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A Scienze della formazione la pedagogia della famiglia si impara fuori dalle aule

Musi

Esce dalle aule dell’accademia per entrare negli spazi dei futuri ambiti professionali dei laureati in Scienze della formazione: è la proposta formativa della professoressa Elisabetta Musi e accettata con entusiasmo dagli studenti di “Pedagogia della famiglia” della Laurea Triennale in Scienze dell’Educazione e della Formazione del campus di Piacenza dell’Università Cattolica.
La definisce “Università situata”, la professoressa Musi, ovvero «calata negli ambienti in cui ciò che si insegna dovrà essere applicato; al contempo si tratta anche di un’esperienza di Università “de-situata” perché si svolge fuori dalle aule in cui normalmente si tengono le lezioni».
«Nell’incontro con operatori sociali, professionisti dell’educare, volontari e fruitori dei servizi» riprende la professoressa Musi «si crea una comunità di apprendimento all’interno della quale si mescolano e si ridefiniscono punti di vista, saperi e competenze, in cui le diverse età ed esperienze si mettono in dialogo. L’Università fuori dagli spazi universitari è un’occasione per soggetti con ruoli diversi di raccontarsi, sollecitati a rilevare e problematizzare la dimensione pedagogica del proprio agire, al fine di comprendere meglio il mondo in cui si abita e per costruire insieme ipotesi di cambiamento evolutivo». Compito del docente in questa forma di didattica innovativa, sta nell’accompagnare studenti e studentesse a misurarsi concretamente con la complessità, facendosi garanti di scambi tra mondi e gruppi sociali diversi.
La teoria rimane imprescindibile, «ma è espressamente finalizzata a verificare le capacità di analisi e di problematizzazione degli studenti in contesti sconosciuti, per imparare a utilizzare le competenze apprese in funzione di ciò che l’esperienza richiede, generando comprensioni originali e generalizzando informazioni che nascono dal confronto, dal dibattito».

Così, se il primo semestre si è svolto all’interno delle aule universitarie ed è stato dedicato ai fondamenti teorici della pedagogia della Famiglia, «il secondo semestre sarà dedicato all’apprendimento diretto nei contesti, e prevede tre percorsi formativi in altrettanti scenari sociali particolarmente significativi per il sostegno alla famiglia, messa alla prova da esperienze critiche, all’individuazione di possibilità educative/rieducative e di promozione sociale».

Ad accogliere gli studenti, a partire da oggi 27 febbraio, saranno gli spazi e gli operatori di un Servizio pubblico che accoglie neomamme, che ha offerto la propria disponibilità a ospitare, oltre alle studentesse del corso, le future mamme che partecipano ai corsi di preparazione alla nascita e alcune ostetriche del Consultorio che guidano i corsi. Seconda tappa sarà la Casa Circondariale di Piacenza, dove verranno realizzati 4 incontri con i detenuti sui temi della genitorialità e della vita emotiva. Infine, nell’Hospice “La casa di Iris” verranno affrontati, con operatori, volontari e familiari dei pazienti, i temi della sofferenza, della separazione, della morte e della elaborazione del lutto. Ogni percorso consiste in una serie di incontri di 3 ore l’uno nei luoghi dei servizi in cui ci si confronterà con gli operatori e i soggetti che ne stanno facendo esperienza.

«Si tratta di un’interpretazione della mission dell’Università che non ne tradisce ma anzi ne amplifica l’azione democratica, e che si ispira a esperienze avviate con successo in altri Paesi. La proposta – conclude la docente – è principalmente finalizzata a risemantizzare l’idea stessa di didattica universitaria nei termini di una costruzione collettiva e critica del sapere, in grado di tessere un dialogo tra soggetti che partecipano al mondo-della-vita secondo prospettive differenti ma accomunate da medesimi interessi».

Nella foto, la professoressa Elisabetta Musi.

Pubblicato il 27 febbraio 2024

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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