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Verso e oltre la Terra Santa - 1

A puntate il resoconto del pellegrinaggio dei giovani

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La Terra Santa non da turisti, ma da pellegrini: un viaggio anzitutto dentro sé stessi. È la percezione dei 59 giovani che hanno partecipato ad agosto al pellegrinaggio diocesano proposto dal Servizio per la Pastorale giovanile. Un itinerario anzitutto interiore, da percorrere attraverso tappe geografiche: dal deserto, luogo della debolezza e del peccato, ma anche luogo dove la presenza di Dio si manifesta, al giardino, simbolo di Dio che fa rifiorire la vita, alla città, per condividere con gli altri la bellezza dell’incontro vissuto.
Il pellegrinaggio è stato guidato da don Alessandro Mazzoni (responsabile Pastorale giovanile), don Umberto Ciullo (parroco Roveleto), don Fabio Galeazzi (collaboratore parrocchiale N. S. Lourdes), don Riccardo Lisoni (parroco S. Giovanni in Canale e S. Brigida). Erano presenti tre seminaristi della diocesi: Giuseppe Porcari, Omar Bonini, Roberto Agnelli. Tredici le parrocchie rappresentate: Nostra Signora di Lourdes, S. Giovanni e Santa Brigida, Santa Franca, Sant’Anna, Santissima Trinità, Carpaneto, Fiorenzuola, Roveleto, Pontenure, Bedonia, Borgotaro, San Polo, Besenzone.

Da oggi, proponiamo a puntate sul nostro sito il resoconto dell’esperienza scritto da una giovane pellegrina, Lucia Montuori.

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La prima chiamata per il pellegrinaggio in Terra Santa è arrivata durante la Veglia di Avvento dello scorso anno: ci trovavamo tutti assieme nella Chiesa di Podenzano, ragazzi e ragazze dai 16 ai 30 anni, studenti e lavoratori provenienti da tutta la Diocesi, ognuno con la sua storia da raccontare, ognuno animato da quell’attesa di ricordare e rivivere la nascita di Gesù. Ho deciso di partecipare, insieme a quelli che allora erano una cinquantina di estranei e che ora mi sento di poter chiamare amici.
Nei mesi precedenti la partenza, la Pastorale Giovanile (con i suoi responsabili Dario Carini e don Alessandro Mazzoni) ci ha dato diverse occasioni per prepararci al meglio a quella che, intuivamo, sarebbe stata un’esperienza ricca, specialmente se vissuta in modo consapevole: non da turisti, ma da pellegrini.
A fine marzo siamo stati accolti dalla comunità monastica di Bose per un fine settimana di esercizi spirituali, guidati dal padre gesuita Francesco Cavallini: il silenzio delle meditazioni, la serenità dei monaci e della natura che ci circondava, la bellezza degli sguardi che incontravamo ci hanno permesso davvero di iniziare un percorso interiore di avvicinamento a Dio.

A questa prima esperienza sono seguiti tre appuntamenti specificamente pensati per preparare il nostro viaggio: durante il primo don Umberto Ciullo, parroco di Roveleto e nostra guida spirituale in Terra Santa, ci ha fatto conoscere la travagliata storia dei luoghi che saremmo andati a visitare, dai tempi dell’Antico Testamento ai nostri giorni.
Il secondo appuntamento ci ha riportati al significato ultimo del pellegrinaggio: il percorso interiore di crescita spirituale. In una bellissima serata d’inizio estate ci siamo ritrovati nell’antica chiesetta di Vigolo Marchese per un momento di preghiera e raccoglimento, in cui ognuno di noi ha provato a rispondere alla domanda “Cosa mi spinge a partire? Quali sono le domande per cui cerco una risposta?”.
L’ultimo appuntamento, a poco più di un mese dalla partenza, ha avuto carattere tecnico: in quell’occasione abbiamo incontrato Matteo, il referente dell’agenzia turistica che ci avrebbe accompagnati in Terra Santa, preziosa guida e riferimento soprattutto per le questioni pratiche e organizzative.
Terminati gli incontri ci siamo dati appuntamento per il 3 agosto, partenza ore 1.00 (!) da Piacenza, sicuramente carichi di tante aspettative, ma credo ancora inconsapevoli di quello che avremmo davvero vissuto.

Perché provare a spiegare, a raccontare, o anche solo a descrivere i nostri giorni nella terra di Gesù è davvero “cosa dura”; non si tratta di parlare dell’ultima vacanza con gli amici, e nemmeno di relazionare sulla gita fatta con la parrocchia: l’esperienza del pellegrinaggio va oltre quello che è il “viaggio” nel normale significato del termine.
L’esperienza del pellegrinaggio è, appunto, prima di tutto “esperienza”, percorso di vita vera in un luogo carico di un profondo significato di fede; e in secondo luogo, è l’esperienza propria del “pellegrino”, di chi non si sente né turista, né forestiero, né fuggitivo, ma di chi ha dentro di sé domande ben precise per cui cercare risposte, e allo stesso tempo rimane con sguardo, mente e cuore aperti ad accogliere nuovi interrogativi.
Insomma, è l’esperienza di un viaggio prima di tutto dentro di sé, alla scoperta della nostra relazione con Dio.

Fatta questa (dovuta) premessa, posso solo provare a chiudere gli occhi e tornare ai giorni trascorsi in Terra Santa.

Lucia Montuori

Pubblicato il 30 agosto 2019

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