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Il paradosso del fallimento di una congiura riuscita

Marcello Simonetta ed Emanuele Galba

Se non si fosse consumato, nel 1547, il tirannicidio di Pier Luigi Farnese, il destino di Piacenza sarebbe stato migliore o peggiore? Questa la domanda riproposta in chiusura della partecipatissima presentazione (Sala Panini non è stata sufficiente a contenere il pubblico presente, in parte dirottato in Sala Verdi, videocollegata) dell’ultima fatica editoriale di Marcello Simonetta: “PLAC – I congiurati piacentini contro i Farnese, Edizione Banca di Piacenza, stampa TEP Artigrafiche. Un libro che - ha ricordato Emanuele Galba presentando l’autore - chiude la trilogia curata dallo studioso fiorentino per l’Istituto di credito locale (“Pier Luigi Farnese. Vita, morte e scandali di un figlio degenere” e “Gregorio e i suoi fratelli. I Casali di Monticelli protagonisti della diplomazia europea” i titoli usciti rispettivamente nel 2020 e nel 2021).

«La storia non si fa con i se e con i ma - ha risposto alla domanda l’illustre studioso - però non vi è dubbio che i Farnese hanno perso una battaglia con l’uccisione del Duca, ma vinto la guerra perché successivamente tornati in possesso di Piacenza “mangiandosi” tutto. Forse sarebbe finita diversamente se gli imperiali fossero riusciti a prendere Parma, ma così non fu. In quel caso la vostra città sarebbe rimasta capitale e avrebbe seguito i destini della Lombardia. Invece, col loro ritorno i Farnese spostarono il baricentro del doppio Ducato su Parma, facendo pagare a Piacenza il tirannicidio. È un paradosso, ma in questo lavoro si racconta del fallimento di una congiura riuscita e provocata dalle continue provocazioni ai feudatari locali da parte di Pier Luigi, che aveva ricevuto in regalo dal padre Papa Paolo III Piacenza e Parma».

Prima di raccontare alcune delle tante curiosità storiche riferite alle quattro famiglie piacentine (Pallavicino, Landi, Anguissola, Confalonieri, dalle cui iniziali deriva l’acronimo PLAC che dà il titolo alla pubblicazione), il prof. Simonetta ha voluto ricordare - come fa anche nel libro - due persone che ci hanno lasciato: Corrado Sforza Fogliani («senza di lui non saremmo qui; ha sostenuto tantissime iniziative culturali perché grande era la sua passione per la conoscenza e, in particolare, per la storia») e Marco Bertoncini («è grazie a lui che ho conosciuto il presidente Sforza; senza la mediazione di questa persona di finissimo intelletto e di squisita cultura, questo libro e i miei precedenti scritti per la Banca non esisterebbero»).

Della citata triade, quest’ultima opera è la più piacentina: non solo perché si occupa dei congiurati locali (i fratelli Camillo, Girolamo e Alessandro Pallavicino, Agostino Landi, Giovanni Anguissola e Giovan Luigi Confalonieri), ma anche perché dai documenti della famiglia Landi (grandi produttori di salumi e formaggi) emerge, per esempio, che nel ‘500 quello che è oggi universalmente riconosciuto come Grana Padano si chiamava “Piacentino”.

Quella che si racconta è dunque una storia molto interna alla città di Piacenza, che ruota soprattutto intorno alla figura di Agostino Landi. «La madre era la genovese Costanza Fregoso (fra Genova e Piacenza i rapporti erano molto stretti), che nel 1509 andò in sposa a Marcantonio Landi. Agostino - ha spiegato l’autore - nacque a Urbino nel 1510 trasferendosi poi a Piacenza. Sedicenne venne invitato a Padova dal suo padrino Pietro Bembo, nobile poeta veneziano che gli fornì un’educazione di base. Il ragazzo si mostrò intelligente e sensibile. Pare che fosse anche di bell’aspetto. A 19 anni la morte del padre lo costrinse ad abbandonare i suoi ozi letterari per dedicarsi alla gestione del vasto patrimonio famigliare. Sposò una cugina, Giulia Landi, e preferì vivere fuori città, lontano dalla mondanità. Arrivando a Piacenza, il duca Pier Luigi si mise contro tutti i Signori locali sequestrando proprietà e isolando addirittura i mariti dalle mogli. Da qui l’organizzazione della congiura con la complicità di Ferrante Gonzaga, governatore spagnolo di Milano. L’operazione riuscì e per qualche anno le famiglie nobiliari piacentine godettero dei frutti di quella che era sembrata una grande vittoria; i Landi diventarono Principi per volere imperiale. Poi le cose cambiarono e con il ritorno dei Farnese i congiurati furono costretti all’esilio. Agostino morì in strane circostanze, forse avvelenato». Ai Landi è legata un’ultima curiosità rivelata dal prof. Simonetta: si deve a loro se oggi esiste il Principato di Monaco: nel 1595, infatti, Maria Landi sposò Ercole Grimaldi acquisendo così la famiglia monegasca il titolo principesco.

Agli intervenuti è stata riservata copia del volume.

Pubblicato il 17 aprile 2024

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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