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«Nelle opere di Romano Bertuzzi un mondo che ci fa stare meglio con noi stessi»

 Da sinistra Vincenzo Tabaglio don Roberto Tagliaferri Maria Rosa Pividori e Patrizia Soffientini

«La culla del mio lavoro è la vita, che è la cosa più importante di tutte». Con queste parole l’artista Romano Bertuzzi ha concluso la presentazione della monografia a lui dedicata (Romano Bertuzzi, an art of devotion, a cura di Eugenio Gazzola, edizioni Tip.Le.Co) che si è svolta in un’affollata Sala Panini del PalabancaEventi della Banca di Piacenza. Il pittore e scultore originario di Coli ha ringraziato il presidente dell’Istituto di credito Giuseppe Nenna per aver ospitato l’evento e la responsabile della Filiale di Bobbio Annalisa Matti e raccontato com’è nata la sua passione per l’arte: «A Forno, quando ero bambino, andavo per i boschi ad ascoltare gli uccelli notturni. La natura mi ha sempre affascinato, così come i gesti quotidiani che vedevo compiere dai miei genitori (fare il pane, il formaggio, mungere, mietere il grano). È nato in me un grande desiderio di rappresentare tutto questo: disegnavo dappertutto, anche sui muri del paese (uno di questi disegni è visibile ancora oggi, ndr)».

Lartista Romano Bertuzzi

Nella foto, l'artista Romano Bertuzzi.

La giornalista Patrizia Soffientini - che ha moderato l’incontro - ha parlato di «un artista visivo» che negli ultimi anni ha dato la priorità al disegno a matita e carboncino e definito la monografia «la raccolta più completa sull’opera di Romano Bertuzzi, dagli anni Settanta fino a oggi», un percorso artistico che “ricerca l’invisibile dentro il visibile”. Un concetto ripreso anche da don Roberto Tagliaferri. «L’artista - ha argomentato il teologo - si lascia andare al non controllo per ricercare nel visibile l’invisibile: questo è il compito dell’arte e corrisponde alla spiritualità e l’arte o è spirituale o non la si può chiamare tale. Romano - che ricerca il primitivo, recupera gesti ripetitivi come l’arare, il raccogliere, gesti che rinnovano il mondo - dipinge per onorare Dio».
Il critico d’arte Eugenio Gazzola ha dal canto suo sottolineato come nel volume si dia ampio spazio all’aspetto del convivio, principio essenziale per l’artista, inteso come raccolta di una comunità, divisione del cibo e delle idee, celebrazione della festa. Il curatore della monografia si è quindi soffermato sul significato delle due pietre rotolate a valle dal monte Armelio nel 2005, durante una notte di tempesta. I due massi sono stati colorati da Bertuzzi, uno con vernice d’oro, l’altro d’argento: «Un gesto artistico immediato ed essenziale che ne ha fatto un altare e un crocevia, un luogo di raccoglimento, apportando socialità». Nel catalogo - oltre alla biografia dell’artista scritta dallo stesso Gazzola e alle numerose immagini dei fotografi Paolo Bellardo, Giancarlo Carraro, Giorgio Citroni, Matteo Curti, Roberto Bettinardi (sequenze video) - si avvale di altri autorevoli contributi, tra i quali quello di Tim Ingold, professore di antropologia sociale all’Università di Aberdeen.

La storica dell’Arte dell’Accademia di Brera Lorella Giudici (in collegamento) ha spiegato come l’artista vada oltre la dimensione agreste, facendoci entrare con la sua matita in ogni piccolo dettaglio, con una grande regolarità nel segno.
Vincenzo Tabaglio, professore di Agronomia e Coltivazioni erbacee dell’Università Cattolica, ha rimarcato la differenza del lavoro dell’agronomo nei Paesi al alto reddito e in quelli a basso reddito. «In questi ultimi (Asia, India, Mozambico, Etiopia, Uganda, Congo) - ha specificato - andiamo a fare progetti di sviluppo rurale, non agricolo, ed io mi ispiro a Romano Bertuzzi, perché lui si occupa di ruralità».
«L’arte contemporanea - ha esordito la storica dell’arte Maria Rosa Pividori - negli ultimi anni è un po’ ridondante. C’è necessità di ripulire lo sguardo, inquinato dal rumore del “troppo di tutto”. I lavori di Romano mi ripuliscono lo sguardo e mi riportano nel silenzio, con i piedi per terra. Nelle sue opere - ha concluso - si trova un mondo che ci fa stare meglio con noi stessi».

Nella foto, in alto, da sinistra,  Vincenzo Tabaglio, don Roberto Tagliaferri, Maria Rosa Pividori e Patrizia Soffientini.

Pubblicato il 22 maggio 2024

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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