Amore e dolore nella vita di Dante
Amore e dolore, due tappe imprescindibili della vita di ogni uomo e ogni donna, sono i cardini della vita di Cristo, ma anche di Dante Alighieri. Martedì 12 ottobre, fra gli splendidi affreschi della basilica di Santa Maria di Campagna, è intervenuto Roberto Laurenzano, presidente del comitato piacentino della Società Dante Alighieri. Dante si inserisce perfettamente nel contesto dell’Ottobre Francescano, e la coincidenza con il settecentesimo dalla nascita del Poeta rende ancor più importante la scelta dei frati minori, rappresentati da padre Secondo Ballati, di dedicare uno spazio al massimo esponente dello Stilnovo.
In adolescenza Dante – come ricorda Laurenzano – ebbe intenti francescani, pur non ricevendo mai la vera vocazione verso l’Ordine. L’interesse teologico-francescano rimase, però, in Dante come punto fisso, tanto che egli studiò teologia, fu poi un guelfo bianco, ovvero un fervido sostenitore (e ammiratore) del Papa come istituzione, e infine decise di essere sepolto con indosso un saio francescano.
Beatrice, il concetto superiore dell'amore
La digressione di Laurenzano è iniziata dal concetto di “amore”, per poi concludersi con quello di “dolore”, che strettamente si intrecciano nell’esperienza dantesca: partendo da Firenze, la sua città, per cui ricoprì tutte le cariche pubbliche per poi conoscere l’esilio e quindi il dolore. È proprio in esilio che Dante scrisse la Commedia, e le tre invettive contenute nei “sesti canti” (in particolare quella, celeberrima, del VI del Purgatorio): invettive dettate da un amore tanto forte da essere trasformato in collera, in sofferenza per la deriva immorale e corrotta che si stava verificando a Firenze durante la sua assenza forzata.
La contraddizione che stupisce maggiormente l’uomo moderno è tuttavia quella legata all’amore inteso come attrazione femminile.
Tutti conosciamo Beatrice, ma qualcuno ignora che Dante era sposato (felicemente) con un’altra donna, Gemma Donati, da cui ebbe quattro figli. La conciliabilità di queste due facce dell’amore di Dante sta nell’ontologia di quell’amore: Beatrice, morta di parto all’età di ventiquattro anni, rappresenta il concetto superiore dell’amore, un amore che parte da Beatrice (idealizzata) per arrivare fino a Dio. Nel viaggio immaginifico della Commedia, Beatrice rappresenta il raccordo fra la conoscenza (incarnata in Virgilio) e la fede (San Bernardo, che accompagna Dante alla vista dell’Altissimo). Non dimentichiamo che la finalità del magnum opus è dimostrare come la redenzione sia possibile per tutta l’umanità attraverso la strada tracciata dall’autore.
L'amore per Gemma Donati
Gemma è l’amore vero, concreto, terreno. Dante non amò nessun’altra umana all’infuori di Gemma Donati, da cui fu costretto a separarsi dopo appena tredici anni a causa dell’esilio. Si pensa che Gemma abbia raggiunto Dante, dopo vent’anni, a Ravenna, poco prima della morte di lui. Gemma rappresenta la resilienza di fronte a tutte le conseguenze della dipartita del marito, dalla confisca dei beni alla gestione dei giovani figli; resilienza possibile solo a un’enorme forza data da un amore smisurato nei confronti di Dante.
Francesco Petronzio
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Pubblicato il 13 ottobre 2021