L’agnello vince,
il lupo no
Dal Vangelo secondo Luca (10,1-9 forma breve)
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue
e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi quelli che vi lavorano!
Pregate dunque il signore della messe,
perché mandi chi lavori nella sua messe!
Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa,
né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”.
Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui,
altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo
di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa.
Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate
quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano,
e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
La nostra vita e la Parola
La messe. “Sebbene un sol lupo sia solito scompigliare un gregge grande quanto si vuole, le pecore ch'erano state mandate in mezzo a innumerevoli lupi ci andavano senza aver paura, poiché Colui che le mandava non le abbandonava. Ebbene, perché avrebbero dovuto temere d'andare tra i lupi coloro con cui c'era l'Agnello che ha vinto il lupo?”: così sant’Agostino commenta la celeberrima espressione di Gesù “vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Questi discepoli che vengono inviati come agnelli sono gli operai che il padrone della messe manda a lavorare. La messe è abbondante: Gesù guarda e vede una messe abbondante.
C’è un gran lavoro da compiere perché sono molti gli uomini che attendono qualcuno che venga a loro ad annunciare il vangelo. Come mai molti cristiani non sentono questa urgenza? Come mai tutta la attenzione cade su coloro che si allontanano dalla comunità cristiana e non si guarda a coloro che attendono spesso inconsapevolmente di incontrare qualcuno che porti a loro il regno di Dio? Come mai accade tante volte che invece di andare nella messe a mietere ci si riduce a curare le aiuole di fiori? Forse questo accade quando non abbiamo lo stesso sguardo di Cristo che guarda gli uomini e vede il reale bisogno che hanno. La messe è sua, gli uomini appartengono a lui, noi siamo chiamati a lavorare per lui.
Gli invitatii. “Non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada”. Sembra da maleducati non salutare, ma se un medico corre da un malato che ha bisogno di essere curato urgentemente non si ferma a fare convenevoli per strada, se una madre vede che il figlio è caduto rovinosamente accorre e non perde tempo a chiacchierare sul tempo.
C’è una urgenza che è l’annuncio del regno. Tale annuncio va fatto in una condizione di totale affidamento a Dio e agli uomini. Dio provvede ai suoi operai, gli uomini possono accogliere o rifiutare, ma proprio in questo sta l’amore: nel non obbligare, nel non imporsi, nell’essere disarmato.
Dio è così, povero e umile: è povero perché dona tutto, fino a donare se stesso, è umile perché non è orgoglioso ma si fa piccolo. Noi vorremmo essere ben corazzati e armati per convincere e vincere. Ma è l’agnello che ha vinto, non il lupo. L’agnello ha vinto facendosi sbranare. L’unica ricchezza che hanno questi inviati è l’essere in due: “li inviò a due a due davanti a sé”. La forza è l’amore fraterno, la comunione che è il contrario dell’individualismo e della autosufficienza. Per questo sono vittoriosi sugli spiriti immondi che creano la divisione con Dio e tra gli uomini.
Don Andrea Campisi