Il Natale cambia davvero il nostro modo di affrontare la vita quotidiana?
Alle messe in Cattedrale a Piacenza e a Bobbio e nel carcere delle Novate mons. Cevolotto si è interrogato
sul rapporto tra la festa e il buio che avvolge la storia
Gesù è luce, una luce che irrompe nel buio dell’angoscia e porta liberazione dove c’è oppressione. È in sintesi il messaggio lanciato dal vescovo mons. Adriano Cevolotto all’omelia della messa nella notte di Natale in Cattedrale. Nelle diverse celebrazioni - al mattino del 25 dicembre al carcere delle Novate e, a seguire, in Cattedrale a Piacenza e nella Concattedrale di Bobbio - si è interrogato sul rapporto tra il mistero dell’incarnazione - Dio che nasce nella storia - e la nostra vita di tutti i giorni.
La messa della Notte in Cattedrale
Il 31 dicembre 2023 - sintetizziamo le sue parole alla messa della Notte - ci eravamo augurati, come faremo anche tra pochi giorni, felice anno nuovo. Ma è evidente che l’anno che ormai si sta concludendo è stato attraversato da tante tenebre di morte. È il caso, per Piacenza, della recente morte della 13enne Aurora Tila e delle tante distruzioni che avvengono nel mondo e sembrano non avere fine; ed è anche il buio generato da un crescente numero di situazioni, personali o familiari nelle quali si è rotto l’equilibrio affettivo, relazionale ed economico. Situazioni a volte vissute nella solitudine, in cui non s’intravede un futuro. Che fare? Il modo di reagire più infantile sarebbe quello di nasconderci - noi, in prima persona - o di nasconderci la difficile realtà per illuderci che non esista. Oppure ci possiamo illudere di essere onnipotenti, ma ben presto sperimentiamo fragilità e solitudine. Che senso ha allora - si è chiesto - scambiarci l’augurio di buon Natale e di felice anno nuovo sapendo che qualche giorno di tenebre ci aspetterà? Augurare buon Natale non è augurare che non ci siano giorni di tenebre, ma che in essi risplenda una luce, la luce di Dio che, amandoci, viene a cercarci in ogni angolo buio della terra. La verità del Natale è questa: sperimentare di essere figlio, figlia cercato/a dal Suo amore invincibile. Mons. Cevolotto ha espresso anche la sua preoccupazione per le nuove generazioni che vengono cresciute nell’illusione ingannevole di essere senza limiti né regole, spesso senza riconoscere il valore e la necessità di avere un adulto accanto a loro. Le situazioni dolorose vengono rimosse per non stare male. I giovani sono circondati dalla tecnologia ma la vera abilità non è semplicemente quella di far funzionare gli ingranaggi della vita, ma di ricercarne il senso, scoprendo il bene che ci viene incontro e ci interroga.
La messa in carcere
Al mattino di Natale mons. Cevolotto ha celebrato la messa al carcere delle Novate. Papa Francesco ha dato inizio al Giubileo della speranza nella notte del 24 dicembre nella basilica di San Pietro a Roma, per poi aprire la seconda Porta Santa il 26 mattina nel carcere romano di Rebibbia. Nelle singole diocesi l’Anno santo si apre domenica 29 dicembre ma con la messa in carcere mons. Cevolotto ha voluto idealmente avviarlo a Piacenza: qui - ha detto in sintesi - la speranza è e dev’essere di casa. Da soli noi non riusciamo a mantenerla viva. È Gesù la nostra speranza, Colui che assicura un futuro a partire dal suo amore che non viene meno. Lui - ha aggiunto - è la luce che ci permette di fare verità su noi stessi. Verità su ciò che siamo stati, sulle nostre responsabilità ma anche sul nostro futuro con la sua capacità di aprire strade nuove e insperate. È la speranza che tiene viva la vita e apre il futuro. Mons. Cevolotto, a questo proposito, ha ricordato le parole di don Oreste Benzi, il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII: “non chiedere a chi bussa da dove viene, ma dove vuole andare”. Dio, sul piano storico, - ha detto ancora - è entrato nel mondo dalla sua periferia. Betlemme, infatti, era una periferia di Gerusalemme che invece era ed è il centro della fede del popolo ebraico. Ed anche la Galilea, dove si trova Nazaret, il luogo in cui Gesù è cresciuto, è la periferia di Israele e rappresenta un incrocio tra tante culture. Anche il carcere, di fatto, è uno dei luoghi di periferia di una città e della società e, se vale la logica di quel primo Natale di duemila anni fa, è uno dei luoghi preferiti da Dio per venire in mezzo a noi.
La messa nel giorno di Natale a Piacenza e a Bobbio
Che cos’è veramente il Natale che noi abbiamo rivestito di sentimenti, di doni e di festa, di luci? - si è chiesto mons. Cevolotto alla messa in Cattedrale a Piacenza e, nel tardo pomeriggio, nella Concattedrale di Bobbio. Siamo immersi - ha precisato - in una cultura caratterizzata dalla ricerca esasperata dello straordinario. Si vuole uscire dalla routine per cercare emozioni forti che siano in grado di dare gusto e sapore alle nostre giornate. La vita quotidiana, invece, viene vista come fonte di stress. Ma così facendo si impoverisce e si rende ancora più stressante la vita di ogni giorno con le sue relazioni e tutti i suoi impegni. La liturgia del Natale - ha aggiunto il Vescovo - ci porta a scoprire il rapporto tra la festa e la vita quotidiana, tra Betlemme, il luogo della nascita di Gesù e dell’annuncio di questa nascita dato ai pastori, e Nazaret, dove lui stesso trascorrerà tanti anni della sua vita. Come sarà il nostro 7 gennaio - ha aggiunto il Vescovo - quando si ritornerà a vivere il lavoro, la famiglia, le nostre responsabilità educative? Se il Dio che nasce a Betlemme è il Dio con noi che entra nella nostra storia, che cosa potrà cambiare nel nostro modo di affrontare la vita quotidiana? Il valore dell’esistenza sta nelle pieghe dei momenti semplici e nella loro cura; è lì che si manifesta la forza della luce dell’incontro con Dio, la bellezza di quell’inizio straordinario. Natale, paradossalmente, trova il suo valore nel momento in cui si conclude. Dio - ha concluso il Vescovo - ci dona il suo amore attraverso la porta della nostra umanità, non fuori del nostro tempo, ma in questo tempo in cui ci è dato di vivere, non in una comunità celeste e astratta, ma nella compagnia di fratelli e sorelle che ci ha messo accanto. Dio non ci lascia mai a terra, sempre ci risolleva. È Lui la nostra speranza e con la sua luce illumina il nostro cammino quotidiano.
Pubblicato il 26 dicembre 2024