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Duomo gremito per il Columban’s Day

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“È disposto a lasciare ciò che è noto e rassicurante solo chi custodisce la promessa che c’è una terra abitabile verso cui andare. Non è la terra ereditata, è un cielo e una terra nuova. Pellegrino e speranza è per Colombano un binomio inscindibile. Chi spera diventa pellegrino; è pellegrino chi ha una ragione per cui lasciare terra, casa, parentela. La speranza ha un nome: Gesù Cristo”.
IMG 4479Si è rivolto ai numerosissimi pellegrini giunti a Piacenza il vescovo (e abate di san Colombano) mons. Adriano Cevolotto, che ha presieduto la messa solenne in una gremita Cattedrale di Piacenza in occasione del venticinquesimo Columban’s Day, il meeting internazionale delle comunità colombaniane.

L’evento, preceduto da un convegno, ha portato in città religiosi e pellegrini da tutta Europa, che si sono riuniti in Duomo per la celebrazione di domenica 23 giugno. Insieme a mons. Cevolotto hanno celebrato altri quattordici vescovi italiani e irlandesi.
Presenti alcuni missionari di San Colombano da Navan in Irlanda, l’ambasciatrice d’Irlanda presso la Santa Sede, Frances Collins, il Console onorario d’Irlanda a Milano Antonietta Marsaglia e diversi sindaci delle comunità colombaniane e dei Comuni sul cammino di San Colombano.
In prima fila il prefetto di Piacenza Paolo Ponta e la direttrice della casa circondariale delle Novate Maria Gabriella Lusi, per la Provincia di Piacenza ha partecipato alla celebrazione la vicepresidente Patrizia Calza.

Papa Francesco: il messaggio di san Colombano è ancora attuale

“Non si tratta di mera commemorazione storica, né tanto meno folcloristica: si tratta piuttosto dell'impegno di promuovere la conoscenza di san Colombano e della sua eredità come ricchezza per l’oggi, in ambito sia ecclesiale sia civile”. Così papa Francesco nel messaggio rivolto al vescovo mons. Cevolotto e ai partecipanti alla celebrazione del 23 giugno a Piacenza.
Pur in una Europa ben diversa da quella, ante litteram, del VI e VII secolo, il Pontefice è convinto che «la testimonianza e il messaggio di San Colombano risultino particolarmente interessanti, addirittura attraenti per noi che viviamo immersi in un materialismo pratico e spesso in una sorta di neo-paganesimo» e che «anche oggi abbiamo bisogno di questa “linfa” evangelica (dei monaci colombaniani, nda), perché le comunità ecclesiali e civili del continente non perdano la loro identità, non si sciolgano in una globalizzazione omologante, in balia dei poteri dominanti, ma possano esprimere la loro fede e la loro cultura con fedeltà creativa alle loro tradizioni, contribuendo a costruire l’Europa dei popoli, unita nella convivialità delle differenze e aperta all’incontro e al dialogo con le altre civiltà del mondo».

IMG 4549Fedeltà creativa

Al termine dell’omelia, monsignor Cevolotto ha pregato affinché, «per l’intercessione di san Colombano il Signore doni alle nostre comunità e alle nostre Chiese di maturare la fedeltà creativa, generata dall’azione dello Spirito Santo che ci radica nel mistero di Gesù Cristo dentro alle sfide che questo nostro tempo ci consegna».
Alla celebrazione sono intervenuti gruppi da Friedrisìchshafen in Germania, dall’Irlanda, da Luxeuil e St. Coulomb in Francia. Molto numerosa, come sempre avvenuto nelle precedenti edizioni, la rappresentanza dei pellegrini italiani: sono arrivati a Piacenza gruppi da San Colombano al Lambro (Milano), dalla Valtellina, dalla Liguria (San Colombano Certenoli), da Riva di Suzzara (Mantova), dall’Oltrepò Pavese (Santa Giuletta e Canevino), dalla diocesi di Treviso (Breda di Piave), dalla parrocchia di Fogliano di Reggio Emilia, dalla Toscana (Capannori e Terrinca) e dal Piemonte (Monchiero e Biandrate).

