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118, quelli della prima linea

stefano nani coordinatore 118 Piacenza 2

Da L’Aquila in poi non ha mancato un’emergenza terremoto. Si è trovato a gestire i soccorsi in incidenti stradali con anche cento feriti. "Ma quanto stiamo applicando ora nei nostri interventi, lo avevamo solo studiato sui libri, riferito alle zone di guerra", non nasconde Stefano Nani, 45 anni, dal 2006 coordinatore del 118 dell’Azienda Usl di Piacenza.
Medici, infermieri e autisti soccorritori sono la prima linea della battaglia contro il Covid-19. Una battaglia, nell’esperienza di Nani, che rifugge a ogni tattica. "Anche i terremoti hanno una temporalità – riflette –, per cui puoi fare dei calcoli nell’impiego di risorse, perché più o meno capisci quando l’evento rallenta o si ferma. Qui la riorganizzazione è stata continua, il giorno dopo non sapevamo che numeri aspettarci". La centrale operativa a inizio marzo è arrivata a ricevere oltre 150 chiamate al giorno. "Tanto per una realtà come Piacenza, che nella quotidianità fa 80-90 servizi. E a questi – precisa – si aggiungono ulteriori richieste, perché la gente continua a star male anche per altro". Da una settimana  però si sta registrando un calo, lieve, ma continuo. 

Lavoro di squadra con Anpas e Cri

A Piacenza la rete del 118, con i suoi 130 professionisti, ha fatto da subito la scelta di coinvolgere i volontari di Anpas e Croce Rossa. "Ci hanno dato un grandissimo supporto sia nelle urgenze che nei trasporti da ospedale a ospedale, fondamentali per liberare posti in terapia intensiva". Quindici le ambulanze dedicate, più una messa a disposizione dai colleghi di Modena e cinque arrivate dai militari del 132° Reggimento artiglieria terrestre "Ariete", del reggimento logistico "Ariete", del 5° reggimento dei Lancieri di Novara, dell'11° reggimento bersaglieri Brigata Pozzuolo del Friuli, del reparto comando Puzzuolo del Firuli, del 187° Reggimento Folgore, del 3° Cavalleria Savoia. Con i vigili del fuoco e la Protezione civile si è provveduto alla decontaminazione dei mezzi e del personale. "Un grande lavoro di squadra", dice orgoglioso Nani.

Quanta paura nel distacco della famiglia

L’onda d’urto più forte l’hanno vissuta gli equipaggi sulle ambulanze. Ci sono loro nel delicatissimo momento del distacco dal domicilio. "Dal concetto di ospedale aperto siamo diventati ospedale blindato: all’inizio le famiglie non capivano perché non potevano seguirci, perché chiedevamo un numero di telefono di riferimento da inserire nella scheda per il Pronto Soccorso – racconta Nani –. C’era molta paura, anche tra i giovani: sentivano venir meno il respiro, una condizione inattesa per l’età. Insieme all’aiuto professionali, ci chidevano conforto".

Anche il 118 ha avuto i suoi caduti. L’ultimo, un austista soccorritore marchigiano. "Chi sceglie la nostra professione sa che incorre in alcuni rischi, si tratti di sicurezza sui luoghi degli incidenti o della possibilità di venire a contatto con certe malattie. Ma questa situazione, anche se siamo formati e abbiamo i dispositivi di protezione giusti, era molto lontana dai nostri schemi mentali", ammette Nani. Da papà, condivide le preoccupazioni di tanti suoi operatori. "Abbiamo avuto anche noi familiari o amici ricoverati, eppure nessuno si è tirato indietro. I cittadini in ogni modo ci stanno facendo sentire la loro gratitudine, riconoscono il nostro sforzo. Questo ci aiuta ad andare avanti".

Barbara Sartori

Pubblicato il 4 aprile 2020

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