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Happening di CL: educare, ma senza rinunciare alla felicità

don Pierluigi Banna Maurizio Sala

Cosa deve fare un genitore per educare un figlio adolescente che vive nel mondo di oggi? E un figlio, come può pensare a un rapporto che duri per sempre? All’Happening di Comunione e Liberazione, domenica 16 giugno, si è parlato di educazione e di felicità con don Pierluigi Banna, sacerdote della diocesi di Milano e docente di teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore. «Parliamo di un’educazione legata al desiderio di felicità di chi educa e dei ragazzi che abbiamo di fronte, una felicità che muove il cuore dell’uomo», ha detto in apertura Maurizio Sala, che ha moderato l’incontro sul Pubblico Passeggio a Piacenza, richiamando il tema della manifestazione “C’è un uomo che vuole la vita e desidera giorni felici?”. Banna ha risposto alle domande di alcuni genitori e ragazzi presenti ad ascoltarlo.

Esperienza, criteri e prospettiva

Una madre ha chiesto aiuto a don Pierluigi per rispondere alle domande del figlio sedicenne, quesiti che «noi adulti abbiamo assopito e ora ci risvegliano». «Come accompagnarlo nella crescita affinché resti sé stesso e sia felice?» domanda la donna. E Banna risponde con l’esempio di una ragazza che si interroga sul perché non è bella come le amiche e le sorelle. «Per prima cosa – dice don Pierluigi – rendiamoci conto della natura di queste domande, che suscitano un livello che anche noi abbiamo. Spesso pensiamo che basti dare ai nostri figli una risposta, portarli da qualche parte, ma quelle domande sono molto più grandi di quello che pensiamo, e loro se le portano avanti per tutta la vita. Ai nostri figli possiamo dare tre cose: il nostro bagaglio di esperienza, i “criteri” e una prospettiva. Siamo uomini privi di memoria, ma spesso i nostri figli ci inducono a fermarci e a guardarci indietro. Raccontando cosa è successo a noi possiamo far capire a loro che non sono strani, ma sono umani. Le regole, a una certa età, non bastano. C’è qualcosa di più, i criteri, le regole del gioco. Significa dire ai nostri figli cosa abbiamo vissuto noi affinché abbiano gli indizi per scoprire sé stessi e il mondo. “Renditi conto tu di cosa ti rende libero, di cosa ti fa giustizia”. E infine dobbiamo invitare i nostri ragazzi a trovare la loro unicità che li connette all’intero mondo, dando loro una speranza con la certezza che troveranno la felicità. Noi non sappiamo come, ma siamo certi che la troveranno».

Esistono ancora rapporti che durano?

Dall’altra parte della “barricata”, gli adolescenti. Un ragazzo trova davanti a sé storie di genitori che scappano davanti alle responsabilità, rapporti e amicizie che finiscono, e si chiede se esiste un amore che resiste nel tempo. Don Banna gli risponde che è normale che sorga un interrogativo simile «in un mondo in cui vediamo che tutto crolla», ma «noi dobbiamo trovare, grazie ai fallimenti degli affetti, quell’affetto che non molla mai, che regge per sempre. E superare un clima in cui pensiamo che è fedele chi dà sempre la risposta giusta. Invece – spiega il sacerdote – è veramente fedele non chi non sbaglia mai, ma colui che ci introduce a quella relazione che dura per sempre, chi ci fa scoprire quel padre che non tradisce mai. I rapporti non sono come le puntate di una serie tv, vivono secondo una storia fatta di continui sbagli. L’importante non è non sbagliare mai, ma tenere sempre presente dove si sta andando. Molto spesso ci classifichiamo per i nostri errori e le nostre debolezze, ma il rapporto è un’altra cosa, è abbracciare l’altro e andare verso un destino. Questo è il cuore dell’educazione».

pubblico


Non possiamo controllare il contesto in cui vivono i nostri figli

«Non abbiamo il controllo dell’intero contesto che abbiamo intorno». Così don Pierluigi Banna risponde alla domanda di un uomo di 40 anni che si interroga su come educare e introdurre alla fede i propri quattro figli inseriti in un contesto quotidiano, tra scuola e sport, in cui si vedono misurati in base a performance e “like”. Il padre si chiede come può una famiglia, che spesso si sente sola di fronte a questa sfida educativa, competere con questi giganti. Ci sono due strade, dice Banna: «la prima è ostinarci a combattere questo contesto come una formica che gratta i piedi di un gigante, per poi non concludere niente; la seconda è chiederci quale conversione chiede a noi questo contesto. Pensare di poter essere i controllori di tutto è la prima adesione a questo contesto. Non possiamo controllarlo, e perciò ci affidiamo al Signore. In un contesto così ostile, un uomo che capisce da chi dipendere è sempre più aperto agli altri e meno manipolabile dal sistema».

Una felicità libera da compromessi

«Desiderando di essere felici, spesso siamo portati ad accettare compromessi. Ad esempio, a tollerare un tradimento o ad accettare relazioni “liquide”. Ma questa è la vera felicità?» si chiede una ragazza. Don Pierluigi risponde che «per arrivare alla vera felicità senza compromessi bisogna stimare tanto la libertà dell’altro, provocarlo continuamente chiedendogli se quello che fa lo rende davvero felice». Il sacerdote porta poi l’esempio di un’amica che a un certo punto è «scappata dalla vita», aderendo a una setta. Poi si è ammalata e ha rifiutato di farsi curare, preferendo la morte ai rimedi medici tradizionali. A un certo punto però ha detto “basta, voglio guarire”. «Dobbiamo fare il tifo perché ci sia questo momento di lealtà con sé stessi e chiederci se ciò che stiamo facendo ci sta rendendo veramente felici, se stiamo crescendo attraverso questa cosa. La vera felicità è essere liberi, un’esperienza di libertà per cui non si cede più al compromesso. Il cammino della libertà ci personalizza, porta con sé tutti gli errori della nostra vita e ci rende unici. Non c’è cosa peggiore di dire a una persona “hai sbagliato”. Sentirsi inadeguati è una sensazione oggi dominante, ma dirlo a un altro non fa altro che peggiorare la situazione. Tutti sanno di aver sbagliato ma pochissimi portano stampato sul volto la pienezza della felicità. Se c’è la luce di Dio che risplende nel buio, quella è la vera felicità senza compromessi».

“Credo in un solo Dio”

«Mi fa paura quando l’abisso della libertà su cui ho scommesso si va a infrangere contro il fatto che mio figlio ha paura di sé stesso e dice che per essere felice gli basterebbe essere più performante», confessa un altro padre. Una donna, un’insegnante, a un certo punto parla di Dio e dice che in classe dieci persone credono a dieci “verità” diverse. «Il Dio vero esiste – dice Banna – e non è l’undicesimo, ma quello che abbraccia tutta la realtà: Gesù Cristo. Al Concilio di Nicea, nel 325, venne condensata nel “Credo” tutta la verità su qual è il nostro Dio, e noi cristiani ci riconosciamo in quella verità. Un “Credo” che, per non rimanere parola morta, ha bisogno di vedere tutti i nostri errori e la nostra paura di fronte alla morte».

Francesco Petronzio

Pubblicato il 17 giugno 2024

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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