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Perché la guerra? Domande antiche e risposte nuove

balestra 

L’appuntamento del ciclo “Cultura all’ombra del Duomo”, organizzato dal Punto Incontro “Don Eliseo Segalini”, ha avuto come tema, il 19 novembre, nella Sala delle Colonne del Palazzo Vescovile di Piacenza, la presentazione del libro dal titolo: “Perché la guerra”, scritto da Marcello Flores e Giovanni Gozzini. A guidare il viaggio nella complessità dell’argomento sono stati Franco Balestra ed Enrico Corti.

Guerra: realtà che muta

Nel suo intervento il prof. Balestra è entrato nel vivo, descrivendo la guerra non come fenomeno astratto, ma come realtà che muta, ritorna, si dissimula, e che oggi appare più frammentata e imperscrutabile che mai. Balestra poi ha descritto il presente: un mondo attraversato da conflitti civili, domini dimenticati, stati indeboliti e potenze che sgomitano per ridisegnare l’ordine mondiale. Un mondo in cui gli Stati Uniti vivono una crisi della propria egemonia e in cui Russia e Cina avanzano una sfida sistemica. Non una “terza guerra mondiale a pezzi”, come suggerito da papa Francesco, ma una realtà comunque carica di inquietudine. Il merito del libro, ha spiegato Balestra, sta nel suo rifiuto di formule salvifiche. Flores e Gozzini non promettono metodi per eliminare la guerra, né previsioni scientifiche. Raccolgono dati, li confrontano, li osservano. La loro posizione è una via di mezzo tra due estremi: gli “struzzi”, che predicano pace senza strumenti, e i “cinici”, convinti che la guerra sia indispensabile al progresso umano.

Riforma dell’ONU

Interessante - per Balestra - è il modo in cui gli autori reinterpretano le guerre contemporanee: non più scontri tra stati strutturati, ma conflitti interni, attraversati da attori non statali, bande armate, gruppi privati che alimentano una nuova forma di violenza “privatizzata”. Afghanistan e Ucraina emergono come esempi emblematici di questa metamorfosi. Nel libro, la soluzione ideale è chiara: un’organizzazione globale riformata, una sorta di ONU senza veti, capace di intervenire con autorevolezza nel contenimento dei conflitti. Un’utopia necessaria, più che una proposta realistica.

Quattro domande

Poi, con ordine, Balestra ha ripercorso le quattro domande chiave del saggio.

La prima: la guerra è normale?
Sebbene statisticamente i periodi di pace superino quelli di guerra, i conflitti nascono da decisioni politiche collettive, da pulsioni di prestigio e rivalsa.

Seconda domanda: le guerre aumentano o diminuiscono?
L’idea di una legge universale del comportamento umano è illusoria. Tuttavia, i conflitti odierni sono cambiati: meno guerre tra grandi potenze, più guerre connesse a fratture interne, spesso figlie della decolonizzazione, delle dinamiche balcaniche o dell’insorgenza islamista post-11 settembre.

Terza: sono più le guerre o le paci?
La distinzione tra guerre civili e interstatali si è confusa. A pesare sono la facilità di reperire armi, la debolezza degli stati e la crescita di milizie private. Eppure, le grandi potenze evitano lo scontro diretto, mentre gli organismi internazionali - pur imperfetti - restano cruciali nel mantenimento della pace.

La quarta domanda: le democrazie fanno meno guerre rispetto alle autocrazie?
Non esiste una risposta univoca. Le spese militari sono diminuite in percentuale sul PIL mondiale, ma solo perché il PIL stesso è cresciuto enormemente.

Un libro stimolante

Il libro - ha concluso Balestra - è denso, talvolta persino ridondante, ma sempre stimolante. Non consola, ma interroga. Non tranquillizza, ma obbliga a pensare. Si colloca nella tradizione realista delle relazioni internazionali: la guerra come fenomeno quasi inevitabile, un meccanismo di selezione che gli umani devono imparare a gestire, non a cancellare con la retorica.
Enrico Corti ha poi preso la, raccogliendo il filo della riflessione e portandola su un piano ancora più ampio. Corti ha approfondito i nodi concettuali emersi, soffermandosi sulle implicazioni culturali, etiche e geopolitiche del pensiero di Flores e Gozzini.
È seguito il dibattito, ricco di domande, dubbi e considerazioni personali.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 20 novembre 2025

Nella foto, da sinistra, Gabriella Sesenna, Franco Balestra e Enrico Corti.

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Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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