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Il film “Le stanze di Verdi” in anteprima a Piacenza il 25 settembre

verdi

"Le stanze di Verdi” del regista Riccardo Marchesini, nato su impulso di Pupi Avati, uscirà nelle sale cinematografiche il 6 ottobre ma con un anteprima il 25 settembre alle ore 20.30 a Piacenza al The Screen Cinemas in via Corrado Visconti. Piacenza e la sua provincia sono state trasformate in un set cinematografico, con protagonista Giulio Scarpati.
Dietro a “Le stanze di Verdi”  c’è l’impegno del produttore piacentino Giorgio Leopardi, che ha all’attivo oltre venti film. Realizzarne uno su Giuseppe Verdi era un suo vecchio pallino. “È un film pensato e adatto in particolare per le scuole, per i ragazzi, per conoscere la figura del Maestro. Si tratta di un docufilm realizzato a regola d’arte, con uno sforzo organizzativo importante, che verrà distribuito anche all’estero. È un film leggero, dedicato ai giovani, per scoprire un personaggio storico importante per il nostro Paese”. 

Marco Corradi con Giulio Scarpati

“Verdi non è di Parma”, il libro di Marco Corradi

“Pupi Avati ha letto il mio libro e gli è piaciuto: la casa editrice Persiani di Bologna ci ha messo in contatto e poi con il produttore Giorgio Leopardi è nato il film”. Il piacentino Marco Corradi, professione avvocato, appassionato di ricerca storica, qualche anno fa ha messo il dito in una piaga storica, dando alle stampe “Verdi non è di Parma”, che ha ispirato il docufilm.
Corradi, perché ha scritto questo libro? “E' la stessa domanda che mi ha posto Pupi Avati la prima volta che ci siamo visti? La vita di Verdi, come ha vissuto, la sua figura, quello che ha fatto e affrontato, mi ha sempre attratto. Mi ha sempre dato l’idea di un uomo che ha sfidato il destino, e lo ha vinto. Poi, l’impulso del libro è arrivato anche da Corrado Sforza Fogliani: ci teneva particolarmente alla valorizzazione del Verdi piacentino e ha suggerito lui il titolo provocatorio”. 
La pubblicazione tocca un nervo scoperto: per molti ci siamo fatti “rubare” Verdi da Parma. “Verdi era molto più legato a Piacenza - riflette Corradi -, però i piacentini cosa hanno fatto per lui fino ad adesso? Nel libro c’è una vena polemica nei confronti di Parma, ma i parmigiani e parmensi, che stimo e apprezzo, lo hanno valorizzato. Noi piacentini invece non abbiamo fatto nulla.
Allora possiamo dirlo che Verdi era più piacentino che parmense? “Le famiglie dei suoi genitori erano piacentine. La madre era di Saliceto di Cadeo, il padre di Villanova. Ma era piacentino anche come carattere, come stile di vita. Non amava la vetrina. E ha investito tutto quello che ha guadagnato nel territorio piacentino, comprando terreni nella nostra provincia. Aveva un palazzo a Busseto e l’ha venduto per costruire Villa Sant’Agata. Il lavoro agricolo lo ha offerto a Villanova, affermando con orgoglio che dal suo paese la gente non emigrava, perché lui offriva loro un’occupazione. A parte la donazione per la casa di riposo per i musicisti di Milano, tutti i suoi soldi sono stati investiti in interventi legati alla provincia piacentina”

Il 90% della pellicola riguarda il territorio piacentino

Nel film  risalta la figura di Verdi imprenditore nelle terre che producono il celebre formaggio (attività ricostruita in un volume da Maura Quattrini e Davide Demaldè, anche lui coinvolto nelle riprese). Verdi stesso contribuiva alla produzione: una scena del docufilm non a caso è ambientata in un caseificio di Villanova. 

