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I Farnese tornano a Piacenza in un gioco teatrale di realtà e immaginazione

teatro


 

“In virtù di quell'amore che predicate emanato da Dio, prometti: se a Laura (nostra figlia) non è concesso il dono della santità, allora Ti prego, lascia che io leghi altro mio sangue alla Tua persona. Rendi cardinale mio fratello Alessandro, affinché ogni mia macchia di peccato sarà lavata avvicinando sangue del mio sangue alla Santità. Volete sentire la verità dalle mie labbra una volta per tutte?! La mia condanna, che voi potete alleviare solo con quel gesto misericordioso?! Io Vi amo con tutta me stessa, da sempre e per sempre”.
“E vostra sarà la Nostra volontà, per sempre”.

Un confronto appassionato

A prendere corpo nella Sala Craviani dei Musei Civici di Palazzo Farnese sono Giulia Farnese, detta “La Bella”, e papa Alessandro VI Borgia, al secolo Rodrigo. Amanti uniti in un'intensa relazione extraconiugale, proprio il fortissimo ascendente che Giulia Farnese esercita sul Borgia le consente di ottenere la nomina a cardinale del fratello Alessandro, futuro Papa Paolo III. Il tormentato, gustoso e appassionato confronto tra i due, con un Alessandro VI sconvolto da morbosa passione che passa dalla minaccia di scomunica alla propria amata ad inginocchiarsi “come un bimbo assetato di latte materno” per implorarla di non abbondarlo, è il suggestivo inizio della prima puntata di “Saga Farnese”.
Un progetto che ha visto il suo esordio il giorno dell'Immacolata, ideato dalla compagnia teatrale milanese e piacentina Guinea Pigs grazie al bando Giovani Protagonisti del Comune di Piacenza. Eclettici interpreti dei personaggi della nobile famiglia che di volta in volta prendono vita nelle sale di Palazzo Farnese fino alla Cappella Ducale, la piacentina Letizia Bravi e il milanese Marco De Francesca: attori e inventori di un gioco teatrale a più ruoli al confine tra realtà e immaginazione, con la giovane e promettente piacentina Alice Robbi in funzione di guida.
La loro “Saga Farnese” non è quindi una rievocazione storica, ma spassosa e attualizzata riscrittura di fatti realmente accaduti che per duecento anni hanno portato Piacenza al centro della scena nazionale e che tutt'ora ci toccano da vicino per le bramosie di ascesa al potere; perché si tratta della nostra storia cittadina. Uno spettacolo contemporaneo, divertente, di marcato sapore scespiriano per chi voglia conoscere e ricordare la Storia percorrendo le sale in cui i personaggi dei Farnese si mossero al loro tempo. Un'occasione validissima e inedita di valorizzare le preziose ricchezze culturali e turistiche del territorio.

Il pubblico protagonista

Protagonista di questo viaggio nel tempo con radici affondate nel presente, è naturalmente il pubblico, condotto tra una stanza e l'altra dalle parole all'azione grazie agli interventi narrativi della giovane guida, conditi da scherzose considerazioni meta- teatrali degli attori sulla fluidità dei ruoli interpretati e dai coinvolgenti intermezzi musicali della violinista Emanuela Mosca del conservatorio Nicolini.
Elevati a immaginare passaggi temporali e personaggi rappresentatati, gli spettatori diventano allora indispensabile spalla degli attori, coro itinerante che li accompagna a distanza ravvicinata, testimoni diretti e interrativi in questo primo episodio della Saga di intrighi, conflitti e interessi politici che portarono Pier Luigi Farnese alla guida del Ducato di Parma e Piacenza: dai legami amorosi e di potere tra Giulia e Papa Borgia, all'ascesa al Papato del cardinale Alessandro, padre del duca di Parma e Piacenza. Quel Pierluigi Farnese, che dopo una vita di corruzione, prepotenze e dissidi famigliari cadrà bersaglio di una brutale congiura ordita dal Gonzaga, dal conte Anguissola e da altri sodali.

Il tocco pop

Bravi gli attori ad impersonare i fantasmi del duca in una lugubre notte di chiara impronta scespiriana che precede l'assassinio. Gli spiriti del passato di Pierluigi, vittime delle sue violenze impersonati da Letizia Bravi, si affacciano alla mente del duca e al pubblico dal meraviglioso balconcino della Cappella Ducale, mentre il malcapitato (Marco De Francesca) si affanna tra l'incomprensione di angosciosi presagi e l'irrisione di stupidi sogni notturni.
Uno spettacolo dove perfino le guittate e gli effetti comico - patetici diventano testorianamente mezzo per mettere i piedi nella Storia, per sottolineare l'efficacia della personificazione di molteplici ruoli (maschili o femminili che siano importano interpretazione e immaginazione), per mettere a nudo gli snodi narrativi fondamentali; ma soprattutto per riflettere su dinamiche di potere che oggi come allora ci accompagnano.
Un'operazione in sottile equilibrio tra divertimento, filologia e scavo psicologico che non sarebbe stata possibile senza il drammaturgo Luca Rodella e la consulente storica Letizia Bonvini; con un felice tocco pop caro a chi vuole incontrare la Storia fuori dai libri per vederla incarnarsi nel qui e ora, sposata ad una scenografia d'eccezione. Fino all'ultima scena, dove accanto alla ferocia dell'omicidio c'è spazio per l'umanità del dubbio dei congiurati e anche per qualche battuta in dialetto rivolta al pubblico, popolo piacentino: “Pier Luigi Farnese 'l'è mort' non per mani assassine, ma ancora tremanti”; quelle di chi è stato al suo fianco per tanti anni e ha vissuto in prima persona i suoi soprusi e le sue ombre morali. Sicuri che Shakespeare avrebbe applaudito lo spettacolo, non ci resta che attendere curiosi il secondo episodio.

Micaela Ghisoni

Pubblicato il 14 dicembre 2022

 

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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