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1° Maggio: Il lavoro forma l'Italia

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La Festa dei lavoratori cade quest’anno in una situazione drammatica per il nostro Paese. All’emergenza sanitaria, scandita dai numeri dei morti e dei ricoverati, si sta sommando l’emergenza sociale con centinaia di migliaia di fabbriche, negozi e uffici chiusi, tante attività sospese (perfino la piaga del lavoro nero è sospesa).

Se guardiamo al passato, l’immagine che abbiamo di fronte è quella dell’Italia uscita dalla II Guerra mondiale, e non abbiamo nemmeno certezze per il futuro, o meglio le uniche certezze che abbiamo sono tutte negative: tante attività non riusciranno a ripartire, altre solo a ritmo ridotto, il settore economico in difficoltà, milioni di lavoratori in cassa integrazione, disoccupati e, soprattutto, nuovi poveri.

Abbiamo dimostrato tutti, in questi difficili momenti, spirito di sacrificio, dignità, compostezza, soprattutto tanta solidarietà. Questa situazione ha fatto venir fuori la centralità delle reti di prossimità e di solidarietà oggi ancora più essenziali per contrastare la solitudine e l’isolamento di tanti.

“Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”, ci ha ricordato papa Francesco.

Ripartiamo da qua, da questi valori che abbiamo riscoperto, che abbiamo sempre avuto ma che forse tenevamo un poco nascosti

E ripartiamo, come 75 anni fa, a ricostruire intorno alla Carta Costituzionale.

Anche oggi abbiamo bisogno di ripartire dalla Costituzione, proprio dalle sue righe iniziali: è il legame con il lavoro che fonda l’Italia, che dà una forma alla nostra vita quotidiana personale e collettiva.

Dobbiamo contemporaneamente intervenire sull’emergenza e progettare il futuro del Paese, gettando le basi per un nuovo piano di crescita e sviluppo.

Va fatto un investimento vero sulla scuola e sulla formazione, perché lavoreremo in un contesto mutato e ancora condizionato dall’esistenza del virus. Il mercato del lavoro sta cambiando, proiettato sempre di più verso nuove forme, tra cui lo smart working, come dimostra l’esperienza di questi mesi, e in generale il ruolo della tecnologia, come dimostrano le applicazioni dell’Industria 4.0.

In questo contesto dovremo monitorare con attenzione i più deboli e i più fragili. Il distanziamento fisico rischia di trasformarsi in distanziamento economico, poi sociale e infine umano.

Nel 65esimo dell’istituzione della Festa di san Giuseppe vogliamo riappropriarci della sacralità del lavoro, facendo ancora una volta nostre le parole di papa Francesco: “il lavoro ci unge di dignità, ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre; dà la capacità di mantenere sé stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione”.

Solo attraverso il lavoro potremo riallacciare i legami delle nostre comunità, rifondare il patto sociale e far ripartire l’Italia. Lo faremo assieme a tutte le organizzazioni che hanno a cuore il destino dei lavoratori, a partire dalle organizzazioni sindacali, Cgil, Cisl e Uil, di cui condividiamo il documento e la campagna di informazione.

Pubblicato il 30 aprile 2020

Roberto Rossini e la Presidenza Nazionale delle Acli

Ascolta l'audio   

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