Una famiglia alle prese con l’emergenza: a casa da scuola ma sempre pregando insieme, come nella notte del Sabato Santo
È venerdì sera a fine febbraio, siamo tutti in casa stanchi della settimana di impegni che ci costringono a correre, a non avere mai tempo per niente, a dover controllare il calendario per vedere se si riesce ad avere un’ora per poter fare una passeggiata tutti insieme, quando arriva la notizia che a causa di un virus influenzale misterioso avrebbero chiuso le scuole per qualche giorno. Siamo in cinque ad andare a scuola: i nostri quattro figli ed io che insegno.
Mio marito lo scopre poco tempo dopo, anche lui sta a casa perché il centro disabili per cui lavora è costretto a chiudere. Tutti a casa.
Qualche giorno in montagna
La prima settimana siamo contenti, cerchiamo subito di volgere al meglio quello che sembra terribile: un esserino invisibile ha fermato la Cina, e ora è arrivato in Italia.
Andiamo una settimana in montagna dove abbiamo una casetta di famiglia; non era mai successo che a fine febbraio ci trovassimo là. C’è freddo e i bambini sono entusiasti di prendere la legna nel casottino con le ceste e portarla in casa per provvedere all’accensione di stufe e camino.
Ma dopo poche ore l’entusiasmo si affievolisce e iniziano a litigare su chi deve andare, a chi tocca, chi ha saltato il turno.
Arrivano nel frattempo notizie sempre più incalzanti di fratelli nella fede che sono coinvolti con questa apparentemente macro-storia, che sta iniziando ad avvicinarsi alle nostre vite: occorre pregare per gli amici contagiati.
A pochi chilometri dalla nostra città si chiudono le frontiere della Zona Rossa.
Voglio documentarmi meglio, non capisco cosa stia succedendo, sono assorbita dall’organizzazione con mio marito Lodovico della famiglia, ma sento notizie preoccupanti, drammatiche, di ricoveri d’urgenza tante volte nella notte.
È la settimana del mercoledì delle Ceneri: non possiamo celebrare l’inizio della Quaresima in modo comunitario, ognuno a casa propria cerca di organizzare un momento per leggere la Scrittura e pregare in famiglia.
Si torna a casa
Per noi la vacanza è finita: decidiamo di rientrare a casa. Si capisce che non c’è una vacanza: le maestre di tutti i nostri figli si prodigano a mandare il lavoro da svolgere, i professori si cimentano con le prime video-lezioni, anch’io mi attivo a raccontare in un video girato da mio marito di notte, quando i nostri bambini dormono, la storia di Mosè. Insieme la montiamo con la musica di sottofondo e la invio a tutti i miei trecentodieci piccoli alunni della scuola dell’infanzia: questo era il programmino che avrei svolto nelle sezioni dove insegno religione ai più piccoli.
Inizia un periodo particolare, è strano svegliarsi e rimanere tutti in casa: ci prepariamo per un nuovo giorno con un ritmo umano, non si corre. C’è il tempo per fare colazione, rassettare casa e mettersi ognuno al proprio lavoro: la scuola da casa.
Il rosario insieme
Abbiamo il tempo per pregare tutti insieme, la sera non occorre guardare l’orologio per non far tardi: c’è il tempo per prendere in mano la corona del rosario o l’iniziativa di preghiere per la Quaresima dei bambini e sedersi tutti insieme. A
ttraverso le preghiere spontanee dei nostri figli abbiamo scoperto cose inimmaginabili: una grande sensibilità e attenzioni da parte loro insondabili.
Si ricordano di pregare per tutti e lo fanno volentieri, capiscono prima di noi l’urgenza di questo momento, il significato profondo di questa Quaresima 2020.
Dio l’ha pensata così: a casa, intima, obbligandoci alla relazione con il nostro più vicino, al sodo, senza parole inutili, alla presenza continua e costante. Questo non si può fare se non ci aggrappiamo con tutte le nostre forze al legno della Croce, che è lì che ci aspetta sempre con quelle sue braccia aperte.
Questa Quaresima ci ha insegnato attraverso l’esperienza dei fratelli più colpiti che non siamo soli, ma apparteniamo ad un corpo molto più grande di quanto crediamo noi: la preghiera comunitaria, nelle nostre famiglie, con i più piccoli di cui Dio ha particolari cure, ci aiuta a vedere la sua caratteristica di ecumenismo: di tutti e per tutti noi che ci salviamo solo se rimaniamo uniti come grappoli d’uva.
All’inferno si è soli
Don Pietro dice sempre che all’inferno si è soli.
