I laici che vogliamo: non solo esecutori
“Potremmo iniziare il prossimo anno catechistico senza dire qual è la data della celebrazione dei sacramenti della prima comunione e della cresima nel percorso di iniziazione cristiana”. È, in sintesi, una delle provocazioni lanciate dal vescovo mons. Adriano Cevolotto all’incontro con sacerdoti e diaconi per la Festa del Sacro Cuore al Seminario vescovile di Piacenza. L’obiettivo, nel progetto del Vescovo, è far capire che andando a catechismo non ci si prepara semplicemente a un sacramento, a una celebrazione liturgica, ma all’intera vita cristiana, a seguire Cristo nella vita e a rispondere alla vocazione della propria esistenza. La fede e la vita vanno a braccetto.
Si pensa spesso solo al pranzo
Troppo spesso da parte delle famiglie sembra prevalere l’attenzione per gli aspetti organizzativi, a partire dal pranzo al ristorante con parenti e amici al termine della celebrazione. Se così non fosse, non ci sarebbe per tanti il fuggi fuggi dal catechismo e da un cammino di fede, ad esempio, una volta ricevuta la cresima. La preparazione a un sacramento, invece, richiede tempo e coinvolgimento di un bambino o di un ragazzo insieme alla propria famiglia. Per ciascuna persona serviranno tempi diversi per essere preparati; occorrerebbe perciò trovare il modo per sganciarsi dai meccanismi rigidi del seguire il percorso scolastico. Scelte coraggiose in questo campo - ha puntualizzato il Vescovo - richiedono però l’unità di tutti, altrimenti una famiglia che non condivide per svariati motivi questa logica si rivolge alla parrocchia vicina vanificando ogni tentativo di cambiamento.
La vera crisi delle vocazioni
L’intervento del Vescovo ha preso le mosse dalla crisi della vocazione e delle vocazioni. La crisi non riguarda solo i numeri delle ordinazioni sacerdotali e dei religiosi, sempre più in calo. La crisi si estende al matrimonio come appare nella vita di tante famiglie. Serpeggia nelle persone la paura di fare scelte definitive, per sempre. La vera crisi - sintetizziamo il pensiero del Vescovo - sembra essere quella di un uomo “senza vocazione”. Seconda questa prospettiva sarebbe inutile chiedersi qual è la mia vocazione; la felicità - ma sarà quella vera? - si raggiunge con il benessere psicologico (lo stare bene) e con il successo personale.
Laici: solo esecutori o capaci di condividere una responsabilità?
Gli interrogativi restano: che cosa possiamo mettere in atto per suscitare risposte vocazionali alla chiamata al sacerdozio? - ha aggiunto il Vescovo -. Siamo rassegnati alla mancata risposta vocazionale? O l’avvertiamo come una priorità pastorale ed ecclesiale? Da qui la riflessione si è allargata al servizio dei laici nella comunità cristiana.
L’esperienza ci dice - ha proseguito - che spesso abbiamo più laici esecutori di indicazioni ricevute - persone preziose che prestano qualche servizio - che non laici che condividono una responsabilità. Noi che tipo di laici stiamo preparando? Come stiamo lavorando per suscitare vocazioni che si assumano una responsabilità ecclesiale? La scelta della ministerialità che accompagna il cammino delle Comunità pastorali non vuol dire solo trovare forza lavoro in grado di risolvere i problemi. Come potremo formare queste persone? E come discernere le persone per capire se sono adatte per un determinato ministero? Ciascuno va accompagnato, cosa che richiede tempo ed energia. Il servizio di accompagnamento, che può essere fatto non per forza solo dai sacerdoti, ha un’importanza chiave.
Come sacerdoti testimoniamo la gioia della nostra vocazione?
Gli interrogativi - ha aggiunto il Vescovo - coinvolgono anche noi sacerdoti. Quanto siamo testimoni gioiosi della nostra scelta di vita, del nostro ministero, della fede? Siamo, in un certo senso ministri “in liquidazione”, senza più una vocazione, o conserviamo la gioia del dono ricevuto e dell’esperienza vissuta con Cristo?
Attenti alla storia
Per prepararsi a un servizio nella Chiesa, in base a una vocazione ricevuta, non servono autocandidature. Serve piuttosto la disponibilità a mettersi in discussione, alla conversione in senso evangelico, a vivere un tirocinio grazie al quale si verifica se siamo adatti oppure no per un determinato compito. Da ultimo, mons. Cevolotto si è chiesto se come comunità cristiana siamo attenti per raccogliere le provocazioni positive espresse dal mondo e dalla cultura odierna. Non deve mai mancare l’attenzione alla storia. I diaconi, grazie al loro impegno nel mondo - dalla famiglia al lavoro ad altri ambiti - ci aiutano a recuperare questa preziosa attenzione.
D. M.
Nella foto, il vescovo mons. Adriano Cevolotto e il vicario generale don Guseppe Basini all'incontro al Seminario per la Festa del Sacro Cuore.
Pubblicato il 5 giugno 2025
Pubblicato il 5 giugno 2025
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