Leone XIV in Turchia e in Libano. Mons. Kmetec: «Ci invita a resistere alla violenza e credere nella speranza»

Dal 27 novembre al 2 dicembre il Papa sarà in Turchia e in Libano nel suo primo viaggio apostolico.
“Il Papa porta un messaggio di speranza: “Perseverate, siate forti, siamo con voi”. La sua presenza prima in Turchia e poi in Libano è anche un appello rivolto alle autorità che hanno voce in Medio Oriente, affinché si rendano conto che Dio — il Dio in cui crediamo tutti, musulmani, cristiani e ebrei — ci chiede giustizia e rispetto per la dignità umana”. Abbiamo chiesto a mons. Martin Kmetec, arcivescovo metropolita di Smirne e presidente della Conferenza episcopale della Turchia, di ripercorrere il programma del viaggio di Papa Leone XIV in Turchia all’indomani della pubblicazione ufficiale da parte della Santa Sede del programma del Viaggio Apostolico del Santo Padre.
— Il Papa arriverà il 27 novembre ad Ankara, dove dopo la cerimonia di benvenuto presso il Palazzo Presidenziale, visiterà il Presidente della Repubblica Erdoğan e subito dopo incontrerà le autorità, la società civile e il corpo diplomatico. Perché la Turchia teneva così tanto alla visita di Papa Leone?
Sicuramente la figura del Papa è molto importante per la Turchia, già a partire da Papa Francesco. Questo perché il Pontefice rappresenta posizioni rilevanti nella politica mondiale. Inoltre, pur essendo un leader religioso, il Papa incarna una figura di grande rilevanza globale, soprattutto sul piano morale. Non si tratta di un’autorità sostenuta da armi e potere, ma di un’autorità morale, e in questo senso possiamo dire che il Papa rappresenta la coscienza morale del mondo contemporaneo. E’ una figura universale per la sua influenza globale.
— Che cosa vi aspettate da questi incontri?
È importante che la Turchia accolga con apertura il nuovo Papa, successore di Francesco. Questo gesto rappresenta un segnale positivo di apertura anche verso il cattolicesimo e la presenza della Chiesa Cattolica nel Paese, così come nei confronti dei cristiani in generale. Possiamo affermare quindi che, tra i leader religiosi nel mondo il Papa riveste un ruolo straordinario. Anche in questo senso, la Turchia ne riconosce l’importanza.
— Nel secondo giorno della visita, ci sarà l’abbraccio della piccola ma viva comunità cattolica al Santo Padre. È previsto un incontro di preghiera con i vescovi, i consacrati e gli operatori pastorali. Eccellenza, cosa vi aspettate da questo momento?
Ci aspettiamo un gesto di paternità profonda, un abbraccio che ci faccia sentire riconosciuti e valorizzati. Speriamo che questo incontro ci renda ancora più consapevoli dell’importanza della nostra presenza in Turchia. È un grande segno di comunione tra noi, piccola minoranza, e la Chiesa universale.
— Che parola vi aspettate da Papa Leone?
Ci aspettiamo semplicemente ciò che lo Spirito Santo ispirerà al Santo Padre. Ma confidiamo che ci dica: siate forti nella fede, perseverate nel cammino della speranza e, soprattutto, che ci esorti a rimanere saldi nell’amore.
— Un altro momento significativo sarà la visita alla casa di accoglienza per anziani gestita dalle Piccole Sorelle dei Poveri. Che Chiesa è quella turca?
La visita a questo istituto di suore che si prendono cura degli anziani, è molto simbolica. In origine era destinato prevalentemente ai cristiani, ma oggi è aperto a tutti. In realtà, lo è sempre stato: è un grande servizio offerto dalle Piccole Sorelle dei Poveri. Mi viene in mente che la civiltà contemporanea tende a escludere gli anziani: li tiene ai margini, lontani dai media, da tutto ciò che è apparenza ingannevole. Sono esclusi perché rappresentano la verità della vita, la sofferenza, e ci pongono domande profonde sul senso dell’esistenza. Credo pertanto che questa visita voglia dire proprio questo: come Papa Francesco ha spesso ricordato ai giovani, “imparate dai vostri nonni”. È un invito a riscoprire la dignità di ogni persona umana, che va rispettata dalla nascita fino alla morte. È l’espressione della Chiesa che si fa solidale con chi è fragile, con chi si avvicina al termine del suo cammino.
