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Giuseppe Moscati, il santo medico. Incontro a Castel San Giovanni

San Giuseppe Moscati

Lo scrittore Paolo Gulisano presenta, venerdì 21 marzo alle 21, la figura del medico santo Giuseppe Moscati all’oratorio San Filippo Neri della parrocchia San Giovanni Battista di Castel San Giovanni. Gulisano è in dialogo con don Davide Maloberti, direttore del  settimanale diocesano.
Moscati, un medico a tutto tondo: scienziato, ricercatore, pioniere negli studi sul diabete e sulla biochimica. Ha fatto il medico di base, nel suo ambulatorio e a casa dei pazienti. Soprattutto, ha dedicato tutta la sua vita alla medicina, intesa come “prendersi cura” dei malati.

Era un uomo di carità

– Che medico è stato San Giuseppe Moscati?
Un medico a tutto tondo: scienziato, ricercatore, pioniere negli studi sul diabete e sulla biochimica. Ha insegnato all’università ed è stato molto amato dai suoi studenti. Ha lavorato all’Ospedale degli Incurabili a Napoli, chiamato così perché ci andavano i più poveri. Ha fatto il medico di base, nel suo ambulatorio e a casa dei pazienti. Soprattutto, ha dedicato tutta la sua vita alla medicina, intesa come “prendersi cura” dei malati.

- Moscati è stato definito in più occasioni “medico dei poveri”. Perché?
Ho avuto modo di visitare i luoghi in cui ha vissuto. Accanto alla chiesa del Gesù Nuovo, a Napoli, dove è sepolto, è stato ricostruito il suo ambulatorio. Nella sala d’attesa c’è un cappello con una scritta: “Chi può, dia. Chi ha bisogno, prenda”.  Quando andava a visitare i pazienti nei quartieri poveri di Napoli, lasciava una banconota tra le pieghe della ricetta per le medicine prescritte. Era un uomo di carità. Molti colleghi lo denunciarono all’Ordine dei medici per concorrenza sleale, perché lasciava ai pazienti la libertà di decidere se e quanto pagare la visita.

Paolo Gulisano 2

Nelle foto: in alto, Santo Giuseppe Moscati e sopra Paolo Gulisano.

Grande devozione verso la Madonna

- Come viveva la sua fede?
Ogni mattina si recava in ospedale molto presto, ma prima partecipava alla messa. Aveva una grandissima devozione per la Madonna, tanto che si era consacrato a lei, con un voto privato.  Qualche anno fa una miniserie (con protagonista Beppe Fiorello) ha raccontato in modo non fedele la storia di Moscati, attribuendogli una relazione con una donna.  I colleghi del santo medico pensavano che non avesse fidanzate, perché troppo preso dal lavoro e dalla carriera. In verità, Moscati aveva rinunciato all’amore umano per dedicarsi al prossimo e a Dio: in ogni malato vedeva il volto di Cristo.

- Tra l’altro, non trascurava di raccomandare ai malati la cura della vita spirituale.
È vero. Chiedeva loro: “Da quanto tempo non ti confessi o non entri in chiesa?”. Sapeva che il medico può arrivare là dove non arriva il sacerdote. Magari il paziente si è allontanato dalla fede, magari ha dentro tanta rabbia… Un medico è sempre ben accetto, così Moscati al capezzale portava anche una testimonianza di fede. Non salvava solo i corpi, ma anche le anime.

-Si dice che fosse in grado di formulare una diagnosi precisa, semplicemente ascoltando un elenco di sintomi.
In tempi in cui non c’erano la risonanza magnetica e la TAC, auscultando, toccando, prestando attenzione ai segni della malattia, era in grado di individuarne le cause. Seppe scovare un tumore senza metodi diagnostici, indicando al chirurgo dove operare. Al suo genio personale, coltivato con lo studio, si aggiungeva una fede profonda, che lo portava a non arrendersi nemmeno di fronte ai casi più gravi.

- Scienza e fede: per Moscati in che rapporto si ponevano tra loro?
Il santo nasce alla fine dell’Ottocento, in un clima di scientismo, secondo il quale la scienza doveva sostituirsi alla fede. Per Moscati non c’è contraddizione tra le due cose: la scienza non è un idolo, ma è uno strumento che ci aiuta a conoscere meglio la natura.

Ci vorrebbe un’alleanza terapeutica

- “Beati noi medici, se ricordiamo che oltre i corpi abbiamo di fronte delle anime immortali”: sono parole di Moscati. Oggi per la medicina siamo un corpo da curare?
La medicina si sta evolvendo in senso tecnocratico, burocratico (penso ai protocolli di cura) e sta diventando anche scienza dei dati: qualcuno dice che il medico potrebbe essere sostituito da un algoritmo, capace di sfornare la terapia adeguata. La medicina, però, è relazione, fatta di parole, non solo farmaci, che curano la sofferenza del malato.

- Questo libro è stato pubblicato nel 2022, dopo la pandemia. Da allora siamo passati dai medici e infermieri eroi ai medici vittime di aggressioni. Il rapporto con i professionisti della salute sembra non trovare pace ed equilibrio. Perché?
Da medico, faccio autocritica. È vero, ci sono questi casi, ma esistono molti medici e infermieri aggressivi verso i pazienti, che hanno poca attenzione e danno poco ascolto. Bisognerebbe rimuovere questa scarsa sensibilità reciproca e instaurare una vera alleanza terapeutica.  

Cristina Ibba

Pubblicato il 21 marzo 2025

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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