Le parole del vescovo mons. Ambrosio alla veglia pasquale in Cattedrale
Il vescovo mons. Gianni Ambrosio nella veglia pasquale, celebrata nella Cattedrale di Piacenza, trasmessa in diretta via streaming dal sito della diocesi e da Telelibertà, ha invitato ad una partecipazione attiva alla preghiera anche dalle case. Ha chiesto alle famiglie, piccole “chiese domestiche”, di predisporre tre segni: la candela accesa, un recipiente d’acqua e l’immagine della Madonna. La candela segno della luce di Cristo, l’acqua il ricordo del battesimo e la figura di Maria, la madre che ha sofferto, atteso e gioito nella Risurrezione. Nella Cattedrale deserta e buia il fuoco nuovo nel braciere ardente ha dato inizio alla liturgia, il cero pasquale ha illuminato il buio della notte e, al canto dell’Exultet, il ritorno della luce ha messo in evidenza la maestosità dell’edificio sacro.
“La veglia pasquale - ha commentato il Presule - è la madre di tutte le veglie, celebra il grande amore di Dio nella Resurrezione”. Una celebrazione che - ha aggiunto il Vescovo - invita ogni uomo a sperimentare la luce che rischiara ogni vita. Mons. Ambrosio ha ricordato l’alleanza di Dio con l’umanità che è iniziata fin dalla creazione ed è continuata nella storia del popolo ebraico. Una alleanza che ha sempre avuto bisogno di essere rinnovata per l’infedeltà dell’uomo ed è giunta a compimento in Gesù che si fa servo fino a dare la sua vita sulla croce.
“Dio non ha abbandonato - ha continuato il presule - nell’oscurità del sepolcro suo Figlio, ma lo ha risuscitato dalla morte e ha fatto in modo che ci fosse una resurrezione per tutti noi, figli dello stesso Padre”. La celebrazione pasquale è una liturgia ricca di simboli: il fuoco e il cero pasquale sono segno di Cristo che vince la notte, l’acqua benedetta fa memoria del battesimo, della nuova nuova nascita in Cristo e l’eucaristia dona Gesù cibo e bevanda per il nutrimento dell’anima.
Al termine della celebrazione il parroco della cattedrale mons. Serafino Coppellotti ha espresso al Vescovo gli auguri di una santa Pasqua, interpretando i sentimenti e i desideri della comunità parrocchiale, della comunità diocesana e dei confratelli sacerdoti e diaconi.
“In questo periodo difficile - ha sottolineato mons. Coppellotti rivolgendosi al Vescovo - abbiamo sentito la sua paterna presenza attraverso varie comunicazioni e disposizioni per un giusto comportamento, gli inviti alla speranza, la lettera al clero per il Giovedì santo, gli auguri inviati per la Pasqua, i suoi incoraggiamenti espressi attraverso la stampa e i mezzi di comunicazione. Grazie per tutto quello che ha fatto e assicuriamo la nostra preghiera e l’essere in comunione per poter andare avanti nella forza che viene dalla fede, dalla speranza e dall’amore per la vita”.
Mons. Ambrosio, prima della benedizione finale, ha ringraziato mons. Coppellotti, i canonici, i sacerdoti e tutti coloro che, in questo momento oscuro, hanno faticato e si sono sono impegnati per il bene di tutti.
Riccardo Tonna
Pubblicato il 12 aprile 2020
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L'omelia del Vescovo del giorno di Pasqua
L'Amore non si rassegna. .Abbiamo cantato l’Alleluia pasquale, che esprime la gioia e la speranza della Pasqua di risurrezione. Ma nel nostro cuore è ancora presente molta tristezza. Il solo fatto di essere qui, nella nostra grande e maestosa Cattedrale, a cantare l’alleluia senza la partecipazione del popolo di Dio è motivo di disagio che si aggiunge al dramma di questi giorni. Finalmente ieri, dopo un lungo e pesante mese, il numero dei morti per il Covid-19 è tornato al di sotto della doppia cifra. Sono sei i piacentini deceduti: speriamo sia il segno di un ritorno alla normalità. Raccomandiamo al Signore tutti i morti di questi giorni.
