, morta a 29 anni nel campo di sterminio di Auschwitz e i santi del Carmelo.
Qual è il messaggio che porti?
Che il Vangelo offre una via dentro la fatica quotidiana. Se crediamo o no, lo si vede davanti alla Croce. Gesù diceva ai suoi discepoli nell’inviarli in missione: “guarite i malati, risuscitate i morti, prendete in mano i serpenti senza timore, non vi colpiranno”. Fin che va tutto bene e tutti siamo bravi e carini, si vive quasi spontaneamente la fede. A volte però tutto crolla davanti alle difficoltà.
Il centro della nostra fede parte proprio dalla morte e dalla risurrezione di Cristo. O crolla tutto o inizia qualcosa di nuovo, di impensato.mDio lo trovi dentro di te, per questo siamo chiamati a entrare nel castello interiore, a liberare Dio che è in noi perché possa diventare storia. La potenza di Dio è come sigillata, solo se entri nelle stanze interiori che fanno male, puoi permettere a Lui di liberare la sua presenza. Dio per me è il tesoro nascosto sotto il drago. C’è tanta bellezza e potenza di vita in noi.
Il bilancio della vostra presenza sui social è perciò positivo?
C’è gente che pensa che non esistiamo più o che siamo chiuse nel nostro mondo. Se invece ci incontrano, anche a partire dai social, scopriamo insieme che c’è un’umanità che ci accomuna, un desiderio profondo di ricerca, anche in chi in apparenza è lontano dalla Chiesa. Il nostro rischio è di avere con noi un grande tesoro ma di essere irraggiungibili. Ci fa bene entrare in contatto con mondi diversi.
Corri il rischio della vanità?
Ne abbiamo parlato insieme: sono io o è la comunità che appare? In comunità ci confrontiamo su quanto facciamo, per me i social non sono un mondo a parte che coltivo coi miei fans. La comunità è sempre coinvolta. Dopo di noi altre realtà hanno iniziato a seguire la strada dei social: il monastero carmelitano di Ferrara ha iniziato la sua presenza su Instagram, quello di Parma invece su Facebook. All’estero sono partite prima.
Davide Maloberti
Pubblicato il 27 luglio 2025
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