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Un piacentino il curatore di «Habitus Fidei», la mostra sulle confraternite

Cantoni Lorenzo

È piacentino uno dei curatori della mostra “Habitus Fidei”, che porta in Italia e in Svizzera il grande patrimonio degli abiti e dei paramenti delle confraternite tra fede, storia e arte: è il prof. Lorenzo Cantoni, docente all’università della Svizzera italiana e responsabile della “Unesco chair in ICT to develop and promote sustainable tourism in World Heritage Sites”. L’itinerario espositivo si snoda attraverso tre città e quattro sedi, adattando i contenuti alle specificità di ciascun luogo. La prima tappa è Pisa, dal 9 maggio al 20 giugno 2025, dove la mostra viene ospitata presso il Museo della Grafica (Palazzo Lanfranchi) e il Museo Nazionale di San Matteo. Nel periodo settembre-ottobre 2025, la mostra si sposta a Lucca, all’interno della Chiesa e Battistero dei Santi Giovanni e Reparata, con un focus specifico sulle confraternite lucchesi. L’ultima tappa è Lugano (Svizzera), dal 7 al 23 novembre 2025, dove l’esposizione è allestita presso Villa Ciani e si concentra sugli abiti delle Confraternite ticinesi e sul loro ruolo nella storia religiosa e sociale del territorio.


“Habitus Fidei” è una mostra che ripercorre l’abito nelle confraternite tra fede, arte e storia.
Prof. Cantoni, qual è lo scopo, il senso, di questa mostra che tocca luoghi diversi da Lugano a Pisa a Lucca?

La mostra è un’occasione preziosa per conoscere la realtà del mondo confraternale, offre inoltre un percorso inedito per comprendere il senso del vestire nella tradizione cristiana. È articolata in cinque tappe. Nella prima - il titolo è “Dio li vestì” - s’incontra il grande racconto del Genesi, in cui uomo e donna sono creati nudi, ma se ne accorgono solo dopo il peccato: quando il loro corpo non li rappresenta più adeguatamente. Ecco la prima ragione per cui ci vestiamo, mentre gli animali non lo fanno: il pudore. Nel velare il corpo, sveliamo che siamo molto più di esso! Dio stesso, racconta il Genesi, farà loro tuniche di pelle, per corrispondere alla seconda ragione del vestire, quella funzionale, necessaria per vivere in un mondo diventato meno ospitale dopo la perdita dell’armonia dell’Eden.
Nella seconda tappa - “Spogliò se stesso” - incontriamo Gesù nuovo Adamo. Ascoltiamo le due parabole sul tema degli indumenti, quella della festa di nozze in cui un invitato viene allontanato perché non ha il vestito adatto, e quella del figliol prodigo, in cui il Padre lo fa rivestire con abito, calzari e anello, segno della sua ritrovata dignità - la terza ragione per cui ci vestiamo: quella espressivo/comunicativa.
Nella terza tappa, riflettiamo su quanto Paolo di Tarso - un fabbricante di tende, come ci raccontano gli Atti - scrive ai cristiani dell’epoca, di essere il buon profumo di Cristo, e di rivestirsi di lui. La quarta e la quinta tappa riflettono su penitenza, opere di misericordia e culto pubblico, attività in cui incontriamo la missione principale delle confraternite.

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Qual è il vero e profondo significato dell’abito per una confraternita?

L’abito della confraternita rappresenta l’abito battesimale e richiama confratelli a consorelle agli impegni assunti con il battesimo: attraverso di esso si rivestono di Cristo e fanno opere che non portino gloria a loro, ma a Dio, secondo l’insegnamento di Gesù. Questa è la ragione del cappuccio: serviva a rendere anonima la persona, perché solo il Padre che vede nel segreto la ricompensasse. Insieme però è un abito chiaramente visibile e identificabile, così che le persone possano rendere gloria a Dio per il bene che vedono e meglio comprendano il senso della fraternità. Anticipa anche la tunica degli eletti, quella con cui i confratelli desiderano presentarsi alle nozze dell’Agnello: per questo viene abitualmente indossato nella sepoltura.

Le confraternite portano con sé arte, sia negli abiti, sia nelle opere con cui sono state raffigurate nel corso della storia. Come la mostra mette in luce questo aspetto?

Oltre agli abiti, abbiamo scelto alcune immagini di grande potere rappresentativo per raccontare questa storia affascinante. Per esempio, quella di uno stendardo processionale del 1564, dipinto dal Bertoia, che rappresenta la Madonna della Misericordia conservato nella Galleria Nazionale di Parma, in cui sono rappresentati Adamo ed Eva, e i confratelli e le consorelle vestiti con i loro abiti. Ogni sala ha poi un profumo differente, che elabora il tema attraverso l’esperienza dell’olfatto.

Oggi sono ancora attuali le confraternite?

Direi proprio di sì. Un censimento ancora in corso ha identificato circa trentamila confraternite ancora attive in Europa, con sei milioni di membri… La loro funzione è quella di sempre: associazioni laicali impegnate nella vita di fede, nelle opere di misericordia e nel culto pubblico.

La mostra mette in evidenza il grande peso della tradizione e della pietà popolare nella Chiesa. Ma la tradizione è un tesoro prezioso da custodire, è la radice da cui partire o è qualcosa “da museo”? Certamente, non si tratta solo di qualcosa “da museo”, tanto che papa Francesco ha voluto dedicare alle confraternite addirittura tre giorni nel Giubileo del 2025. La messa del terzo giorno, domenica 18 maggio 2025, è diventata poi la messa d’inizio del pontificato di papa Leone XIV.

Francesco Archilli

                                                                                    

Nelle foto, il prof. Lorenzo Cantoni e una delle sale dell’esposizione.

Pubblicato il 4 giugno 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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