“Il 90% della pellicola - precisa Leopardi - riguarda il territorio piacentino. Confesso di non essere molto appassionato di musica, ma da anni avevo l’idea di fare qualcosa su Verdi, dopo aver letto alcune pubblicazioni locali. Pupi Avati mi ha dato massima disponibilità a occuparsi del progetto, una volta letto il libro di Marco Corradi”. 

Lo stile del film
 

“Nel film - aggiunge Leopardi - la presenza di Verdi si deve avvertire: è una sorta di ombra che torna a tratti. Verdi ci sarà, ma non è interpretato da qualcuno, perché sarà egli stesso a condurci in questo viaggio che, non a caso, si intitola «Le stanze di Verdi», stanze attraverso le quali si muovono, ai tempi nostri, un narratore e un musicista a raccontare l’umanità del Maestro. Sono ottanta minuti di vita e di viaggio, di Verdi e della sua campagna, ma soprattutto della generosità che dimostrò nei confronti della sua gente. Era una persona meravigliosa, ha fatto cose incredibili, anticipato i tempi, non solo in ambito musicale, anche in quello agricolo”.

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Pupi Avati: Verdi non rappresenta solo la musica, ma anche la coscienza storica del Paese

Pupi Avati è uno dei più noti registi italiani. Di origine bolognese, ha curato la realizzazione del film “Le stanze di Verdi”. Gli abbiamo chiesto di illustrare le ragioni che lo hanno portato a pensare ad una pellicola dedicata a Giuseppe Verdi. 

Come mai ha deciso di impegnarsi in un film di valorizzazione della figura di Verdi e dei luoghi a lui cari?
Tutta la volontà e il sommo interesse di indagare gli aspetti del genio. È qualcosa che avevo ricercato già in una mia "ipotesi" di Mozart in Emilia: il film era "Noi Tre" (1984) e parlava di un talento totalizzante, capace di intromettersi anche nelle tensioni adolescenziali di un giovanissimo Amadeus. 

Cosa la colpisce dal punto di vista umano di Verdi?
Tutto ciò che Verdi ha rappresentato e continuerà sempre a rappresentare non solo per la musica ma anche, direi soprattutto, per la coscienza storica del nostro Paese. Gli aneddoti sulla figura di Verdi sono tanti, disparati e non sempre verificabili, così come accade per tutti i grandi geni e per una figura a me intimamente cara come quella di Dante. 
Su tutti, però, mi ha colpito un accadimento. In fin di vita, ormai agonizzante, Verdi si trova al Grand Hotel et de Milan. Le strade intorno sono cosparse di paglia. Tutto ciò attutisce il rumore delle carrozze, gli zoccoli dei cavalli e quant’altro. Niente deve turbare gli ultimi attimi di vita del maestro. La popolazione ne è consapevole ed agisce di conseguenza.  C’è qualcosa di più affascinante? Qualcosa che incarni meglio il significato di devozione?  

Prima di leggere il libro e di dedicarsi al film, era a conoscenza della diatriba tra i territori di Parma e Piacenza per i natali del Maestro?
È una diatriba che mi ha incuriosito sin dal principio. 
Certamente l’ho scoperta e meglio indagata durante la preparazione del documentario. Ma, francamente, non volevo soffermarmi solo su qualcosa che facesse sensazione, che rivelasse un fatto. Credo che i documentari che rincorrono perennemente i “risultati di un’indagine” finiscono poi per essere fagocitati proprio da questo aspetto. 
Al di là della diatriba sui natali, c’era da esplorare l’intimità del genio. Fare in modo che lo spettatore “abitasse” gli ambienti a lui cari. In questo non c’è sensazione da rincorrere, nessuna indagine, ma c’è da invocare nuovamente la devozione.

Nelle foto: dall'alto, Giuseppe Verdi nell’illustrazione di Renato Vermi; Marco Corradi (il primo a destra) con Giulio Scarpati la prof.ssa Maura Quattrini; il regista Pupi Avati.

Pubblicato il 17 settembre 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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