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La battaglia contro la tristezza

Padre Botta: Gesù Cristo non è un megalomane presuntuoso, ma è morto e risorto per dare un senso nuovo alla vita di tutti

SanRaimondo 10

Chiesa di San Raimondo gremita nei 500 posti a sedere messi a disposizione per l’anteprima dell’undicesima edizione della Grande Festa della Famiglia grazie all’organizzazione della comunità benedettina e della parrocchia cittadina dei Santi Angeli Custodi: ospite un giovane e brillante padre Maurizio Botta che predica nel nome di San Filippo Neri, il “santo dell’allegria”.
La sua effervescente catechesi parte da quanto anima la sua storia personale, “da Colui che sta al centro del suo cuore e dei suoi respiri”, riassunto nel titolo scelto per l’incontro: “Senza Cristo la vita è veramente una miseria. Scrupoli e malinconia fuori di casa mia! Nessuno è condannato a essere infelice”.

“Mi rivolgo stasera idealmente al più giovane ascoltatore presente in monastero” - confessa il sacerdote –, a quei giovani che non sono più “ideologici”, ma che “se non li convinci davvero, non ti ascoltano”.
Inizia il suo intervento con l’intenzione ferma di riparare a un torto che tutti staremmo facendo agli adolescenti quando analizziamo i loro problemi o disagi senza interrogarci realmente su quanto noi adulti abbiamo donato loro.
“I ragazzi guardano gli adulti” - sostiene padre Botta; “il problema dei ragazzi oggi è educativo. L’emergenza educativa è l’incapacità di far vedere con gli occhi la possibilità di bene”.

Assenza di speranza, com’è vero!
Riprendendo Franco Nembrini, prosegue: “Abbiamo figli che crescono pieni di paura e di incertezza come sulle sabbie mobili”.
Continua: “Non hanno davanti adulti che abbiano speranze sufficienti di fronte alla vita” e che possano “testimoniare loro che la vita ha un senso positivo e intimamente buono”.
“Una ragione positiva per l’esistenza”; questa - dice Padre Botta - la scintilla che tiene su la vita dei ragazzi che rischiano di venir catalogati per i loro deficit. Una generazione di adulti “che non ha più speranza sufficiente da comunicare con uno sguardo” e “se manca la speranza - cioè se manca Cristo nella vita” - continua il sacerdote - “figurarsi nella malattia!”.
“Non ci può essere gioia senza speranza” - prosegue - come “non si può rimanere a lungo tristi senza diventare cattivi”. Non si può essere cristiani e non combattere la tristezza.

Seconda questione della serata, “la perdita del vero Gesù” - spiega il sacerdote.
Gesù ha visto smarrirsi il suo ruolo principale che era la parte centrale dell’Annuncio.
Entrare in contatto con Gesù significa trovare una vicinanza con Dio attraverso i sacramenti, “non solo seguire un maestro che insegna dei valori e dei comportamenti” - prosegue.
Se non annunciamo più la forza e la potenza di Cristo, abbiamo perso la fede.
Si può ricevere uno sguardo di speranza sugli altri perché Dio spera in noi mentre noi ci disperiamo. Soltanto volgendo lo sguardo a Lui, riaccendiamo la speranza. “Toglieteci tutto, ma non toglieteci Dio!”

Quindi chi è Gesù? – s’interroga padre Botta.
“È il Figlio del Dio vivente” o un “megalomane presuntuoso” che pretenderebbe di perdonare i suoi simili da ogni peccato e affermare così la sua grandezza? Questo lo spunto provocatorio per ragionare della piccolezza umana, vinta spesso dalla tentazione di sostituirsi a Dio.
“Rispose correttamente Simon Pietro” - conclude padre Botta: “Tu sei il figlio vivo del Dio vivente”.
Accettare Gesù solo come maestro morale è il vero errore.

Occorre combattere una battaglia personale contro la tristezza perché se si accende nei nostri occhi la speranza che viene data da Cristo, i nostri ragazzi sentiranno che la vita è buona, ha senso e che Gesù si è fatto carne, è morto in Croce ed è risorto.
La nostra risposta è la fede in Lui.

Gaia Leonardi

L'intervista a padre Maurizio Botta 

Pubblicato il 13 settembre 2019

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