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Don Bertuzzi e don Mazzari legati da una grande amicizia


bertzzi

"Eravamo una piccola fraternità e l'amore fraterno ci dava coraggio e desiderio di lavorare per il Regno": così mons. Francesco Cattadori, presidente del Capitolo dei Canonici della Cattedrale, ha ricordato l’amicizia che lo legava a don Giuseppe Bertuzzi e a don Roberto Mazzari, morti a distanza di poco tempo: uno il 18 e l’altro il 21 luglio scorsi. Mons. Cattadori si è trovato di fronte a una doppia perdita che ha scosso profondamente il suo animo e, in un momento così difficile, ha voluto condividere con noi il suo dolore.

Don Bertuzzi, da francescano a prete diocesano

Nato il 16 giugno 1944 ad Agazzano, don Giuseppe Bertuzzi è stato ordinato sacerdote il 30 maggio 1998 all'interno dell'Ordine dei Frati minori conventuali (francescani di Assisi), a cui ha appartenuto fino al 2009, per poi incardinarsi nella diocesi di Piacenza-Bobbio.

Mons. Cattadori come è nata la vocazione di don Bertuzzi?

Lui amava raccontare che da giovane ha più volte pensato di dedicare la vita a una consacrazione, ma non l'ha mai attuata. È venuto a trovarmi ad Assisi, dove mi trovavo negli anni ‘90 per un periodo di studio e di riflessione, ed è rimasto entusiasta della vita dei giovani francescani. Allora ha iniziato a fare un cammino di esperienza con i frati fino a poi decidere di entrare nell’ordine, e nel 1998 è diventato sacerdote ad Assisi.

Poi don Bertuzzi nel 2009 ha chiesto di venire in diocesi a Piacenza. Come è avvenuto questo passaggio?

Don Giuseppe era laureato sia in Agraria che in Architettura, quindi era agronomo e architetto, in più era stato geometra ed aveva la praticità del cantiere. Nel tempo in cui era in convento con i frati c’è stato il terremoto ad Assisi, e non pareva vero ai frati, ai superiori, di avere a disposizione un geometra, un architetto, un agronomo, pratico del cantiere, molto stimato dai laici che lavoravano mandati dalla Sovrintendenza. Tutto ciò ha un po' smorzato quello che in realtà desiderava, lui voleva fare il frate e dedicarsi alla spiritualità. Pippo (così era chiamato da tutti) desiderava attuare la regola francescana in modo radicale. Fu così che maturò l'idea di tornare in diocesi per vivere da vero pastore. Siccome anch’io rientravo in diocesi dopo l’esperienza di Assisi, anche Pippo, incoraggiato dalla mia presenza, ha chiesto di entrare nella chiesa di Piacenza-Bobbio e gli è stata affidata la parrocchia di Caminata, ha poi domandato di essere incardinato nella diocesi e così è diventato sacerdote diocesano”.

Come ha vissuto, don Pippo la sua esperienza di parroco?

Ha vissuto fino alla fine come prete a Caminata, anche nell’ultimo periodo di malattia è sempre rimasto fedele alla sua chiesa ed è morto in canonica.

Della sua vita parrocchiale ricordo una cosa molto bella: il suo impegno con i ministri straordinari della Comunione. Avendo sotto la sua giurisdizione numerose chiesette, mandava i ministri straordinari a presiedere la celebrazione della parola, e con loro si trovava durante la settimana per preparare l'omelia insieme. La settimana seguente si ritrovava ancora con i ministri per vedere com'era andata la liturgia, per una revisione di gruppo. Questo progetto pastorale non c’era ancora in nessuna parte della diocesi, lo ha inventato lui insomma… Quindi ha lasciato un bel ricordo, infatti vedevo questi ministri, la maggior parte uomini, piangere al funerale…. Don Pippo aveva una bella intelligenza che ha tradotto nel ministero diocesano, trovando serenità e pienezza di vita.

Don Mazzari, da segretario vescovile a pastore

Nato l'8 ottobre 1945 a Cotrebbia, don Roberto Mazzari, è stato ordinato presbitero il 23 maggio 1970. Partendo dall’esperienza di segretario del Vescovo Enrico Manfredini, don Roberto si è poi spostato in molte parrocchie della diocesi per concludere il suo cammino a Rottofreno.

Mons. Cattadori, cosa ricorda di don Roberto?

Siamo stati entrambi segretari del Vescovo Enrico Manfredini e, subito dopo, lui ci ha mandato in montagna a Bardi dove abbiamo fatto cinque di vita comune come co-parroci.

È stato un periodo molto bello perché abbiamo collaborato senza fatica. La gente è rimasta colpita dal fatto che due preti lavorassero insieme nelle parrocchie, è stata una delle prime esperienze diocesane in cui due preti lavorassero alla pari.

Dopo Bardi, lui ha percorso varie parrocchie. Ad Agazzano ha fatto nascere l'oratorio, e si è trovato molto bene. Ha legato con molte persone, ha tirato su un bel gruppo di gente insomma… Poi è andato a San Colombano di Bobbio, in seguito a Tarsogno nel parmense e successivamente è venuto qua in città, nella parrocchia di San Corrado, dove ha incontrato un po' di fatica all'inizio. Infatti don Roberto amava più la parrocchia di campagna, era figlio di una famiglia che lavorava la terra. Infine nel 2016 è arrivato a Rottofreno che include Cotrebbia, il suo paese d’origine, dove sono stati celebrati i funerali. In questi ultimi anni di impegno pastorale percepiva però una aridità spirituale ed avvertiva che molti si allontanavano dalla chiesa.

Come era il carattere di don Mazzari?

Roberto era una persona molto riservata, di poche parole. Anche quando eravamo insieme a Bardi, non era il tipo esuberante, ma sempre molto contenuto, segretissimo… Se gli dicevi di non dire una cosa, piuttosto si faceva ammazzare, ma non la diceva. Poteva apparire un po' distaccato, invece se trovava un cuore che si apriva un po', ecco subito era l'amico fedele che aiutava, si faceva in pezzi per sostenere le persone. Con me era legato da una profonda amicizia, ogni martedì veniva a prendermi per andare a pranzare insieme a Cotrebbia nel ristorante dei suoi familiari. Ci siamo visti l’ultima volta al funerale di don Pippo, eravamo gomito a gomito…

Ritrovarsi nel Signore

Per mons. Cattadori questa duplice perdita di confratelli nel sacerdozio è stato un colpo duro che si attutisce solo nella luce della vita eterna. L'amore fraterno che univa questi tre uomini di Dio non ha conosciuto confini né distinzioni: insieme hanno condiviso gioie e dolori, speranze e tristezze, ma soprattutto hanno testimoniato con la propria vita il messaggio di amore e di compassione che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli. “Ora tocca a me” - ci dice con commozione don Francesco, ma aggrappandosi alla fede egli guarda in cielo dove vuole ritrovare i suoi amici.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 29 luglio 2024

Nella foto, don Mazzari e don Bertuzzi in vacanza a Levanto nel 2020

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