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Cosa facciamo dei doni ricevuti?

dono

Il Vangelo sa anche inquietarci. Dio ci ha consegnato suo Figlio e sempre ci interroga su cosa noi ce ne facciamo di Lui.
C’è una parabola che racconta che un uomo partendo per un viaggio, chiama i suoi servi e consegna loro i suoi beni. Distribuisce i talenti in maniera diversa, a un servo ne assegna soltanto uno.
Dopo molto tempo, al suo ritorno scopre che quel servo lo aveva nascosto, diversamente dagli altri che avevano cercato di fare del loro meglio.
Se Dio ci dona suo figlio, il dono della fede e dell’appartenenza a Cristo ha già in sé la sua fecondità, al di là della misura in cui si manifesta perché dipende dal rapporto personale con il dono ricevuto.

 

Che cosa ce ne facciamo noi di Cristo perché rimanga e cresca in noi?
Ci diamo da fare come i servi più prodighi e diamo il tempo alla preghiera, alla carità?

Il padrone vorrebbe che i suoi servi facessero parte della sua gioia, così come Dio fa con noi.
Il primo motivo per cui Dio ha donato suo Figlio è per includerci nella gioia più grande, per poi renderla fruttifera.
Può accadere però che la fecondità non si moltiplichi negandola agli altri, cioè sotterrando il dono ricevuto e silenziando la sua potenza. Non fare nulla di male, stare sulla soglia, difendere il dono come quel servo, in realtà vuol dire comportarsi come se quel dono non ci fosse.

Che cosa ne abbiamo fatto dei doni ricevuti?
Intelligenza, scienza e sapienza non sono quello per cui saremo chiamati a rendere conto, ma sarà la cura che avremo avuto per il dono di Dio, ricevuto col battesimo, che dovevo alimentare dentro di noi e dentro la storia.

Maria aveva un unico talento, la sua povertà. Questo divenne il suo dono nella sua grande umiltà.
Quindi non è questione di avere o non avere ricevuto doni, la questione è nel nostro cuore.
Che io abbia ricevuto o no dei talenti, mi è stata offerta la vita di Gesù, figlio di Dio, perché mi porti gioia e devo adoperarmi perché essa possa essere onorata.
A quel servo che non ha saputo usufruire del dono, il padrone ordinò che fosse gettato fuori nelle tenebre, dove sarà pianto.
Chi non ha Gesù Cristo, è all’inferno già su questa terra, con il vuoto nell’anima e nel cuore. Non conoscerà mai la comunione con la Trinità e con i fratelli, che è la sola fonte della gioia.

Non andiamo a cercare risposte peregrine, scegliamo la verità nel nostro cuore. Maria aveva solo un talento, Giuseppe pure, ma anche questo solo talento può essere abitato dall’immensità di Dio.

Estratto dalla Lectio mattutina di madre Maria Emmanuel Corradini,
abbadessa del Monastero benedettino di San Raimondo
del 31 agosto 2019, Mt 25,14-30

a cura di
Gaia Leonardi


Pubblicato il 4 settembre 2019

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
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    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

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    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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