“Ci sentiamo una piccola minoranza creativa”

Il discorso finale è stato affidato a Mauro Steffenini, presidente dell’associazione Amici di San Colombano per l’Europa.
“Da queste terre, dove è passato 1410 anni fa - ha detto Steffenini -, l’eco dei suoi insegnamenti non ci lascia indifferenti, e aiuta ad alimentare la nostra speranza cristiana. Il suo ricordo e i suoi ideali rivivono in questi pellegrini che rappresentano, qui, oggi, le varie comunità di provenienza, molte delle quali di piccole dimensioni, raggiunte tutte dal vento della secolarizzazione, della scristianizzazione e dello scoraggiamento. Ci sentiamo una piccola «minoranza creativa», - così definiva esperienze come queste Benedetto XVI - che ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà viva che può aiutare l’Europa a recuperare il meglio del suo patrimonio. Pio XI ebbe a dire di Colombano che «rifulse di così tanta luce che la terra ancor di essa si illumina». In questi giorni questa luce si è ravvivata, ha rischiarato Piacenza e ha illuminato le sue vallate, attraverso la peregrinatio e la venerazione delle sue reliquie ma anche attraverso noi, cittadini di un’Europa tutta, ancora una volta in decadenza - per usare le sue parole”.

Columban’s Day 2025 a CarlowIMG 4612

Nel 2025 il Columban’s Day verrà celebrato per la prima volta in Irlanda, dove Colombano nacque e dove iniziò il suo cammino.
I dettagli sono stati annunciati a Piacenza durante la messa solenne da mons. Denis Nulty, vescovo di Kildare and Leighlin.
Sarà un vero ritorno alle origini: i pellegrini si recheranno nei pressi del monte Leinster, a Carlow, dove domenica 13 luglio 2025 si terrà la messa solenne nella Cattedrale dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.
A pochi chilometri da Carlow c’è Myshall, la cittadina in cui, secondo la tradizione, sarebbe nato san Colombano e da cui sarebbe partito per la sua peregrinatio pro Christo.

Francesco Petronzio

IL MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO

Cari fratelli e sorelle!

Rivolgo il mio saluto a tutti voi, riuniti a Piacenza per partecipare al XXV Meeting internazionale delle comunità colombaniane, Columban’s Day 2024, in particolare al Vescovo di Piacenza-Bobbio, Mons. Adriano Cevolotto, agli altri Vescovi e alle Autorità civili.

Il fatto che da venticinque anni si rinnovi tale appuntamento nel nome del grande Abate irlandese, tessendo una rete di amicizia spirituale e culturale in quella parte dell'Europa dove egli e i suoi compagni lasciarono l’impronta della loro benefica presenza, è un segno di cui rallegrarsi.
Non si tratta infatti di mera commemorazione storica, né tanto meno folcloristica: si tratta piuttosto dell'impegno di promuovere la conoscenza di San Colombano e della sua eredità come ricchezza per l'oggi, in ambito sia ecclesiale sia civile.IMG 4572

Questo potrebbe a prima vista apparire velleitario, tanta è la differenza tra l’Europa attuale e quella dei secoli VI e VII, e così lontano dal nostro è il modello di vita proposto dal santo Abate e dai suoi compagni.
Eppure, proprio questo contrasto, questa diversità fanno sì che la testimonianza e il messaggio di San Colombano risultino particolarmente interessanti, addirittura attraenti per noi che viviamo immersi in un materialismo pratico e spesso in una sorta di neo-paganesimo.
In effetti, i monaci irlandesi di quell'epoca si facevano pellegrini e missionari nel continente per rievangelizzare vasti territori dove la prima fioritura cristiana rischiava di andare perduta: il lavoro di bonifica e di coltivazione che compivano sui terreni, lo facevano anche nel campo dello spirito, della mentalità e dei costumi.
E così la testimonianza dei monaci colombaniani, come altrove quella dei benedettini, contribuì in maniera decisiva a preservare e rinnovare la civiltà europea.

Anche oggi abbiamo bisogno di questa “linfa” evangelica, perché le comunità ecclesiali e civili del continente non perdano la loro identità, non si sciolgano in una globalizzazione omologante, in balia dei poteri dominanti, ma possano esprimere la loro fede e la loro cultura con fedeltà creativa alle loro tradizioni, contribuendo a costruire l'Europa dei popoli, unita nella convivialità delle differenze e aperta all'incontro e al dialogo con le altre civiltà del mondo.

Vi ringrazio, pertanto, cari fratelli e sorelle, per la vostra partecipazione a questa iniziativa; ringrazio in particolare quanti tra voi si impegnano a portarla avanti attingendo all’ispirazione evangelica e in rispettosa collaborazione con le autorità civili.
Su tutti voi e sulle vostre comunità invoco la protezione di San Colombano, di cuore vi benedico e vi chiedo per favore di pregare per me.

Papa Francesco

L’OMELIA DI MONS. ADRIANO CEVOLOTTO

Carissimi confratelli nell’episcopato, sacerdoti, religiose e religiosi,
Carissimi fratelli e sorelle, in particolare mi rivolgo a voi che provenite da diversi paesi dell’Europa,
Benvenuti/e.

A voi, gentilissime autorità il mio e nostro più cordiale saluto e ringraziamento per aver accettato di condividere con noi questo annuale appuntamento itinerante.
Un rispettoso e caloroso saluto all’Ambasciatrice della Repubblica d’Irlanda presso la Santa Sede.