Abbiamo sentito dalla parola del Signore che la mattina di Pasqua – “il primo giorno dopo il sabato” ebraico, che i cristiani chiameranno domenica - erano tristi anche Pietro, Giovanni e le donne. Tristi per la crocifissione di Gesù, il loro Maestro e Signore. Tristi anche per la tomba che hanno trovato vuota quando sono si sono recati al sepolcro. La speranza si era affievolita, forse anche si era spenta, o forse, nonostante tutto, un filo di speranza era ancora presente. Avevano molto amato Gesù e l’amore non si rassegna. Inoltre Gesù aveva annunciato che qualcosa sarebbe avvenuto.
Il Risorto ci fa partecipi della sua risurrezione. Poi l’annuncio della risurrezione non tarda a risuonare nel cuore di Pietro, Giovanni e degli altri apostoli. Ma ancora prima sono le donne ad accogliere l’annuncio, Maria di Magdala e le altre donne, e in particolare Maria, la Madre di Gesù. La voce dell’angelo si diffonde: “Non è qui, è risorto”. È il primo annuncio della Pasqua, un annuncio che continua nel tempo grazie alla voce delle donne, alla voce dei discepoli e poi alla voce e alla testimonianza di molti cristiani: “E’ risorto”. Apriamo anche noi il nostro cuore e prestiamo ascolto alla voce, laviamo i nostri occhi perché diventino occhi nuovi, capaci di riconoscere i segni della risurrezione di Cristo e della nostra risurrezione, perché il Risorto ci fa partecipi della sua risurrezione.
La vita ha vinto la morte, la luce ha sconfitto la tenebra. Non è annullata la sofferenza e la morte, non è eliminato il dolore e l’oscurità, ma la vita è illuminata dalla risurrezione: questa è la ‘nuova creazione’ che Dio ha compiuto, perché Dio è fedele, perché ama la vita, perché non abbandona i suoi figli nell’oscurità di un sepolcro.
Da duemila anni questo annuncio viene proclamato, viene vissuto e testimoniato in mezzo a tanti drammi e tante oscurità. Ma la luce della Pasqua non è venuta meno, la speranza continua: Cristo è risorto e noi non siamo abbandonati a un destino di morte, siamo risorti con Cristo, siamo in cammino verso la pienezza della vita. Questa è la promessa di Dio che si è compiuta in Gesù e attende di compiersi anche per noi nel mistero dell’amore di Dio. L’apostolo Paolo ci ammonisce: “se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”. E ancora: “rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”.
Non ho mai tanto atteso l'annuncio della Pasqua. Vi confesso che non ho mai desiderato e atteso l’annuncio della Pasqua in modo cosi vivo come quest’anno. Vi confesso pure che mai come questa volta ho avvertito la forza delle parole di Pietro che, superata finalmente la paura, osa annunciare la risurrezione davanti a coloro che avevano messo a morte Gesù. “Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute (...), lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e volle chi si manifestasse a noi”. Mai come in questa Pasqua, dopo aver visto i tanti segni di vita, di amore, di dedizione, di risurrezione da parte di molte persone – e li ringrazio ancora - ho intuito che la risurrezione di Cristo è il solo fondamento affidabile della speranza degli uomini. Lo affermato l’apostolo Paolo nella lettera ai Corinzi: “se Cristo non è risorto, è vana la nostra fede” (cf. 1Cor 15, 14). A cui mi permetto di aggiungere: allora vuota è la speranza. No, non è vuota la speranza, non è vana la fede. L’ultima parola non è la morte, l’ultima parola è la parola di Dio. Perché Dio - che spesso lasciamo fuori dalla vita - continua a essere il Dio della vita, il Dio che non lascia soli e abbandonati i suoi figli. La luce della Pasqua di Cristo illumini la grande oscurità della morte, del dolore, della sofferenza. La grazia della Risurrezione agisca in noi e nella nostra vita, donando a tutti la forza della speranza. La gioia della Pasqua sia il lievito che genera la vita nuova con relazioni più buone e più fraterne, di cui avvertiamo tutti l’urgente bisogno.
È l’invocazione che sale al Dio da tutta la Chiesa e dall’umanità sofferente. È l’augurio pasquale che rivolgo a tutti voi, alle vostre famiglie, alla tutta la comunità piacentina così profondamente provata dalla sofferenza. Buona Pasqua!