Trasfigurarsi
o sfigurarsi?
Dal Vangelo secondo Marco (9,2-10)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni
e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti,
bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle
così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola,
Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui;
facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì
una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno,
se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare
ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti.
Ed essi tennero fra loro la cosa,
chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
La nostra vita e la Parola
Il bianco. “Le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche”. Sul monte alto appare un colore che nessun uomo è in grado di riprodurre. Le vesti di Cristo sono di un bianco raggiante, brillante, splendente. Le vesti nella Scrittura, ma anche nell’esperienza umana, sono molto di più un po’ di stoffa che ha la funzione di coprire il corpo: esse manifestano aspetti profondi della persona. Anche nel libro dell’Apocalisse, che è attentissimo ai colori, si parla di vesti bianche. Nel vangelo di Marco il giovane che le donne incontrano nel sepolcro il mattino della resurrezione è vestito di una veste bianca.
Gli studiosi di fisica, che hanno indagato il fenomeno misterioso della luce, ci dicono che il bianco riflette totalmente quello che riceve, tutta la luce e l’energia le restituisce; è il massimo possibile della luminosità: ogni altro colore assorbe in qualche misura. Il nero assorbe e trattiene totalmente senza riemettere nulla di quello che ha ricevuto e infatti gli oggetti neri si scaldano più di altri colori. Siamo quindi di fronte a colui che fa dono totale e senza riserve della propria vita: non fa di se stesso un recettore vorace di vita ma risponde con totale donazione all’amore con cui è stato amato.
Nessuno sulla terra è da se stesso in grado di riprodurre quel bianco. Ci sono però coloro che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’agnello e le hanno rese candide. I tre che sono con Gesù hanno visto un uomo che è luce e in lui non c’è tenebra alcuna, perché Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna e chi odia il suo fratello è nelle tenebre.
Trasfigurati. Queste vesti di Gesù sono uno degli effetti della sua trasfigurazione: innanzitutto, dobbiamo notare che non è Gesù che si trasfigura, ma che viene trasfigurato. Sappiamo che questo passivo indica una azione divina, del Padre. Ci aiuta anche sottolineare che il verbo usato indica il cambiamento di forma che avviene dopo essere stati con qualcuno. Allora quello che i tre apostoli vedono è ciò che accade a Gesù dopo essere stato con il Padre.
Chiaramente questo tema andrebbe approfondito, ma intuiamo che è vero che anche la nostra vita viene trasfigurata, cambia di forma, quando ciò che viviamo lo viviamo in relazione con Cristo che vince le nostre tenebre che rendono tutto oscuro, con un ombra di morte. Chi è presente a Cristo fa esperienza di bellezza anche nelle vicende più dure. È il suo perdono che ci trasforma, ci trasfigura.
Ci sono invece esperienze che ci sfigurano perché le viviamo o da soli o in compagnia di menzogne e inganni. Perdiamo così le sembianze umane e ci trasformiamo in serpenti, lupi e cani. Gesù viene trasfigurato e agli occhi di Pietro appare una bellezza. Dirà San Paolo che anche chi ha accolto il Vangelo riflette come in uno specchio la gloria del Signore e viene trasformato in quella medesima immagine secondo l’azione dello Spirito Santo.
Don Andrea Campisi
Pubblicato il 22.02.2024
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