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Quaresima missionaria, il volto dei migranti

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Si chiude la Quaresima missionaria dedicata al tema dei volti. In questa edizione è la volta del volto dei migranti. È un volto che non ti aspetti, un volto che non apprezzi, che non avresti immaginato o forse desiderato incontrare: un volto estraneo. Spesso non sorride, ha occhi che chiedono più di quanto fanno le poche parole conosciute in italiano o in un’altra “lingua ponte” e che raccontano molto più di quello che possono fare i laceri documenti che ancora portano con sé.
Il primo impatto con chi è migrante è proprio il volto, prima ancora delle parole, prima ancora delle storie di vita. E quell’incontro non è un momento facile: si mettono in gioco da entrambi i fronti i propri preconcetti, pregiudizi, stereotipi, ma anche curiosità, imbarazzo, paure ed aspettative. Sono tante, queste ultime, anche se smussate e provate da esperienze difficilmente narrabili. D’altronde lo dicono i proverbi, saggezza popolare: quando si parte si sa quello che si lascia, ma non si sa quello che si trova… Pochi però sono i detti che descrivono il percorso che sta nel mezzo, tra la partenza e l’approdo… e ancor meno sono coloro che hanno voglia di ricordarlo e raccontartelo. Si fa fatica a ripercorrere i tragitti che li hanno portati fin qua: la strada pesa, le fatiche ancor di più, per non parlare delle sofferenze patite, dei vari addii e di ciò che si è perduto definitivamente.
Avete osservato bene il volto di Cristo nell’Ecce Homo? Per quanto tempo riuscite a reggere quel suo sguardo? Spesso mi sento nello stesso modo quando mi trovo a fissare gli occhi dei ragazzi richiedenti asilo che ospitiamo in diocesi.

Leggi articolo alla pagina 9 dell’edizione di venerdì 18 marzo 2016

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