A volte capita di domandarsi come sarà l’inferno, chissà... là si è soli, per sempre soli. Non è certo quello a cui siamo chiamati, di sicuro.
In questi giorni di isolamento in casa, con mio marito ci siamo interrogati anche su tutte le volte in cui ci siamo lasciati prendere dalla stanchezza e abbiamo dubitato dell’opera di Dio che ci ha mandato quattro figli e dall’impegno che questo a volte comporta.
In questa Quaresima memorabile abbiamo capito della ricchezza che avevamo, abbiamo visto questa faretra piena di frecce. Mai soli, mai.
Aggrappati alla nostra speranza che è Dio che si è manifestato in tanti modi, anche donandoci i figli che ci ha affidato: a noi incoscienti ma riconoscenti di questo Amore infinito.
Una notte di vita eterna
La notte di Pasqua è stata un’esperienza di vita eterna, è stata preparata con cura: ci siamo messi in ordine e vestiti per bene per poter dare dignità alla piccola celebrazione domestica che ha bisogno anche di segni per poter accogliere la Parola e per poterla condividere e trasmettere ai nostri figli.
Loro durante i quaranta giorni si sono spesso interrogati su come avremmo potuto celebrare la Pasqua, a cui non volevano rinunciare perché aspettano più di noi adulti la gioia della risurrezione; la gioia che per un giorno fa smettere di litigare su chi deve sparecchiare e su chi deve passare l’aspirapolvere; una gioia che non è teorica, ma diventa voglia di ricominciare anche tra di loro a non primeggiare, a smettere di essere gelosi l’uno dell’altro.
Tutti aspettiamo la Resurrezione di Cristo.
C’è sempre qualcuno che deve andare in bagno
Abbiamo letto insieme qualcuna delle letture della Veglia, davanti ad una tavola vestita di bianco con la Croce al centro, i fiori e una candela simboleggiante il cero pasquale. È stata dura con un bimbo piccolo mantenere accesa questa fiammella, troppo attraente per lui, ma davvero icona dell’Amore attraente di Cristo.
La lettura che più li ha colpiti è stata quella di Abramo e del suo unico figlio Isacco: subito hanno colto che a Dio Padre non interessano i nostri sacrifici, ma che Lui vuole stare al primo posto nel nostro cuore; è incredibile come la Parola venga immediatamente colta e accolta dai piccoli, dai semplici che inconsapevoli preparano così l’omelia per noi.
Poi la storia di Mosè che attraversa il mare, la morte e come Dio permette al popolo d’Israele di superarlo e non morire, vincendo così il faraone con i suoi cavalli e cavalieri.
È la festa delle feste, la notte delle notti e i bambini ci spiegano che la morte è vinta, che Cristo è risorto con l’entusiasmo che noi adulti abbiamo perso, ma che si può ritrovare se accogliamo come bambini la Parola che ci viene donata.
È una celebrazione molto imperfetta, c’è sempre qualcuno che deve andare in bagno, la candela si spegne perché ci soffiano sopra, la piccola croce cade continuamente, ma Cristo entra così nella nostra famiglia: imperfetto, scalcinato, disordinato, scardinando tutta la mia perfezione e desiderio di fare le cose per bene, secondo me.
Abbiamo terminato tutto con le preghiere spontanee di ognuno di noi e il bambino di 3 anni ha esordito per primo dicendo: “Signore Padre Santo, ti prego per questa bella famiglia: il papà, la mamma, Benedetta, Giulio, Giacomo” e tutti hanno riso per la tenerezza dell’aggettivo “bella” e per essere stati nominati uno ad uno, come avrebbe fatto Cristo Risorto che ci chiama sempre per nome perché troppo preziosi per Lui che ci ha riscattato a caro prezzo, il suo sangue.
Poi a tavola insieme
I bambini aspettavano anche la cena, come tutti gli incontri in cui è bello condividere il tempo, lo stare a tavola a mangiare insieme qualcosa di particolare.
Abbiamo preparato un pranzo di Pasqua con i segni della Pasqua ebraica: c’era l’agnello, le erbe amare, il pane fatto in casa (anche se lievitato) e non poteva mancare l’uovo di cioccolato con un pensierino per ognuno.
Ricorderemo per sempre questa notte speciale, di comunione intima e di gioia profonda.
Abbiamo un figlio dal carattere particolare, insoddisfatto per natura, incontentabile, che al momento della buonanotte ormai con un fil di voce ha detto: “Che Pasqua meravigliosa è stata!” ed è crollato inebriato da tanta pienezza.
Fausta Marletta
Pubblicato il 27 aprile 2020
Ascolta l'audio