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Lotta alle mafie, un compito di tutti

rizzuto

La seconda serata dedicata alla problematica della presenza mafiosa sul territorio piacentino, organizzata dall’Azione Cattolica di Piacenza e Bobbio in collaborazione con Libera Piacenza, ha visto come protagonisti il Prefetto di Piacenza Paolo Ponta e il giornalista Gaetano Rizzuto. Il tema dell’incontro “Anch’io posso” ha voluto sottolineare come il fenomeno mafioso possa essere combattuto da ciascuno di noi anche attraverso piccole azioni quotidiane. La lotta alle mafie non è solo compito delle forze dell’ordine o della magistratura, ma di tutti noi. Ogni cittadino ha la responsabilità di non girarsi dall’altra parte, di denunciare, di scegliere da che parte stare ogni giorno, anche con piccoli gesti, ad esempio sostenendo le aziende trasparenti, educando alla legalità, informandosi ed informando. Solo così si può costruire una società davvero libera.                                                                               
Il dottor Rizzuto ha raccontato all’inizio della serata la sua esperienza in Sicilia, dove è nato e ha sviluppato sin da giovanissimo la sua passione per il giornalismo d’inchiesta, in un periodo storico, quello degli anni 70, sicuramente non facile per il moltiplicarsi di stragi mafiose; ha poi posto al dottor Ponta alcune domande sulla nostra città.  

Piacenza si può considerare un’isola felice rispetto la criminalità organizzata ?

Piacenza si trova in una posiziona strategica e forse era un’isola felice, ma le infiltrazioni nel nord Italia partendo dalle città metropolitane si sono diffuse alle province persino nelle pubbliche amministrazioni. La criminalità organizzata penetra in modo subdolo nel mondo degli affari con il fine di investire il denaro sporco derivante sopratutto dal traffico di stupefacenti. Costituiscono nuove imprese, in particolare nel settore edilizio, oppure si infiltrano in quelle già esistenti, approfittano spesso delle difficoltà di liquidità di alcune di esse, offrendo finanziamenti o procurando servizi particolari, come quello della riscossione dei crediti.

Lo Stato come può fare prevenzione per evitare l’infiltrazione?

Il prefetto è autorità provinciale di pubblica sicurezza: oggi con la riforma della pubblica sicurezza il suo potere è di coordinamento tra le istituzioni e i corpi intermedi. In Italia abbiamo un sistema di sicurezza integrata con le amministrazioni locali e partecipata con i cittadini e le associazioni, come Libera e quelle di volontariato. La prevenzione anticipata si svolge ad esempio attraverso i controlli sulle ditte che appaltano lavori pubblici, esiste infatti una banca dati anti mafia che esclude le società a rischio d’infiltrazione. Sappiamo anche che i pericoli si annidano sopratutto nelle ditte satellite, quelle cioè che forniscono servizi connessi, ad esempio di ristorazione, di nolo, di guardiania o di risorse umane. In prefettura c’è un gruppo antimafia a cui chiedono informazioni le ditte appaltatrici. Esiste l’interdittiva, emessa dal prefetto per bloccare certe imprese attive nel settore dei lavori pubblici, il cui principio giurisprudenziale è quello della probabilità dell’infiltrazione. Un’attività molto attenzionata nella nostra città è anche la logistica, dove lo sfruttamento della manodopera può nascondere anche fenomeni d’infiltrazione mafiosa.

Come si possono contrastare i grandi capitali delle mafia che arrivano nell’economia legale?

Il principio è quello di “seguire il denaro”, una volta era molto complicato ma oggi per fortuna abbiamo banche dati interconnesse che costituiscono strumenti importantissimi per dare informazioni all’autorità giudiziaria dirette alla repressione del riciclaggio di denaro.

Nella nostra provincia ci sono beni confiscati alla mafia. Sono esempi di come si possono convertire strutture in modo utile per la comunità. Come può la comunità stessa con le proprie azioni mettere in atto azioni per la legalità?

La cultura della legalità è molto importante e deve essere coltivata nelle famiglie, nelle scuole, nelle associazioni di volontariato e nella Chiesa. È necessario educare per evitare la diffusione di comportamenti negativi, partendo dalla cura del territorio, combattendo il degrado degli spazi comuni, per poi passare al rispetto delle istituzioni e delle persone più in generale. Il cittadino non deve mai voltarsi dall’altra parte di fronte a fenomeni illeciti. A questo proposito ci tenevo citare una frase del nostro presidente Mattarella, pronunciata durante la commemorazione della morte dell’avvocato Ambrosoli: “ Ritirasi dalle proprie responsabilità, fingere di non vedere non è un comportamento neutrale, al contrario costituisce un obbiettivo e concreto aiuto all’illegalità e a chi la coltiva”. Troppo spesso come cittadini tendiamo a delegare, bisogna invece collaborare, perché fingere di non vedere ci fa essere complici della criminalità. Il più grande male è proprio l’indifferenza.  

Stefania Micheli

Nella foto, Gaetano Rizzuto e il prefetto Paolo Ponta.

Pubblicato il 17 marzo 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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