Sono certo di interpretare il sentimento di noi tutti nell’esprimere a papa Francesco un sincero e devoto ringraziamento per il suo illuminante e partecipato messaggio autografo che ci ha onorato.
A quindici giorni dalle elezioni Europee colgo il nostro incontrarci come un rinvio alle ragioni lontane che fanno di tanti popoli un intreccio, fondato sullo scambio e sulla ricerca comune di ciò che ci accomuna senza omologarci.
È quanto il Santo Padre ci ha scritto: l’attualità della testimonianza e del messaggio di San Colombano sta nel bisogno della “linfa evangelica” per continuare a bonificare con la terra anche i nostri cuori e i nostri pensieri, “contribuendo a costruire l’Europa dei popoli, unita nella convivialità delle differenze e aperta all’incontro e al dialogo con le altre civiltà del mondo”.

È necessario in questo momento esprimere un grato apprezzamento all’Associazione Amici di San Colombano che hanno avuto l’intuizione e la determinazione di avviare questo appuntamento.
Anche loro hanno iniziato un cammino segnato più da incertezza e sana incoscienza che da chiarezza del percorso da intraprendere.
Grazie perché oggi possiamo dire che anche questo meeting sta favorendo lo sviluppo in larghezza e in profondità della scoperta e valorizzazione della tradizione colombaniana.
Si è fatta più chiara la storia e la geografia di questa presenza in Europa.

Questo venticinquesimo appuntamento abbiamo voluto celebrarlo in questa Cattedrale per raccogliere idealmente le otto piccole comunità le cui chiese sono dedicate al nostro santo monaco.
Spesso testimonianza di celle monastiche che favorirono la diffusione dell’opera di Colombano e dei suoi monaci nell’intero vasto territorio della nostra diocesi.

Pellegrini di speranza è il tema dell’ormai imminente Giubileo.
Nella Bolla di indizione, Spes non confundit, papa Francesco ci invita, in ordine alla speranza, a guardare alla testimonianza dei martiri.
Ma possiamo dire che Colombano con la sua Peregrinatio pro Christo ci introduce efficacemente al prossimo Anno Santo.
In età più che adulta per quel tempo egli chiese con insistenza di farsi pellegrino, in nome di Cristo e per testimoniarlo e annunciarlo.
La richiesta inoltrata a padre Comgall non aveva una destinazione, una meta geografica, ma Gesù Cristo, che apre continuamente cammini.
Nessuna meta sarà mai quella definitiva, ogni approdo prevede sempre una ripartenza.

Il suo biografo, Giona, riconduce la ragione del suo desiderio all’esperienza di Abramo.
Colombano sentì rivolto anche a sé l’imperativo del Signore: “vattene... verso la terra che ti indicherò” (Gen 12,1).
Si mette in cammino.
È disposto a lasciare ciò che è noto e rassicurante solo chi custodisce la promessa che c’è una terra abitabile verso cui andare.
Non è la terra ereditata, è un cielo e una terra nuova.
Pellegrino e speranza è per Colombano un binomio inscindibile.
Chi spera diventa pellegrino; è pellegrino chi ha una ragione per cui lasciare terra, casa, parentela.
La speranza ha un nome: Gesù Cristo.

“(...) renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione”: Colombano conferma la promessa di Dio che chi assume per sé la postura del pellegrino diventa benedizione.
La storia delle nostre comunità testimonia di come Colombano e i suoi monaci siano stati una benedizione. Sono stati Vangelo, come ricorda l’Apostolo, che ha fatto crescere nella fede, socialmente e culturalmente, una terra segnata dalle tante povertà.
Rimane una lezione attuale anche per noi: c’è futuro, c’è speranza laddove c’è più vangelo, che cammina con lo stesso coraggio di questi tredici uomini che contano sulla potenza del Signore che li guida più che sulle proprie forze.
Non possiedono il Vangelo da predicare, lo fanno accadere.
È l’ennesima conferma della logica del Regno che è simile al granello di senape o ad un pugno di lievito nella pasta.

Il pellegrino è tutt’altro che timoroso, ha la forza della certezza che “niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino”, per questo motivo “la speranza cristiana non illude e non delude” (Spes non confundit, 3).
Per l’intercessione di San Colombano il Signore doni alle nostre comunità e alle nostre Chiese di maturare la fedeltà creativa, generata dall’azione dello Spirito Santo che ci radica nel mistero di Gesù Cristo dentro alle sfide che questo nostro tempo ci consegna.

mons. Adriano Cevolotto
vescovo di Piacenza-Bobbio

Pubblicato il 24 giugno 2024

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