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Uno sguardo nuovo sulla persona con disabilità

copertina pantrini

L’ha voluto dedicare a Giancarlo e Rosetta Bianchini, “pionieri” – con la nascita dell’associazione Assofa – nel dissipare quel velo di Maya che impedisce di vedere la persona con disabilità con le sue potenzialità, andando oltre pregiudizi, apparenza, difficoltà di comunicazione o di comportamento. Non è un semplice saggio, quello che Paolo Pantrini ha appena pubblicato per Effatà Editrice – è nelle librerie dal 18 luglio – con il titolo, appunto, “Oltre il velo di Maya della disabilità. Educatori in cerca di senso”. Frutto della sua tesi in Scienze dell’educazione e della formazione alla sede di Piacenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, relatori il professor Daniele Bruzzone e la professoressa Elena Zanfroni, Pantrini sa unire un solido impianto scientifico-pedagogico con la sua esperienza sul campo accanto a persone con disabilità. Senza dimenticare le sue “passioni”, dai cammini alla letteratura, passando, tra i tanti richiami, per Tolkien, Camilleri e la poesia.

La presentazione il 22 luglio alla libreria Fahrenheit

Nel riprendere il suo lavoro di tesi – Pantrini nel 2023 ha conseguito la seconda laurea, dopo quella in Scienze sociali per la ricerca e le istituzioni del 2015 – è stato spinto dal desiderio di aprire uno spazio di condivisione e confronto con altri educatori che, come lui, fanno esperienza quotidiana di successi e fallimenti. Con una consapevolezza: “Come la vita, anche l’educazione è un cammino che si fa insieme. Non si tratta di insegnare o di ottenere risultati per la propria gratificazione, ma di mettersi a fianco della persona, di diventare compagni di viaggio, mettendosi a disposizione per aprire, nella concretezza, strade e direzioni che all’inizio, magari, sembravano impossibili”. E infatti il libro non si presenza come una guida al “come fare” ma come un percorso di ricerca applicata alla pratica che delinea un “così si può fare”.
La presentazione di “Oltre il velo di Maya” è in programma martedì 22 luglio alle ore 18 alla libreria Fahrenheit 451 di via Legnano a Piacenza. Oltre all’autore, intervengono Lidia Frazzei del Centro Servizi per il Volontariato e l’educatrice e musicoterapeuta della globalità dei linguaggi Silvia Casaroli.

pantrini paolo

Paolo Pantrini, educatore professionale per Assofa, autore del libro.

— Paolo, perché questo libro? Cosa ti ha spinto alla pubblicazione?

In sede di discussione, la commissione aveva valutato la mia tesi come un lavoro interessante, era un peccato rimanesse chiusa in un file. Ma era un testo lungo, corposo, articolato. Ci ho lavorato sopra per produrre un saggio da condividere con altri, che potesse suscitare domande, dar vita a uno scambio e a un confronto con altri educatori.

— Perché infatti questo libro è molto più di un saggio teorico, nasce dalla tua esperienza. Tu scrivi che fare l’educatore è intraprendere un viaggio? Cosa hai scoperto in questo cammino?

Per me non solo fare l'educatore è un viaggio, ma la vita stessa è un viaggio. Sono appassionato di cammini e pellegrinaggi a piedi, mi riconosco molto in questa dimensione. E il cammino – anche come educatore – è sempre un cammino di scoperta degli altri e anche di se stessi. E come tutti i cammini, sia quelli “fisici” che interiori, porta ad affrontare tratti più semplici, più sicuri, più segnati, insieme a tratti più faticosi, impervi. La pratica educativa conosce momenti di scoramento, perché per esempio fatichi a rapportarti con una persona, non trovi risposta al tuo impegno, vai incontro a un fallimento che potresti considerare tuo, magari lo è, magari è dovuto ad altre variabili. Lavorando nella disabilità, si incontrano persone che talvolta possono avere dei peggioramenti ineludibili dovuti a un decadimento neurologico, a un decadimento fisico, oppure ci sono problematiche organizzative che non ti consentono di gestire l'attività come vorresti. O ancora può succedere che la persona con cui lavori, con cui ti sei dato degli obiettivi, è malata e resta assente per un lungo periodo.

Un cammino da fare insieme

— L’educatore insomma deve essere pronto a tutto. Cosa lo motiva? L’orizzonte del risultato?

