Mons. Cevolotto al Giubileo dei Vescovi con il Papa
“Sei don Adriano?”. Non si vedevano da oltre quindici anni e nel frattempo sono diventati entrambi vescovi. Sono gli incontri che accadono al Giubileo nella basilica di San Pietro a Roma. Mons. Adriano Cevolotto ha così potuto ritrovare mons. Aurélio Pinto de Sousa, oggi alla guida della diocesi di Quixadá, nel Nord est del Brasile, nella zona di Fortaleza. Classe 1974, sacerdote dal 2007, a Roma ha conseguito il dottorato in teologia sacramentale al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Nel periodo trascorso nella capitale svolgeva durante le vacanze servizio pastorale a Treviso; lì ha conosciuto mons. Cevolotto quando era parroco a Castelfranco Veneto.
L’unità attorno a Pietro
“In questi contenti internazionali - commenta mons. Cevolotto - percepisci concretamente la dimensione universale della Chiesa. La Chiesa cattolica è costituita al suo interno da tante Chiese, da tante esperienze, tradizioni e culture che s’incontrano. Il Papa, per chi crede, è il segno vivente dell’unità nella molteplicità. Nel braccio di Costantino, il lungo corridoio che parte dal Portone di bronzo in Vaticano, eravamo assiepati in 400 vescovi che parlavano in tutte le lingue del mondo. L’unità attorno al Successore di Pietro non è un’astrazione, la si vive guardando a una persona, il Vescovo di Roma; è un’unità che appartiene al paradigma cristiano dell’incarnazione e di una fede che entra nella storia attraverso persone, incontri, luoghi, fatti concreti”.
“Salutami mons. Ambrosio!”
Fra gli altri incontri, anche quello con mons. Virgil Bercea, vescovo di Oradea Mare dei greco-cattolici di Romania. Nato nel 1957, quando la Chiesa greco-cattolica era stata messa fuori legge dallo Stato comunista rumeno, è diventato sacerdote clandestino nel 1982. Neppure i suoi i genitori lo sapevano; in questo modo non avrebbero avuto problemi con il regime comunista. “Salutami mons. Ambrosio!”, ha detto a mons. Cevolotto. Con il Vescovo emerito di Piacenza hanno infatti lavorato insieme alla Comece, la Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea che ha sede a Bruxelles in Belgio.
Da Piacenza a Roma
Il giorno prima del Giubileo dei Vescovi si è svolto l’incontro, sempre nell’ambito dell’Anno Santo, tra Leone XIV e 4mila seminaristi che provenivano da 56 nazioni. C’era anche una folta rappresentanza del Collegio Alberoni: 23 seminaristi, il rettore padre Nicola Albanesi, alcuni altri sacerdoti e docenti e il direttore spirituale don Michele Malinverni. Hanno trascorso i giorni a Roma dormendo a Casa Maria Immacolata delle Figlie della Carità e consumato i pasti al Collegio Leoniano nel quartiere Prati, una delle strutture gestite dalla Congregazione della Missione. Gli studenti del Collegio Alberoni, grazie a mons. Massimo Cassola, in servizio al Dicastero dei Vescovi, hanno potuto svolgere il servizio liturgico alla messa in San Pietro presieduta dal cardinale canadese Marc Ouellet.
L’entusiasmo dei seminaristi
“Mi ha colpito - racconta mons. Cevolotto - il grande entusiasmo dei seminaristi di fronte a papa Leone: per nulla non ingessati, cantavano, applaudivano, è bello che sia così. In una vocazione, in ogni vocazione, si corre sempre il rischio nel corso della vita di smarrire l’entusiasmo, di dimenticarci dell’innamoramento degli inizi. È stato vissuto intensamente anche il pellegrinaggio a piedi da piazza Pia, a ridosso del Tevere, lungo via Conciliazione fino alla basilica di San Pietro con il passaggio della Porta Santa. È un percorso che isola dalla confusione che si ha attorno e aiuta a concentrarsi nella preghiera”.
