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Alberto Magno

Il maestro di Tommaso d'Aquino

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Il suo insegnamento

Da brillante studente a Padova, di filosofia e medicina, nel 1223 conobbe proprio all’Università di Padova il successore di S. Domenico, Giordano di Sassonia, che lo instradò verso Colonia, allora il più fiorente studentato dei domenicani d’Europa. Compiuti tutti gli studi a Colonia, dal 1234 sarà Lettore (vale a dire docente) in vari studi, per approdare come Maestro in teologia all’Università di Parigi nel 1244 che accoglieva studenti da tutta Europa. Nel 1248 lascia Parigi per fondare a Colonia uno Studio generale.
Introdusse nell’insegnamento della teologia Aristotele, autore escluso nel Duecento per essere considerato “filosofo ateo” e utilizzato dagli Arabi. Volle affrontare tutto il percorso delle scienze del suo tempo, sbalordendo i suoi contemporanei per la vastità delle sue conoscenze.
Alberto insegnava che bisognava conoscere Platone e Aristotele insieme. Tuttavia aveva una predilezione per Aristotele a causa del suo utilizzo nella formazione scientifica dell’epoca. Chiese ed ottenne dal Papa la dispensa per poter utilizzare Aristotele nella sua scuola e promise di farlo conoscere e renderlo intelligibile ai latini. Si impegnò nello studio di Aristotele e “correggerlo” per poterlo utilizzare in teologia. Si mise alla ricerca dei suoi scritti autentici al di là delle traduzioni parziali degli Arabi. Parafrasò le traduzioni arabe-latine allora circolanti per rendere il pensiero del grande filosofo più coerente. In questi suoi viaggi alla ricerca di manoscritti arricchì il suo bagaglio di conoscenze in materia di flora e di fauna.
Consegnò poi il compito di introdurre in maniera sistematica Aristotele in teologia al suo grande discepolo Tommaso d’Aquino, di cui riconobbe subito le grandi capacità speculative. Occorreva dare alla teologia lo statuto di “vera scienza” per poter dimostrare la ragionevolezza della fede. Il sistema aristotelico, opportunamente cristianizzato, poteva assolvere al compito per l’organicità del suo sistema razionale, che poteva essere applicato a qualsiasi disciplina.
Va però aggiunto che Alberto non aveva trascurato il sistema platonico, al quale ricorreva per le questioni legate all’essenza e all’immortalità dell’anima e per affrontare i temi di teologia mistica. Aveva introdotto alla lettura di Platone e delle opere dello Pseudo Dionigi, il suo discepolo prediletto Ulrico di Strasburgo, ponendo così le basi per lo sviluppo del futuro movimento di spiritualità denominato gli “Amici di Dio”. Questo movimento di spiritualità si diffuse in tutti i conventi domenicani lungo il Reno, ed ebbe come maggiori animatori Maestro Eckart (+ 1327), Giovanni Taulero (+ 1361), Enrico Susone (+ 1366). Con questi autori si trasformò nella scuola renano-fiamminga che tanta influenza esercitò sugli spirituali moderni.
Si può dire che S. Alberto Magno passò la sua theologia cordis ad Ulrico e a Tommaso la sua theologia mentis.
Nel 1256 difese gli ordini mendicanti (domenicani e francescani) davanti al Papa Alessandro IV, che erano stati calunniati e accusati di eresia dal fanatico Guglielmo di S. Amore, e per questo espulsi dall’insegnamento a Parigi. Dopo alterne vicende, finalmente la soluzione pontificia favorì gli ordini mendicanti e l’Università di Parigi fu costretta a reintegrare i Maestri espulsi. S. Alberto presentò come Maestri il trentacinquenne Bonaventura da Bagnoregio, francescano, e il trentenne Tommaso d’Aquino, domenicano, due autentici campioni del pensiero cristiano.
Altre due volte S. Alberto difese il suo allievo Tommaso dalle accuse ingenerose di eresia: nel 1270, limitandosi ad inviare una memoria sugli scritti incriminati (De quindecim problematibus), e nel 1277, nel terzo anniversario della sua morte, impegnandosi in una disputa con il Vescovo di Parigi e Cancelliere dell’Università, Stefano Tempier, che aveva fatto condannare varie proposizioni. S. Alberto affermò davanti al Vescovo che Tommaso aveva tracciato una via sicura per la teologia e che sarebbe stato l’unico dottore a sopravvivere al suo tempo. Fu realmente un profeta quando pensiamo all’enorme posterità che ha conosciuto S. Tommaso e la profonda influenza che ha esercitato in filosofia e in teologia.