La parola risultato per me è da ponderare con molta attenzione, perché dà l'idea di un obiettivo, di una conquista. Ma l’altro ha una sua vita che non deve essere la nostra conquista, deve essere un percorso condiviso, raggiunto insieme, anche perché scopri che nulla lo raggiungi con le tue sole forze, ma quello che raggiungi è perché si è creata un'intesa con la persona con cui lavori, e insieme si è scoperto la bellezza del fare insieme. Prima di tutto io come educatore sono riuscito a cogliere che l'altro ha una potenzialità, che non è necessariamente qualcosa di notevole, di visibile. Per esempio, al centro estivo seguivo un giovane adulto, di 18 anni, con una sindrome piuttosto rara: per lui il momento più difficile, paradossalmente, era quello del pasto. Non voleva mangiare, scappava, si buttava a terra... Lì si è trattato di ottenere la sua fiducia per arrivare a gestire quel momento in modo da poter mangiare, se non tutto, almeno qualcosa, e farlo con serenità.

— Come si conquista la fiducia?

Conoscendo la persona e non cedendo alla tentazione di arrendersi. La potenzialità dell’altro va vista nella concretezza del quotidiano, non è qualcosa di astratto, non è una questione mia personale di autostima, di ambizione, di una mia visione della vita o della società. Va concretizzata nella storia di vita della persona. Il filosofo McIntyre – mancato a maggio – ci ricorda che la persona è un’unità narrativa, che ha un passato, un presente, ma anche un futuro che si apre. Il protagonista non sono io, è l’altro. Nel caso che ho citato, il “compito” che si apre èa affrontare il momento del pranzo, con, da parte mia, la speranza che sia possibile. Una speranza da intendersi non in senso emotivo – è facile, vogliamoci bene – ma nel senso di prendere coscienza che di fronte a delle difficoltà, a delle fatiche, a dei fallimenti miei e suoi, c'è un oltre possibile. Usando la suggestione del cammino, dopo la salita impervia, dopo la discesa ghiaiosa, c'è una meta. Io devo mettermi in un atteggiamento di consapevolezza per poter scorgere che è veramente possibile e per vedere che quella persona può effettivamente avere un potenziale e può realizzarsi nella sua storia di vita.

La bellezza del lavoro di relazione

— Un sociologo che diventa educatore: come mai?

Avevo già lavorato per un periodo da Assofa tra il 2015 e il 2019 e nel frattempo avevo fatto ricerche in ambito sociologico e politologico con particolar riferimento al terzo settore e alle politiche di welfare. Sono entrato poi in una start up di Milano per un lavoro più di organizzazione del database, un lavoro da computer e scrivania. Allo scoppio del Covid, ero in smart working. Sono tornato in Assofa da volontario, confesso prima di tutto perché avevo del tempo libero e uscire e vedere persone mi rasserenava. Inoltre, essendo in smart working, non ero a rischio di contatti con l’esterno. Ho iniziato a riscoprire la bellezza di un lavoro di relazione, in cui si cresce e si può costruire qualcosa insieme.

— E in questo nuovo sentiero che ti si è aperto davanti Paolo cosa ga scoperto di sé?

È difificle rispondere perché non si smette mai di imparare, non si smette mai di scoprirsi. Sicuramente per avere la capacità di cogliere i significati bisogna essere in grande armonia sia con se stessi che con gli altri e questo richiede anche una grande conoscenza di sé. Per esempio io in questi anni accanto alla bellezza dei cammini ho scoperto la bellezza degli eremi, di un tempo da dedicare a se stessi in armonia con il creato e, per chi ci crede, con Dio. L’altra cosa importante è rispettare i tempi propri e i tempi degli altri: non tutto arriva subito, non sempre si realizza come io l'avevo preventivato, magari la vita prende strade diverse, bisogna avere la giusta flessibilità per adattarsi allo svolgersi dei fatti e delle persone che come tali hanno la loro ricchezza, la loro imprevedibilità. E ho imparato anche a mettermi in discussione.

Giancarlo e Rosetta, pionieri di uno sguardo nuovo sulla disabilità

— E la scelta di dedicare il libro a Giancarlo e Rosetta Bianchini invece dove nasce?

Questo libro nasce dalla mia esperienza concreta all'interno di Assofa, quindi se loro non ci fossero stati, se non avessero avuto lo sguardo profetico di dar vita a questa esperienza, anche la mia traiettoria di vita avrebbe avuto un'altra direzione. Giancarlo e Rosetta hanno avuto la grande capacità, ormai 40 anni fa, di credere che ci fosse bisogno di uno spazio dedicato alle persone con disabilità, perché potessero realizzarsi al di là di quelli che all'epoca - ancora più che oggi - erano pregiudizi, con una visione deterministica, molto medicalizzata, della disabilità. Loro hanno saputo vedere persone a 360 gradi, con bisogni di tempo libero, bisogni di spiritualità, bisogni di socialità. Questo sguardo ha dato vita a un progetto che è tuttora in corso. Hanno insomma aperto una storia che ha grande valore sul piano pedagogico, antropologico, oltre sociale. E hanno anche avuto la capacità di credere in chi adesso è lì come educatore, assistente, o volontario.

Barbara Sartori

Pubblicato il 21 luglio 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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