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Il medico Paolo Gulisano: l’arte del curare di San Giuseppe Moscati

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“Non la scienza, ma la carità, ha trasformato il mondo”: sono le parole di San Giuseppe Moscati, citate da Paolo Gulisano, medico e saggista che, il 21 marzo, è intervenuto, all’oratorio San Filippo Neri della parrocchia San Giovanni Battista di Castel San Giovanni. L’evento, moderato da don Davide Maloberti, direttore del settimanale "Il Nuovo Giornale", ha visto una partecipazione significativa di medici e professionisti del settore sanitario, pronti a esplorare i molteplici aspetti della vita e dell’opera di Moscati. A organizzare l'iniziativa, insieme al Nuovo Giornale, il Centro culturale San Benedetto.

La profonda fede di Moscati

Nella sua relazione, Paolo Gulisano, ha manifestato il suo piacere nel parlare di San Giuseppe Moscati, considerandolo un modello di umanità e professionalità.Spiegando la nascita del suo libro “Giuseppe Moscati. Il santo medico”, Gulisano ha sottolineato che, con questa sua opera, ha contribuito ad una nuova collana editoriale chiamata "Un Santo per Amico", promossa dalla casa editrice Ares di Milano. Moscati, di cui Gulisano conosce bene la storia grazie al suo background nella medicina, ha rappresentato un esempio luminoso che contrasta con la narrativa scientista, che spesso vede la Chiesa come un ostacolo al progresso scientifico. Nella sua esposizione il saggista ha rilevato che il cristianesimo ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della medicina, contribuendo alla nascita degli ospedali, luoghi di accoglienza e cura che non esistevano nel mondo antico.
Moscati - sintetizziamo le parole di Gulisano - è particolarmente rilevante per l'attualità; vissuto quasi un secolo fa, il suo esempio di fede e dedizione al lavoro medico è una testimonianza vivente della possibilità di conciliare fede e scienza. Moscati iniziava ogni giorno con la messa la sua giornata. La sua vita rappresenta un esempio di come la fede possa coesistere con l'impegno scientifico in modo armonioso.

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Nella foto sopra, Giuseppe Moscati; in alto, il medico saggista Paolo Gulisano e don Davide Maloberti


La vocazione alla cura

Inoltre Gulisano ha raccontato come Giuseppe Moscati sia diventato un medico motivato da una profonda vocazione alla cura, che si manifestò quando, ancora adolescente, si prese cura del suo fratello maggiore, rimasto gravemente ferito in una caduta da cavallo e divenendo disabile. Crescendo in una famiglia di giuristi, con un padre magistrato impegnato e cattolico, Moscati affrontò le sfide legate allo stigma sociale delle disabilità. La dedizione con cui si occupò del fratello lo portò a scoprire la sua passione per la medicina, che Gulisano definisce “l’arte del curare,” sottolineando l'importanza di prendersi cura degli altri, indipendentemente dalla possibilità di guarire. Nonostante la sua corporatura gracile e le perplessità di chi lo circondava, Moscati emerse come figura di riferimento e ammirazione tra i suoi studenti, creando un ambiente positivo e di apprendimento. Successivamente, Moscati - ha aggiunto Gulisano - decise di concentrarsi sulla clinica, abbandonando la ricerca scientifica nonostante le sue promettenti capacità e la possibilità di ottenere riconoscimenti. La sua risposta a queste pressioni fu significativa: “non la scienza, ma la carità, ha trasformato il mondo.” Questa scelta di dedicarsi completamente alla cura dei pazienti rappresenta - secondo l’autore del libro - un passo fondamentale nel cammino verso la santità di Moscati.

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Nella foto, l'incontro in oratorio a Castel San Giovanni.

La dimensione umana e spirituale della medicina

Durante il dialogo con Davide Maloberti, Gulisano ha rievocato episodi significativi della vita di Moscati, sottolineando la sua vocazione alla cura e l’influenza che la sua fede cristiana ha avuto nel modellare il suo approccio alla medicina. Il pubblico ha partecipato attivamente, ponendo domande e condividendo riflessioni su come le parole di Moscati possano ancora ispirare la professione medica contemporanea.
La serata ha dunque saputo mettere in luce la necessità di riscoprire la dimensione umana e spirituale della medicina, un messaggio che rimane fondamentale per tutti coloro che operano nel campo della salute.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 22 marzo 2025

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Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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