L’eroismo di don Carozza
Il mattino del 5 gennaio 1942, al largo delle coste greche, l’incrociatore ausiliario “Città di Palermo”, carico di truppe e al contempo incaricato di scortare una seconda nave da trasporto, veniva colpito da due siluri lanciati da un sommergibile ostile. La nave aveva lasciato il porto di Brindisi lo stesso giorno, carica di soldati nel reggimento Misto Truppe Regio Esercito dell’Egeo, ed era diretta verso la Grecia, che non raggiunse mai.
Il piroscafo s’inabissò in soli quattro minuti a seguito dell’esplosione dei due siluri, portando con sé tante vite umane.
Fra queste, quella del cappellano militare di mobilitazione don Alberto Carozza, che in uno slancio di eroismo e carità prima diede il suo salvagente ad un soldato e poi rimase a confortare i tanti che non ebbero possibilità di scampo.
Il sacrificio di don Carozza visse nei ricordi dei sopravvissuti che da subito iniziarono a raccontare di quel tenente cappellano che amò i suoi commilitoni tanto da rifiutare la possibilità di salvarsi, preferendo restare con loro, alzando la mano per benedire e offrendo parole di conforto in quegli attimi tragici.
Il suo coraggio è stato riconosciuto con l’assegnazione della medaglia d’argento al valor militare e ancor di più attraverso la perdurante devozione viva nel suo paese natale, Salsomaggiore di Parma.
Leggi l'articolo a pagina 23 dell’edizione di giovedì 29 dicembre 2016