I princìpi della sua metodologia teologica

Si possono racchiudere in tre affermazioni.
1) L’autonomia della filosofia. Contro l’agostinismo del tempo che voleva la filosofia “ancilla theologiae”, nel senso di subordinazione della filosofia alla teologia, S. Alberto affermava la distinzione dei saperi, trattandosi di due scienze distinte. E dato che i filosofi possono conoscere delle verità attraverso la ragione naturale, per S. Alberto è utile ricorrere ai loro argomenti per confutare coloro che vorrebbero strumentalizzare gli stessi argomenti per contrapporli alla fede, perché la testimonianza resa dagli avversari è più efficace.
2) L’intelligenza umana ha le sue capacità naturali. Mentre l’agostinismo affermava che l’intelligenza avesse bisogno di continue illuminazioni da parte di Dio per procedere nel cammino della conoscenza, S. Alberto precisa che essa agisce per virtù propria anche nel dimostrare molte cose su Dio, come si ricava dai filosofi pagani.
3) La negazione dell’Ipse dixit. Dopo aver difeso l’intrinseca capacità razionale dell’uomo e la piena autonomia della filosofia, S. Alberto tratta delle fonti, o auctoritates, di cui ci si deve servire nel progresso della scienza. Egli indica:
- Agostino per la teologia
- Galeno e Ippocrate per la medicina
- Aristotele per i problemi di natura scientifica
- Avicenna (e non Averroè) per la filosofia
- Dionigi (Pseudo) per la mistica.

L’indicazione di S. Alberto però è precisa: gli autori vanno accolti in teologia, non a motivo del loro prestigio, bensì unicamente in base alle ragioni portate. Se però, l’osservazione diretta della natura o l’acuta speculazione teologica dimostrano il contrario, allora l’Ipse dixit non ha più valore.
Era questa una vera rivoluzione per quanti giuravano in verbo Magistri. Tutto può essere accolto, ma tutto deve essere vagliato e verificato per poterlo utilizzare nel progresso della scienza, compresa la scienza della fede che è la teologia.

La costruzione di una nuova Ratio studiorum

Insieme al suo più dotato allievo, S. Tommaso, e Pietro di Tarantasia (futuro Papa Innocenzo V), sarà impegnato per due anni, dal 1257 al 1259, alla redazione della Ratio studiorum dominicana che riuscirà un modello in materia, adottato in seguito anche nelle Università. Sarà merito suo se l’Ordine domenicano prescriverà lo studio della filosofia e delle scienze come propedeutica alla teologia speculativa e mistica. La teologia, per poter rivendicare il diritto ad essere considerata una scienza tra le scienze, anzi la Regina delle scienze, ha bisogno di una base costituita dalla conoscenza naturale (filosofica, matematica, scientifica). Agli oppositori S. Alberto dirà blasphemant quod ignorant, non è blasfemo utilizzare gli strumenti profani in teologia, ma è blasfemo ciò che si ignora.

La vita e le opere principali

S. Alberto Magno O.P. (Lauingen ca. 1193 – Colonia 1280) fu una delle maggiori personalità del Medioevo, tanto da meritarsi per la sua erudizione enciclopedica il titolo di “Dottore universale”, Maximus in philosophicis et divinis. Domenicano dal 1223, divenne celebre maestro a Parigi, a Colonia e alla Curia pontificia. Ebbe come discepolo S. Tommaso d’Aquino di cui difese l’ortodossia della dottrina. Resse l’Ordine domenicano in Germania e divenne Vescovo di Ratisbona. Per la sua dottrina, saggezza e le sue doti di pacificatore, ebbe uffici episcopali al servizio del Papa. Lasciò una vastissima enciclopedia che si estende dalle scienze naturali, alla filosofia e alla teologia speculativa e mistica. Valorizzò il pensiero di Aristotele nei suoi studi che fece accettare nel cristianesimo occidentale, arricchendolo della cultura scientifica degli antichi e della matematica degli Arabi.
Delle numerose opere di S. Alberto Magno segnaliamo solo le seguenti: De praedicabilibus, De praedicamentis, De sex principiis Gilberti Porretani, Super duos libros Aristotelis perihermenias e gli altri commenti alle opere aristoteliche, De coelo et mundo, De natura locorum, De proprietatibus elementorum, De generatione et corruptione, De meteoris, De mineralibus, De anima, De sensu et sensato, De memoria et reminiscentia, Metaphysica, Ethica, Politica, Quindecim problemata contra Averroistas.
Tra gli scritti teologici maggiori: Summa theologiae, e Summa de creaturis, commenti ai libri dello pseudo Dionigi Aeropagita e alle Sententiae di Pier Lombardo. Ricordiamo ancora i commenti ai Vangeli, all'Apocalisse, libri dell'Antico Testamento, e i sermoni.
L’Opera Omnia fu pubblicata prima a Lione, in 21 volumi nel 1651, e a Parigi (1890-1899) in 38 volumi in edizioni non critiche ed incomplete. Una nuova edizione critica (Editio Coloniensis) è in corso di pubblicazione a cura dell'Albertus-Magnus-Institut; sono previsti 41 volumi, di cui 29 sono già stati pubblicati.

a cura di
Lucia Romiti

Pubblicato il 5 dicembre 2024

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