No all'utero in affitto
No all'utero in affitto
L’appello delle femministe francesi e la storia di Elisa Anne
Donne, femministe, filosofe, ricercatrici di varie discipline. E le associazioni di lesbiche. In Francia, sono loro a scendere in campo per chiedere l’abolizione universale della “Gpa” (“gestazione per altri”), in italiano “maternità surrogata” o “utero in affitto”. Combattono contro la mercificazione del corpo della donna pagata o sfruttata per far nascere bambini che “saranno consegnati ai loro committenti”.
“La nascita e il bambino stesso - sottolinea Marie Jauffret, presidente del Collettivo CoRP, una delle associazioni promotrici della Carta con il Collectif National pour les Droits des Femmes e la Coordination Lesbienne en France - non possono entrare in un sistema di produzione e di scambio senza che con questo vada a ledere il diritto delle persone. Riteniamo che le leggi costituiscono il solco entro il quale si definisce l’umanità. Solo le leggi possono garantire la giustizia, la pace, la libertà, l’uguaglianza e la dignità degli esseri umani. Oggi questi valori sono messi in discussione dal neo-liberalismo e dalla sviluppo delle biotecnologie che rischiano di ridurre le persone a materiale biologico o a prodotto”.
Solo il giorno della presentazione, a Parigi, hanno raccolto oltre 500 firme. È possibile aderire firmando on line all’indirizzo http://abolition-gpa.org/charte/italiano.
“Stop surrogacy now. It hurts mother and it hurts children (Fermate la maternità surrogata adesso. Fa male alla madre e fa male ai bambini)”. La voce trema, dall’altro capo del telefono. Elisa Anne Gomez, americana del Minnesota, è in Italia, invitata dall’associazione Pro Vita Onlus, per denunciare la sua storia di madre surrogata. Abbandonata dal marito, con due figli da mantenere e tre lavori che non le permettevano di arrivare a fine mese, “per disperazione” - usa proprio questa parola - in cambio di ottomila euro nel 2006 accetta di vendere ovociti e di portare in grembo, per altri, una nuova vita. “Il patto era che avrei potuto vedere regolarmente la bambina e sarei sempre stata considerata sua madre”. Invece, dopo il parto, Elisa Anne viene “scaricata” - anche queste sono parole sue - davanti casa. I due se ne vanno portandosi via la bambina. “Mi sentivo come se la mia bambina fosse morta, e come se io fossi diventata il fantasma di me stessa. La coppia ha tagliato le comunicazioni e lasciato lo Stato senza darmi alcuna informazione. Nessuno dei due era sul certificato di nascita, al momento, e legalmente, è stato un rapimento. Ho contattato le autorità, ma sono stata trattata come se mia figlia non fosse mia”. Il giudice che deve decidere del suo caso la liquida infatti come “donatore di materiale genetico”.
“È una donna molto coraggiosa, perché dando la sua testimonianza rischia grosso”, spiega Toni Brandi, presidente di Pro Vita Onlus. Brandi sarà a Piacenza sabato 13 febbraio alle ore 10.30 alla parrocchia dei Santi Angeli Custodi di Borgotrebbia per parlare di famiglia, vita, utero in affitto e tanti altri temi di strettissima attualità affiancato da Alexey Komov, presidente del Congresso Mondiale delle Famiglie, ambasciatore all’Onu e portavoce del Patriarcato di Mosca.
Leggi il servizio alle pagine 11 e 13 dell’edizione di venerdì 5 febbraio 2016.