Cattolici, ortodossi e valdesi-metodisti insieme in preghiera
“Noi crediamo in un solo Dio”. Lo ripetono all’unisono cattolici, ortodossi e valdesi-metodisti nella chiesa ortodossa russa di sant’Eustachio, dove mercoledì sera, 22 gennaio, si è tenuta una celebrazione ecumenica. L’incontro tra la chiesa ortodossa rumena, rappresentata da padre Iurie Ursachi, quella russa, da padre Grigore Catan, quella macedone, da padre Kliment Mishanj, quella valdese-metodista, dal pastore Nicola Tedoldi, e quella cattolica, dal vescovo mons. Adriano Cevolotto, è stato l’occasione per ribadire la comunione tra le diverse confessioni cristiane di Piacenza.
I concili ecumenici
“La fede non è un «fai da te» – ha detto nell’omelia mons. Cevolotto – ma nasce da qualcosa che ci viene tramandato. I grandi concili ecumenici sono stati decisivi, momenti in cui si è avvertito il bisogno di professare la vera fede in Gesù Cristo. Quest’anno sono 1.700 anni dal Concilio di Nicea, quando la Chiesa radunata nel Santo Sinodo condannò l’eresia ariana, arrivando ad affermare la verità di Gesù Cristo. Quest’anniversario è un momento ecumenico importante: oggi, in tanti dialoghi con altre religioni, Gesù Cristo è estromesso, si riconduce il discorso a un Dio senza volto. Il nostro Dio non può essere compreso se non per la vita, la morte e risurrezione del Verbo che si è fatto carne ed è venuto in mezzo a noi”.
“La nostra comunità integrata con responsabilità e partecipazione”
Padre Grigore Catan, da “padrone di casa”, ha presieduto la celebrazione. “Nel 2005 abbiamo cominciato con una piccola comunità ortodossa – ha ricordato – che oggi è cresciuta. E da quindici anni abbiamo questa bellissima chiesa grazie alla diocesi di Piacenza-Bobbio e alle istituzioni civili della città. Da rappresentante di questa comunità ringrazio le autorità e i cittadini di Piacenza, con cui la nostra comunità si è integrata con responsabilità e senso di partecipazione. Stasera ci riuniamo per questa preghiera ecumenica: crediamo che Cristo è risurrezione e vita. La storia dell’umanità ci ricorda, con la vicenda di Caino e Abele, quanto possiamo allontanarci dall’amore fraterno. È un valore che risuona in un’epoca che sembra passata, ma ancor oggi la violenza e l’ingiustizia non sono superate. Siamo qui per testimoniare che crediamo in un Dio che unisce e non divide. Portiamo al Signore non solo le nostre speranze, ma anche le nostre ferite, affidandoci alla sua guida. La presenza del Vescovo – ha concluso Catan – è il segno dell’unione che ci lega: quella di stasera è una testimonianza concreta di quest’umanità che Cristo ha desiderato per la sua Chiesa”.
Francesco Petronzio
Nella foto, da sinistra, padre Iurie Ursachi, padre Grigore Catan, mons. Adriano Cevolotto, il pastore Nicola Tedoldi e padre Kliment Mishanj.
Pubblicato il 23 gennaio 2025
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