PIACENZA
La nostra storia
Lo sapevate che nel 1491 il francescano Bernardino da Feltre era riuscito a raccogliere così tante offerte dai cittadini di Piacenza da aprire un Monte di Pietà per i più bisognosi?
O che nel 1189 Piacenza e Ferrara firmano un patto per la libera navigazione delle merci sul Po, misura che dà ancor più impulso a un commercio che già nel Mille aveva esportato i prodotti piacentini fino in Cina?
Ci sono i grandi eventi e i grandi personaggi, ma pure la storia minuta, fatta di curiosità, usi e costumi, nel volume “Piacenza, la nostra storia”, una vera e propria mini-enciclopedia per immagini che racconta fatti e persone del nostro territorio dalla preistoria alla visita di Giovanni Paolo II nel 1988.
“Piacenza: la nostra storia” è disponibile negli uffici de Il Nuovo Giornale (via Vescovado 5 a Piacenza) al prezzo speciale di 5 euro per gli abbonati 2016 al settimanale; per tutti gli altri, il prezzo di copertina è di 15 euro.
La pubblicazione ha visto il sostegno della Fondazione e delle aziende Valcolatte e Cantina Val Tidone.
Una piacevole lettura per tutta la famiglia
L’idea della pubblicazione è dell’illustratore Renato Vermi, che ha realizzato questo strumento agile ed efficace, adatto a tutta la famiglia, per conoscere meglio le nostre radici.
Nell’era della globalizzazione è più che mai importante non perdere la memoria del nostro passato.
Gli oltre 170 disegni di Vermi hanno il pregio di condurre i lettori - anche i giovanissimi - attraverso un gustoso viaggio nel tempo, sostenuto da testi chiari e concisi a corredo delle immagini.
“Piacenza, la nostra storia” si trasforma così anche in una piacevole occasione per condividere una lettura familiare, con i più piccini guidati da genitori o nonni.
Dalla preistoria alla visita di Wojtyla
Anche se la fondazione della città risale al 218 avanti Cristo ad opera dei Romani, il tratto di Vermi ci porta ancor più indietro, alla preistoria, quando Piacenza e provincia erano coperte dalle acque del mare.
Ripercorre quindi il passaggio dagli uomini delle palafitte alla civiltà contadina, per arrivare ai Liguri, agli Etruschi, all’epoca romana, descritta nei suoi eventi-chiave, come la battaglia di Annibale sulla Trebbia o la concessione della cittadinanza a Placentia, che Tacito definì “colonia per forza e ricchezze potente”.
Senza dimenticare il racconto degli inizi del cristianesimo, col martirio del soldato Antonino a Travo nel 303, il radicarsi delle esperienze di vita monastica grazie all’irlandese Colombano a Bobbio o al monastero di S. Sisto voluto dalla regina longobarda Angilberga in città.
Piacenza nel Medioevo è crocevia di pellegrini e di mercanti ed ospita avvenimenti che hanno fatto la storia.
È del 1095, per esempio, la convocazione del Concilio da parte di Papa Urbano II, che predica la liberazione del Santo Sepolcro.
Nel 1183 nella basilica di Sant’Antonino si firma la pace tra l’imperatore Federico II e la Lega Lombarda.
Segue l’epopea dei Visconti e dei Farnese, il capitolo dedicato a Napoleone e a Piacenza Primogenita, il dramma delle guerre mondiali, il boom economico.
Conoscere il passato, per costruire il futuro
Piacenza da sempre è terra di frontiera, cerniera tra territori. Da questo ruolo i piacentini hanno costruito la loro storia e la loro capacità di essere ospitali, come dimostra il bassorilievo del Benvegnü, che risale al 1300 e che oggi è custodito a Palazzo Farnese.
Ottimo interprete della piacentinità fu il cardinal Giulio Alberoni, nato povero ma capace di una grande libertà e di una grande forza, fino a diventare nel 1700 primo ministro della regina di Spagna. Ma non si dimenticò mai delle sue origini e lasciò in eredità ai piacentini un patrimonio culturale di rilievo, il Collegio che porta il suo nome.
