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«Quel bambino non nato ha pregato per me»

beatrice.fazi a Piacenza

«Sono sicura che quel bambino che non è nato ha pregato per me, ha intercesso per me, mi ha accompagnato in qualche modo verso la pienezza di vita che cercavo e che non riuscivo a trovare». Al Seminario vescovile di Piacenza c'è una platea che ascolta in silenzio - e non senza commozione - l'attrice Beatrice Fazi raccontare la sua “scalata” non al successo - che pure aveva - ma alla bellezza della vita. Quella bellezza che aveva faticosamente ricercato, per la quale aveva lottato, ma che pareva un traguardo irraggiungibile. Finché - complice  la “Dioincidenza” dell'incontro con un'amica dei tempi dell'Università che le parla entusiasta di un prete che sa arrivare dritto ai cuori della gente con le sue catechesi - più per superstizione che altro, varca dopo decenni le porte di una chiesa.

«Figlia mia, non ti posso assolvere»

È il 2001. Sta da un paio d'anni con Pierpaolo. Aspettano un figlio. Il progetto di Beatrice - “più mio, che suo”, ammette - è a portata di mano. Ma qualcosa la turba. Quella vita che cresce dentro di lei fa riaffiorare la ferita dell'aborto vissuto a 20 anni, la cattiva relazione con la madre che l'aveva condotta, a 18 anni, ad andarsene di casa, a Roma, per diventare attrice. Nel dialogo col sacerdote, don Fabio Rosini, che sfocia in una lunga confessione, si sente dire che lei, proprio lei è amata da Dio, anzi, è chiamata a diventare santa. È un ribaltamento di prospettive che la spiazza. Si sente accolta, anche se don Fabio non può darle l'assoluzione. «Figlia mia, come faccio?». Sta con un uomo che era già stato sposato in Chiesa. E che si dichiarava convintamente ateo, argomentando la sua scelta. Beatrice si fida di don Fabio, perché non si sente giudicata. Le ha detto la verità, spalancando le porte a una speranza possibile. “Dio ti parlerà in modo inequivocabile“.

«Figlia mia, non ti posso assolvere»

Beatrice si mette in ascolto del Vangelo, torna ai sacramenti, all'Eucaristia, alla confessione frequente, comincia ad assaporare quella gioia che aveva intravisto nei giovani che avevano invaso Roma al Giubileo del Duemila. Li aveva incrociati e guardati con un po' di “sana invidia” e anche - ammette - con fastidio. Oggi capisce cosa li conduceva, da ogni parte del mondo, nel cuore della cristianità. La trasformazione di Beatrice  coinvolge Pierpaolo. Sorprendentemente. “Una sera ho invitato a cena don Fabio, un po' come sfida: Pierpaolo ha iniziato ad ascoltarlo solo perché tifava la Roma”. Le vie del Signore sono infinite. Accetta di andare a messa ed è una folgorazione. Oggi - dice Beatrice - è un catechista straordinario.

copertina Fazi Un cuore nuovo

«La speranza è per tutti, non c'è nulla che non si possa riparare»
È con grande sincerità che Beatrice nell'incontro organizzato in vista del Giubileo del 2025 dal nostro settimanale ripercorre la sua storia, dal difficile rapporto con i genitori all'aborto a 20 anni, impaurita, abbandonata da un uomo molto più grande di lei che diceva di amarla, i disturbi alimentari, gli attacchi di panico. Il male di vivere di giovane donna lo ha messo nero su bianco nel libro “Un cuore nuovo”, edito da Piemme, che la sta portando in giro per l'Italia.

È credibile, Beatrice Fazi, perché le sue sono parole scolpite nella carne. Così profondamente che, a volte, fanno male. Ma sono parole di speranza. Per questo - afferma convinta - “questo che si sta per aprire è il «mio» Giubileo”. Per questo non si stanca, in un'agenda già fitta di impegni - la famiglia, i quattro figli, la tv con “Quel che bolle in pentola”, il teatro con il monologo “Cinque donne del Sud” ed altri spettacoli - ad andare dove la invitano a testimoniare che “non c'è nulla che non si possa riparare”. Basta lasciarsi guardare ed amare da Dio. “Io l'ho provato e se e se è successo a me, che ero messa malissimo, questa speranza è per tutti. Lasciatevi guardare da Dio, non abbassate gli occhi”. Da madre, è quel che cerca di trasmettere ai figli. Più con l'esempio, con i gesti, che con le parole. Perché quelli non mentono mai.

Barbara Sartori

Pubblicato il 9 novembre 2024

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