“Andate controcorrente”
Leone XIV il 25 giugno al Giubileo dei Vescovi ha tracciato il profilo dei Pastori, che sono prima di tutto “pecore del gregge del Signore” poi pastori, testimoni di speranza. “A volte, annunciare che la speranza non delude - ha detto il Papa - significa andare controcorrente, persino contro l’evidenza di situazioni dolorose che sembrano senza via d’uscita. Ma è proprio in quei momenti che può meglio manifestarsi come il nostro credere e il nostro sperare non vengano da noi, ma da Dio”.
Se il cammino diventa faticoso
Il primo tratto che il Papa sottolinea è che il Vescovo “è il principio visibile di unità nella Chiesa particolare a lui affidata”, valorizzando il contributo di doni diversi. Fede ma anche speranza, il Vescovo è colui che “quando il cammino del popolo si fa più faticoso, aiuta a non disperare: non a parole ma con la vicinanza”. L’azione del Vescovo di accompagna ad alcune virtù: la carità pastorale del vescovo (“il Vescovo dà esempio di amore fraterno”), la prudenza pastorale in uno stile di sinodalità, la povertà, la perfetta continenza nel celibato e le virtù umane.
La castità è una forma di povertà
Altre virtù vanno coltivate: “la lealtà, la sincerità, la magnanimità, l’apertura della mente e del cuore, la capacità di gioire con chi gioisce e soffrire con chi soffre; e così pure il dominio di sé, la delicatezza, la pazienza, la discrezione, una grande propensione all’ascolto e al dialogo, la disponibilità al servizio”.
Lavorare sull’interiorità
Nella basilica Vaticana si è svolto anche l’incontro di Leone XIV con i futuri sacerdoti riuniti a Roma per il loro Giubileo. In una società e in una cultura caratterizzate da conflitti e narcisismi, ha detto il Pontefice, i seminaristi sono chiamati ad amare “con il cuore di Cristo”, dicendoGli sì “con umiltà e coraggio” e lavorando sulla propria interiorità: “Scendere nel cuore a volte - ha precisato - può farci paura, perché in esso ci sono anche delle ferite. Non abbiate paura di prendervene cura, lasciatevi aiutare, perché proprio da quelle ferite nascerà la capacità di stare accanto a coloro che soffrono. Senza la vita interiore non è possibile neanche la vita spirituale, perché Dio ci parla proprio lì”. “Strada privilegiata” che conduce nell’interiorità, ha continuato Leone XIV, è in primo luogo la preghiera che, in un’epoca di iper-connessione, consente di cogliere la presenza di Dio e di conoscere veramente sé stessi, anche in relazione al mondo circostante.
Le crisi servono
Altrettanto importante è il discernimento, quello che - sul modello di Maria - rende capace di “mettere insieme i frammenti”, i sogni, i desideri e le ambizioni che affollano il cuore, a volte in modo confuso. “Guardatevi dalla superficialità” è dunque il monito del Papa ai seminaristi, respingendo “ogni mascheramento e ipocrisia”: “Tenendo lo sguardo su Gesù, bisogna imparare a dare nome e voce anche alla tristezza, alla paura, all’angoscia, all’indignazione, portando tutto nella relazione con Dio. Le crisi, i limiti, le fragilità non sono da occultare, sono anzi occasioni di grazia e di esperienza pasquale”. Da ultimo, un invito: “non giocate mai al ribasso, non accontentatevi, non siate solo ricettori passivi, ma appassionatevi alla vita sacerdotale, vivendo il presente e guardando al futuro con cuore profetico”.
Nelle foto: dall'alto, Mons. Cevolotto saluta papa Leone XIV al Giubileo dei Vescovi;
Mons. Cevolotto insieme a mons. Aurélio Pinto de Sousa, alla guida della diocesi di Quixadá in Brasile;
il gruppo dei seminaristi del Collegio Alberoni nella basilica di San Pietro con il vescovo mons. Adriano Cevolotto, il rettore padre Nicola Albanesi, mons. Massimo Cassola, officiale del Dicastero dei Vescovi, don Giuseppe Porcari, sacerdote piacentino studente al pontificio Istituto Biblico, il direttore spirituale don Michele Malinverni e gli altri sacerdoti formatori.
Pubblicato il 26 giugno 2025
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