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Piacenza capitale dei pellegrini già prima di Sigerico

 Pietro Coppelli e Giampietro Comolli

«Piacenza già era capitale dei pellegrini prima del 990 (nascita della Via Francigena ufficiale con il Diario di Sigerico Canterbury-Roma, ndr). Già nella Tabula Peutigeriana del III secolo Piacenza era punto viario nevralgico. Tanti vescovi piacentini sono stati grandi pellegrini fino alla prima Crociata. Anche in considerazione di questo la Via Francigena piacentina, da migliorare, può diventare una vera opportunità di sviluppo del nostro turismo».
Così Giampietro Comolli, presidente del Comitato Tratta Piacenza vie Romee-Francigena pro-Unesco, relatore della prima conferenza di un ciclo (prossimi appuntamenti il 16 marzo e il 6 aprile) dedicato appunto alla Francigena, organizzato nell’ambito del ricco programma messo in campo dalla Comunità francescana e dalla Banca di Piacenza per celebrare i 500 anni dalla posa della prima pietra di Santa Maria di Campagna.

Il relatore - introdotto dal presidente del Comitato per i 500 anni Pietro Coppelli, che ha ricordato come il punto dove ora sorge la Basilica di Campagna fosse luogo dincontro dei pellegrini - e davanti a un pubblico, che ha riempito la Biblioteca del Convento francescano, composto non solo da piacentini ma anche da pavesi, lodigiani e parmensi, ha mandato un pensiero al compianto presidente Sforza Fogliani «che ci stimolò a far nascere il nostro Comitato e diede attraverso la Banca il prezioso supporto allo stesso mettendo a disposizione segreteria tecnica, esperti in materia, libri, ricerche e tesi di laurea sul tema». Comitato - ha puntualizzato il dott. Comolli - «nato non contro qualcuno, ma aperto a idee diverse e con la funzione da fare da pungolo alla risoluzione dei problemi. Tra singoli e rappresentanti di associazione, l’organizzazione conta oggi su una settantina di iscritti, mossi dal desiderio di ottimizzare i 76 chilometri della Via Francigena piacentina, che presenta in primis alcuni problemi di sicurezza. «Da 2019 al 2022, seppur con in mezzo la pandemia - ha sottolineato il presidente Comolli -, il Comitato ha svolto indagini e sondaggi presso sindaci, assessori, enti, associazioni, club, escursionisti, sportivi (locali e non) per capire come mai, stando ai numeri pubblicati in quegli anni, gli accreditamenti dei pellegrini erano 1400-1500 l’anno al Guado del Po a Calendasco e circa 4000-5000 a Fidenza. Da qui la constatazione che esistono vie alternative molto frequentate (verso i monti), ma soprattutto che “pericoli stradali” allontanano da Piacenza pellegrini e turisti. Il comitato individuò già nel 2019 il problema e le soluzioni, presentandoli al Comune e alla Provincia, a tutti i sindaci aderenti: il transito a piedi o in bicicletta sulla via Emilia Parmense e Pavese costituisce un fattore deterrente. Superabile con due ponti in ferro come già presenti a Cortemaggiore e a Fiorenzuola, per attraversare il Trebbia non sul ponte di San Nicolò e il fiume Nure al vecchio ponte romano lungo la ex via Aemilia Romana, e non sulla camionale inquinata di oggi. Nel 2022 fu proposto anche un primo e secondo tracciato di “attraversamento” della città dagli argini di Portapuglia fino a via Campagna e porta Borghetto, come pure il tragitto “più sicuro” dalla Lupa, al Collegio Alberoni e all’Università, e a proseguire costeggiando la via Emilia odierna nei campi agricoli. Una variante sicura, alberata, con pozzi e sorgenti d’acqua, accoglienza in agriturismi e B&B».

Rimarcata anche la necessità che Piacenza segnali i percorsi della Francigena con un simbolo comune. Non solo. Al nostro territorio gioverebbe avere un brand che lo caratterizzi, rendendolo immediatamente riconoscibile (il gen. Gentile, in sede di dibattito, ha proposto il “Gutturnium”). In rappresentanza dell’Amministrazione comunale è intervenuto l’assessore alle Politiche giovanili Francesco Brianzi, che ha convenuto quanto sia necessario fare rete per creare nella comunità la consapevolezza della ricchezza culturale del territorio.
«Il nostro Comitato - ha concluso il dott. Comolli - vuole semplicemente essere una voce locale a tutela di una identità storica che Piacenza non deve ne delegare, né buttare, né dimenticare».

Nella foto, da sinistra, Pietro Coppelli e Giampietro Comolli.

Pubblicato il 27 febbraio 2023

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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