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Appennino Festival 2025: Hartmann e i cori a Sella dei Generali il 3 agosto

Hartmann Christoph

Saranno “Incanti d’Appennino” quelli che apriranno Appennino Festival, la kermesse cultural-musicale che da 24 anni offre l’occasione di ascoltare repertori antichi e poco noti in luoghi straordinari dell’Appennino piacentino e parmense.
“Incanti d’Appennino” è il titolo del primo concerto in programma domenica 3 agosto sul pascolo di Sella dei Generali nel comune di Coli alle 17.30: a esibirsi saranno l’oboista dei Berliner Philarmoniker Christoph Hartmann accompagnato dal figlio Franz (anche lui oboista) e i cori Val Curiasca, di Mareto ed Eco di Valle, che mantengono viva la pratica del canto polivocale maschile. Hartmann ha iniziato la sua carriera di musicista orchestrale nel 1991 con l'Orchestra Filarmonica di Stoccarda, passando poi ai Berliner Philharmoniker l'anno successivo: insegna all'Accademia dell'Orchestra dal 1993 e nel 1999 ha fondato con alcuni colleghi il festival Landsberger Sommermusiken, da cui è nato l'Ensemble Berlin, che si esibisce in Germania e all'estero. In serata nella chiesa di Mareto, alle 21.30, è in programma “Adriatico”, un omaggio alle musiche dalle tradizioni popolari mediterranee reso da Giovanni Seneca (chitarra battente), Frida Neri e Anissa Gouizi (voci e percussioni).

Seneca è stato ospite solista nelle stagioni di molte orchestre, tra cui Orchestra Sinfonica della Rai di Roma, Orchestre des Concerts Lamoreux di Parigi, Orchestre Symphonique Français di Parigi, Orchestre Philarmonique di Cannes in costa azzurra, Orchestra Filarmonica Marchigiana di Ancona. È docente titolare della cattedra di chitarra al conservatorio Gioacchino Rossini di Pesaro e direttore artistico del progetto Adriatico Mediterraneo che organizza dal 2007 eventi culturali e progetti di cooperazione internazionale. Neri invece apprende i primi rudimenti di chitarra a 14 anni e durante gli anni dell’università, trascorsi ad Urbino, comincia ad esibirsi con gruppi locali dal vivo, nell’ambito di vari progetti di genere diverso. dal reggae al grunge, dal rock femminile anni ’90 al blues, passando per la musica cantautorale italiana fino ai primi passi nel mondo del jazz.

Lunedì 4, Appennino Festival approda in alta Valboreca: nella chiesa di Samboneto, nel comune di Zerba, alle 16.30 è in programma “La luna tra i monti”, una selezione di musiche dai repertori europei di danza antichi e tradizionali con Silvia Sesenna (clavicembalo), Maddalena Scagnelli (violino), Franco Guglielmetti (fisarmonica) e Fabio Paveto (piffero).
Sesenna è collaboratrice esterna come cembalista al conservatorio Nicolini e insegna teoria e solfeggio e musica d’insieme alla scuola di musica Artemusica di Piacenza della quale è vicedirettrice, mentre Paveto è polistrumentista, suona il piffero, la musa e il flauto.

Il 5 agosto la manifestazione mette in calendario un appuntamento nell’antica chiesa di Castelletto di Vernasca, dove alle 18 si terrà “Cantar di Murgia”: il Maria Moramarco Ensemble proporrà le musiche dalla tradizione popolare pugliese. Moramarco proviene da una famiglia di “cantori”: da sempre impegnata nel lavoro di recupero e nella riproposizione della musica di tradizione orale iniziato negli anni Settanta, ha fondato nel 1978 ad Altamura il gruppo Uaragniaun insieme a Luigi Bolognese e Silvio Teot con l’intento di riproporre le tradizioni popolari dell’Alta Murgia barese.

Il 6 infine sul sagrato della chiesa di Sant’Agata di Rivergaro alle 21.15 ecco “Mediterranima - Il Canto del Sabir”: protagonisti saranno Stefano Saletti e la Banda Ikona.

Saletti da anni si occupa dello studio e della diffusione della musica mediterranea e ha dedicato studi e ricerche alla lingua franca mediterranea Sabir, la lingua dei pescatori, dei marinai, dei commercianti che dal 2005 utilizza nelle sue composizioni originali: nel 1985 ha fondato i Novalia e nel 2004 ha dato vita al progetto Piccola Banda Ikona, in seguito Banda Ikona.

Nella foto, il musicista Hartmann.

Pubblicato il 2 agosto 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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