Nel libro appare chiaro anche il legame tra Piacenza e la fede cristiana lungo i secoli. “Non si tratta semplicemente di un legame istituzionale - sottolinea nell’introduzione il direttore de il Nuovo Giornale don Davide Maloberti - ma di una fede capace di generare una storia e di far camminare un popolo. A noi oggi spetta conoscere il nostro passato e farlo conoscere alle nuove generazioni. Solo così si affronta il presenta e si prepara il futuro”.
«Un libro nato
dall’amore per la mia città»
“Piacenza. La nostra storia” nelle illustrazioni di Renato Vermi
La storia di Piacenza, dalla preistoria ai giorni nostri, in oltre 170 disegni a colori accompagnati da testi chiari e sintetici che ne fanno una pubblicazione adatta a tutta la famiglia.
All’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano è stato presentato il libro di Renato Vermi “Piacenza: la nostra storia”, edito da Il Nuovo Giornale.
“Questo libro nasce dall’amore verso la mia città e per i miei nipoti”, ha sottolineato Vermi, annunciando il desiderio di proseguire nel lavoro di divulgazione della conoscenza di Piacenza.
“È un volume che ci fa riscoprire le nostre radici - ha commentato Danilo Anelli, il razdur della Famiglia Piasinteina - e che sarebbe utile presentare alle scuole. La Famiglia Piasinteina è promotrice di molteplici attività culturali volte a valorizzare il dialetto, che è la radice della nostra cultura e della nostra società, per lasciare questo senso di appartenenza anche alle nuove generazioni”.
Anelli ha voluto rendere omaggio alla competenza di Luigi Paraboschi - mancato nelle scorse settimane -, responsabile e docente per 18 anni del corso di dialetto promosso dall’associazione, curatore di pubblicazioni sul dialetto, fondatore della rivista “L’urtiga”.
Anche Andrea Bergonzi, ingegnere ed appassionato di storia locale, curatore di saggi sul dialetto dell’alta val d’Arda e, con Paraboschi, del “Prontuario ortografico piacentino” ha parlato con ammirazione del professore, che avrebbe dovuto partecipare alla presentazione del libro e che lui è stato chiamato a sostituire.
LE ORIGINI DEL DIALETTO. “Il nostro dialetto - ha illustrato Bergonzi - trae le sue origini più antiche dal popolo dei Liguri, che erano stanziali nel nostro territorio nel 2000 a.c. circa. Si trattava dell’età del bronzo ed essi furono i primi agricoltori e cacciatori della zona. Successivamente sopraggiunsero gli etruschi e poi i galli, o celti. I romani, infine, fondarono Placentia nel 218 avanti Cristo e imposero la loro organizzazione della vita civile e del territorio, la loro amministrazione della giustizia e, soprattutto, la loro lingua, il latino”.
Il nostro dialetto, quindi, presenta un sostrato gallico, da cui derivano i suoni vocalici cosidetti “turbati” che assomigliano al francese, cui si è sovrapposto un superstrato latino e infine, dopo la caduta dell’Impero Romano, frammenti di lingua gotica e longobarda. “Il dialetto piacentino - spiega Bergonzi - contiene anglicismi, ispanismi, lusismi, arabismi e grecismi ma, soprattutto, francesismi, come testimoniano parole dal suono del tutto simile in piacentino e in francese. Il nostro dialetto è di derivazione celto-ligure”.
I TALENTI DEI PIACENTINI. Carla Chiappini, giornalista, direttore del periodico “Sosta forzata”, si è soffermata a tratteggiare il carattere e la mentalità dei piacentini.
“C'è un gusto nel fare le cose, che si esprime nella gratuità del talento - ha evidenziato -; tuttavia, in negativo non possiamo dimenticare la fuga dei giovani e la bassa natalità”.
Carlo Francou, direttore del museo geologico di Castell’Arquato e coordinatore del museo civico di storia naturale di Piacenza, oltre che membro del comitato scientifico del centro di ricerca dell’Università Cattolica di Piacenza, nel presentare e ripercorrere le varie scene del libro di Vermi, ne ha elogiato la grafica e la capacità di sintesi.
Cinzia Trevisan
(Articolo pubblicato su "il Nuovo Giornale" di venerdì 18 marzo 2016)