— Poi c’è la partenza in elicotttero per Nicea: possiamo dire che è uno degli obiettivi principali di questo viaggio perché ricorrono i 1700 anni dal Concilio. Ma qual è oggi il messaggio che da Nicea giunge al mondo cristiano?
Il messaggio fondamentale è prima di tutto la professione della fede. Non si tratta solo di un testo, ma di un atto che si rinnova continuamente in ogni sacramento, in particolare nel battesimo e nella celebrazione eucaristica domenicale. La professione di fede in Dio, uno e trino, esprime una visione del mondo: un’immagine di Dio che è comunione e amore.
— Eppure, questa immagine oggi è fortemente ferita. Viviamo in un mondo segnato da guerre, odio e divisioni.
Proprio per questo, il messaggio di Nicea è oggi più attuale che mai. Soprattutto in questi territori dove ci sentiamo piccoli e fragili, questo messaggio assume una forza straordinaria: resistere alla violenza, opporsi ai sogni di grandezza e potere, e credere che l’ultima parola sulla storia appartenga a Dio. In fondo, il mondo che vediamo oggi, non è l’ultima forma dell’esistenza umana.
— Il Papa in Turchia è anche un abbraccio fraterno con il Patriarca Bartolomeo, un gesto carico di significato. Come viene atteso il Papa dal Patriarca Bartolomeo? E come vede lei questi due leader, questi due grandi “polmoni” della Chiesa Universale?
Il Patriarca Bartolomeo è privo di ogni forza esteriore, ma non per debolezza: la sua è una posizione di umiltà, di piccolezza che, paradossalmente, diventa forza. Mi viene da dire che è proprio la gloria che Cristo ha mostrato sulla Croce. D’altra parte, questo incontro con papa Leone mostra anche i passi che la Chiesa Cattolica ha compiuto per sanare le ferite della storia e delle divisioni. È un segno importante anche per tutti gli altri capi della Cristianità: l’invito a umiliarsi, a inginocchiarsi davanti all’altro, non solo per chiedere perdono, ma per cercare la comunione e riconoscere la presenza di Cristo nel mondo.
— Significa che ogni ferita può essere guarita.
Sì, assolutamente.
— Perché il Papa e il Patriarca hanno voluto concludere questa visita e questo incontro con una dichiarazione congiunta?
Perché ogni incontro ha bisogno di una traccia, anche in senso cronologico. Probabilmente si proseguirà sulla linea tracciata da Papa Francesco, ma non sappiamo ancora cosa emergerà da questo testo nuovo: speriamo in una bella sorpresa. Sicuramente ci sarà l’espressione di fiducia, di amore e di speranza verso le Chiese sorelle. Una traccia ma per proseguire il cammino.
— Il Papa proseguirà il suo viaggio verso il Libano: quale messaggio intende trasmettere al mondo, partendo proprio dal cuore di un Medio Oriente in fiamme, che fatica a trovare la pace.
Sì, il Libano è un paese profondamente ferito. Sta attraversando una crisi economica devastante, aggravata dallo sfruttamento e dai conflitti internazionali. Questo piccolo paese sta pagando un prezzo altissimo, e in modo particolare lo stanno pagando i cristiani. Possiamo considerare questo viaggio come un atto di profonda vicinanza verso tutti i cristiani del Medio Oriente dove mancano le condizioni minime di pace e prosperità. Si tratta di comunità piccolissime, sempre più ridotte, che si confrontano ogni giorno con la violenza e con gli interessi del mondo. Ecco perché il Papa porta un messaggio di speranza: “Perseverate, siate forti, siamo con voi”. È anche un appello rivolto alle autorità che hanno voce in Medio Oriente, affinché si rendano conto che Dio — il Dio in cui crediamo tutti, musulmani, cristiani e ebrei — ci chiede giustizia e rispetto per la dignità umana.
M. Chiara Biagioni
Pubblicato il 30 ottobre 2025
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