La Morenita di Guadalupe
La Morenita
La devozione alla Madonna di Guadalupe in diocesi
“Dire messicano è dire guadalupano. Anche chi si dichiara lontano dalla Chiesa, guai a toccargli la Madonna di Guadalupe!”. C’è un pezzetto di Messico a Piacenza che guarda con attesa al prossimo viaggio di Papa Francesco, in programma dal 12 al 18 febbraio. Uno dei grandi desideri del Papa – ha confidato lui stesso nel videomessaggio registrato in vista della partenza per il Messico – è di visitare il santuario della Vergine di Guadalupe, che custodisce la “tilma”, ovvero il mantello, su cui si è impressa l’immagine della Madonna così come apparve, nel dicembre del 1531, all’indio Juan Diego.
Anche in diocesi sta crescendo la devozione alla Vergine “Morenita”. In città sono le suore messicane delle Figlie di Gesù Buon Pastore a radunare il 12 di ogni mese – anniversario dell’apparizione – un gruppo di preghiera di immigrati latinoamericani, a cui si stanno aggiungendo anche diversi italiani. Ma da dove nasce questo attaccamento viscerale alla Madonna di Guadalupe? “È come noi, «morenita» - spiegano suor Martha, suor Angelica e suor Giovanna -. La Vergine apparendo a Juan Diego ha preso le nostre fattezze, le nostre radici. Il suo viso meticcio, ma anche le mani, una più scura e l’altra bianca, ci parlano dell’unione di due culture, quella spagnola e quella azteca, che fino a quel momento erano vissute in conflitto”.
In Val d’Aveto dal 1805 si venera la Vergine di Guadalupe, complice l’iniziativa di uno studente originario di Santo Stefano che studiava a Piacenza dai Gesuiti e che portò nel paese una immagine della Madonna, consegnandola al parroco. Con la “Morenita” fu amore a prima vista: nel 1815 venne proclamata patrona di tutta la vallata. “La gente di montagna la sente vicina forse proprio perché, volendo apparire ad un umile indigeno, la Madonna di Guadalupe è in un certo senso la Madonna delle periferie, per richiamare un’espressione cara a Papa Francesco - fa notare il parroco di S. Stefano d’Aveto don Ferdinando Cherubin -. E noi, per la posizione geografica e per le difficoltà che chi vuol continuare a vivere in montagna deve affrontare, siamo gente delle periferie”. Cominciano anche ad arrivare i primi pellegrini da fuori. E c’è chi scrive chiedendo preghiere.
Barbara Sartori
Leggi il servizio alle pagine 14 e 15 dell’edizione di venerdì 12 febbraio 2016.