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C’è una paura
che fa bene alla vita

Dal Vangelo secondo Matteo (10,26-33)


In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto
che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto.
Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce,
e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo,
ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui

che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure
nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro.
Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati.

Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini,
anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli;
chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini,
anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

La nostra vita e la Parola
vg25giu23Chi temere? Nel brano evangelico che la liturgia ci propone questa domenica ricorre per tre volte l’esortazione a non aver paura. Nei Vangeli e in tutta la Scrittura, la paura torna spesso come tema centrale e come elemento fondamentale dell’esperienza umana. Ed in effetti è proprio vero che molte azioni che compiamo o che omettiamo di compiere sono determinate dalla paura.
Spesso nella predicazione, con molta leggerezza, diciamo che non bisogna aver paura, ma nel Vangelo di questa domenica ci viene chiarito di chi è bene aver paura e chi invece non bisogna temere: “non abbiate paura degli uomini... abbiate paura di chi può far perire nella Geenna l’anima e il corpo”. Evidentemente corriamo il rischio di sbagliare l’oggetto della nostra paura e quindi di difenderci da nemici che non sono realmente tali o lo sono solo in superficie.
Sembra infatti che ci sia un punto della persona che gli uomini non possono raggiungere: gli uomini “possono uccidere il corpo” ma c’è una parte di noi intangibile, che non ci può essere sottratta a meno che non siamo noi a consegnarla. È quella che Gesù chiama l’anima. Quella parte dell’uomo che viene definita nascosta e segreta e da cui poi scaturisce ciò che si manifesta: “nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto”. Questo è il luogo che il Padre vede (“il Padre tuo vede nel segreto” - Mt 6,4), è il punto profondo che è visitato dallo Spirito Santo, è il luogo dove viene deposta la vita divina. Questo luogo è intangibile, ciò che viene dall’esterno non lo può rubare o uccidere.


Davanti a Dio. Sembra dunque che Gesù esorti i suoi discepoli, destinati ad essere oggetto di odio e di persecuzione come il loro maestro, a difendere ciò che davvero va difeso ad ogni costo cioè il rapporto con colui che ha dato loro la vita nuova, con colui che li ha strappati dalla morte. Ciò che va preservato è il rapporto con colui che conosce il numero dei capelli del nostro capo e ha una cura totale di noi. Il pericolo è di vivere la propria vita, invece che di fronte a Dio Padre e al suo cospetto, di fronte agli uomini, cercando la loro approvazione e ammirazione: “per essere ammirati... per essere lodati... per essere visti dalla gente...” (Mt 6, 1.2.5).

Non si tratta di diventare insensibili e impermeabili nei rapporti con le persone come un vetro su cui scorre l’acqua, ma di vivere tutto a partire da Cristo e quindi di riconoscere Gesù davanti agli uomini, cioè confessarlo, letteralmente essere in sintonia con lui, essere sulla sua stessa linea. Quando perdiamo questo siamo in preda delle nostre paure, perdiamo la libertà che scaturisce dall’essere amati da colui che ha dato la vita per noi e rischiamo di perdere davvero la nostra esistenza.


Don Andrea Campisi

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